Tutta la magia dei Preraffaelliti in mostra a Forlì

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“Preraffaelliti. Rinascimento Moderno”, mostra-evento dedicata ad una delle correnti più complesse e variegate nate a cavallo del XIX e del XX secolo. Con una selezione di 350 opere di artisti italiani e internazionali a confronto, è la più grande esposizione mai realizzata dedicata alle vicende delle tre generazioni di artisti conosciuti sotto il nome di Preraffaelliti. Essa intende raccontare il potente fascino esercitato dall’arte e dai maestri italiani sul movimento artistico che ha riformato l’Inghilterra vittoriana. 

Nella sale dei Musei San Domenico si dirama un percorso unico che va dalle radici ottocentesche legate ai Nazareni e a John Ruskin, fino alla loro eredità novecentesca. Tra gli anni Quaranta dell’Ottocento e gli anni Venti del Novecento assistiamo ad un recupero del Medioevo e del Rinascimento, periodi evocati e mitizzati in chiave romantica e adattati alle urgenze storiche del momento. Viene elaborato un modello dall’incredibile fortuna critica che influenzerà le scelte iconografiche e stilistiche. Proprio a metà del XIX secolo, nel fatidico 1848, nel pieno della Rivoluzione industriale nell’Inghilterra vittoriana, un gruppo di giovani artisti radunati in una confraternita cambiano il corso dell’arte. John Everett Millais, William Holman Hunt, Dante Gabriel e il fratello William Michael Rossetti inizieranno un percorso nato allo scopo di rinnovare la pittura inglese, considerata in declino a causa delle norme esageratamente formali e severe imposte dalla Royal Academy, ma destinato a influire in maniera determinante sullo sviluppo della corrente simbolista. Infatti, se la spinta programmatica del gruppo si esaurì brevemente, già nel 1853, le tematiche e le caratteristiche stilistiche portate avanti dai Preraffaelliti ottennero un successo duraturo.

Fino al 30 giugno 2024, sarà possibile visitare la monumentale esposizione che, sotta la direzione di Gianfranco Brunelli e a cura di Elizabeth Prettejohn, Peter Trippi, Cristina Acidini e Francesco Parisi con la consulenza di Tim Barringer, Stephen Calloway, Charlotte Gere, Veronique Gerard Powel e Paola Refice, intende ripercorrere la storia degli artisti collegati o ispirati dal movimento Preraffaellita, ricostruita tramite la collaborazione di alcune tra le più prestigiose collezioni e realtà museali. Partecipano alla mostra con importanti prestiti alcune tra le più grandi istituzioni europee: Galleria degli Uffizi, Casa Buonarroti, Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, British Museum, Royal Academy of Arts e Victoria and Albert Museum. A cui si aggiungono una serie di musei statunitensi e del Sud America: Museo de Arte de Ponce, The Luis A. Ferré Foundation, Yale Centre for British Art di New Haven, dai Vassar College e Dahesh Museum of Art di New York, dal Fine Art Museum of San Francisco e dalla Colección Perez Simón.

Seguendo lo sviluppo di una produzione che si è estesa per decenni, “Preraffaelliti. Rinascimento moderno” si articola in sezioni unite sotto il concetto di re-invenzione nelle sue varie declinazioni, documentate dalle opere di artisti britannici talvolta poco noti al grande pubblico, ma capaci di restituire limpidamente le particolarità di questo fondamentale passaggio storico. La selezione costruisce un paragone diretto tra gli artisti moderni e i maestri italiani dal Trecento al Cinquecento, marcando come lo studio dell’arte rinascimentale sia stato la premessa per la genesi di questo “nuovo Rinascimento artistico”. Nelle sale è possibile vedere un enorme mole di capolavori dialogare tra loro, tra cui figurano maestri come Beato Angelico, Giovanni Bellini, Benozzo Gozzoli, Filippo Lippi, Michelangelo, Guido Reni, Luca Signorelli, Mantegna, Veronese, Verrocchio, Cosimo Rosselli, Palma il Vecchio, Filippino Lippi e gli inglesi Dante Gabriel Rossetti, John Everett Millais, William Holman Hunt, John Ruskin, Edward Burne-Jones, William Morris, Ford Madox Brown, Elizabeth Siddal, Evelyn De Morgan, John William Waterhouse, George Frederic Watts, Henry Holiday, William Dyce, Charles Haslewood Shannon, Frederic Leighton, Simeon Solomon, Charles Ricketts, Frederick Sandys.

I Preraffaelliti inseguivano la fedeltà nella natura, la visione pura della realtà delle cose, rincorrevano colori vividi e limpidi, mentre fuori dai loro atelier il carbone delle ciminiere anneriva il cielo e le case. Trasformarono la ricerca della salvezza nelle fonti letterarie e nelle opere antiche in una vera e propria ossessione. Scelta ardentemente difesa da uno dei fondatori del gruppo, il critico John Ruskin, che riconosceva nella loro pittura una volontà morale oltre che estetica, lontana dal volere industriale, un tentativo di tornare ad un’arcaica onestà e ad una sincera osservazione della natura che, dal secondo Rinascimento in poi, era stata tradita a favore dei colori brillanti, delle composizioni intricate e delle forme arzigogolate che prendono piede a partire dal Manierismo. Posizioni condivise da un altro gruppo di pittori, i Nazareni, che avranno grande influenza sugli artisti preraffaelliti con in quali condivisero il misticismo di suggestione medioevale, l’opposizione all’accademia e l’amore per l’arte italiana, applicando un linguaggio arcaico basato sull’ingenuità delle prospettive appiattite e dal cromatismo semplice. Seppur mossi più da un radicato sentimento religioso che da un innato spirito rinnovatore, questi pittori tedeschi attivi a Roma contribuirono alla nascita della Confraternita Preraffaellita di cui animarono le discussioni e determinarono l’estetica.

L’Italia, la sua storia e i suoi paesaggi, suscitavano nei Preraffaelliti una grande fascinazione. Sognavano l’arte aulica dei grandi maestri rinascimentali con le loro monumentali tele intrise di forte sentimento religioso. Frederic Leighton dipingendo, nel 1854, la celebre “Madonna di Cimabue portata in processione per le strade di Firenze” sintetizza il sentire di un’epoca, trasmettendo il sogno di un’intera generazione più che rappresentare una ricostruzione storica. Oggi sappiamo che la Madonna che si intravede nel dipinto di Leighton non è di Cimabue, bensì di Duccio di Buoninsegna, eppure ciò non modifica l’intendo con cui l’opera è stata concepita dall’artista. 

Se dovessimo indicare un maestro rinascimentale che più di tutti incarnò la fine estetica preraffaellita, questo sarebbe sicuramente Sandro Botticelli. Il pittore divenne un vero e proprio punto di riferimento che seppe penetrare le tele dei Preraffaelliti con la sua eleganza e i suoi acuti riferimenti iconografici. In Botticelli, artista virtuoso e fine pensatore, intravidero un immaginario incantato nel quale si fondevano forme sinuose, velluti preziosi, fiori e simboli che restituivano a pieno gli anni di splendore culturale vissuti dalla Firenze di fine Quattrocento. 

Il mito dell’Italia e il primato fiorentino durarono a lungo coinvolgendo tre generazioni di artisti, in un arco temporale che dalla fine dell’Ottocento giunge ai primi anni del Novecento. Alcuni protagonisti della Confraternita arrivarono a trasferirsi a Firenze, creando dei veri e propri “Circoli fiorentini”.

L’ispirazione all’assoluto e la passione dell’amore tipiche della cultura letteraria trecentesca e dell’arte del primo Rinascimento erano al centro dei loro pensieri, in opposizione ad una modernità contraddittoria e socialmente disuguale. Volevano ripercorre il passato per migliorare il presente e per questo non furono né conservatori né rivoluzionari, eppure costituirono la prima avanguardia aprendo la strada al Simbolismo e all’Art Nouveau. 

Seguendo questo filone di pensiero è impossibile non riconoscere un richiamo allo stile di Piero della Francesca nella serie realizzata da Frederik Cayley Robinson per Sir. Edmund Davis, che gli commissionò i quattro pannelli intitolati: “Orfani” e “Il dottore”. In questi dipinti le composizioni solide, la resa del colore e la luce perfettamente equilibrata, unite alla disposizione delle figure ispirata alle scene bibliche concepite dal maestro quattrocentesco chiariscono la cultura visiva di riferimento trasposta nella modernità. 

In un secondo tempo, il loro sguardo si spinse oltre ispirandosi a tutto l’arco del Cinquecento, gli artisti della seconda generazione, Burne-Jones, Leighton, Watts e Morris si interessarono ad una vastissima schiera di pittori e scultori da Michelangelo ai leonardeschi fino ad arrivare in laguna, dove rimasero inebriati dall’arte del Veronese, di Giorgione e Tiziano. Maestri assai replicati, copie di cui abbiamo testimoniata attraverso gli studi sulla “Crocifissione” di John Ruskin (da Tintoretto). Ai quali si aggiunge un dipinto quasi devozionale: “Tiziano si prepara per la sua pittura”, realizzato da William Dyce nel 1857. Ad accomunare gli artisti afferenti alla confraternita preraffaellita sono la passione per l’antico e l’estetica sospesa e cavalleresca che trae ispirazione dai grandi poeti inglesi e italiani come: Milton, Shakespeare e Dante Alighieri. Quest’ultimo divenne un tema iconografico ricorrente per Dante Gabriel Rossetti che fece di Elizabeth Siddal, musa ispiratrice e artista, la sua Beatrice ritraendola secondo la descrizione dantesca dell’amata. Dante rapì così tanto i preraffaelliti da spingere David Wilkie Wynfield a fotografare John Everett Millais nei panni del poeta fiorentino. 

“Sono convinto che quel genere di sensibilità che ci consente la percezione del colore e della forma sia intimamente connessa con una più alta sensibilità, che siamo soliti rivivere come la sorgente stessa della poesia come l’amore” (John Ruskin)

Quella dei Preraffaelliti fu un’arte dedicata alla cultura, nutrita dal piacere intellettuale, dalla raffinatezza estetica, assimilabile a chi guarda al mondo attraverso il filtro della letteratura, della poesia, della storia e dell’erudizione. Non appare quindi casuale che l’opera più monumentale mai realizzata da Burne-Jones, gli arazzi narranti la storia del Santo Graal, eseguiti dalla manifattura Morris & Co, siano dedicati alla leggenda inglese per eccellenza. Questo ciclo riprende un soggetto estremamente amato e idealizzato in epoca vittoriana Re Artù, sovrano leggendario della Britannia alto medievale, mito della cultura cavalleresca britannica incarnata nella storia di Camelot e dei Cavalieri della tavola rotonda. Le leggende arturiane, celebri e apprezzate anche da Dante Alighieri, che fece innamorare Paolo e Francesca leggendo di Ginevra e Lancillotto, sono tra i soggetti maggiormente trattati da Burne-Jones e Morris, rimasti incantati durante la lettura della “Morte d’Arthur” di Thomas Malory. In mostra è esposta la seconda serie di arazzi dedicata al tema, datati 1888-1889, nei quali tecnologia moderna e artigianato si fondono con un risultato assimilabile agli arazzi della Cappella Sistina, tessuti nel Cinquecento su cartoni di Raffaello. 

La scelta della tecnica dell’arazzo non è quindi riassumibile in un intento cavalleresco, ma porta in sé la riforma dello stile fortemente voluta da William Morris per riabilitare l’umile lavoro degli artigiani. Nemico della produzione in serie di stampo industriale, Morris unisce tradizione e innovazione per fondare, nel 1861, la società “Morris, Marshall, Faulkner & Company” con lo specifico intento di riformare le arti applicate e ricucire le fratture con le cosiddette “arti pure” verificatasi dopo il Medioevo. Azienda che realizzerà e produrrà oggetti decorativi per la casa dalle forme semplice che riprendono stili romantici e decorazioni popolari tra cui: mobili, ceramiche, vetrate, medaglie, gioielli, oltre a tessuti e carte da parati di cui sono esposti alcuni esempi a tema floreale. 

Accanto alla produzione di oggettistica presenziano alcune opere scultoree legate ad un aspetto dell’arte preraffaellita assai poco trattato, ma non per questo meno affascinante. Leighton fu un abile scultore che riprese le più alte tradizioni di fusione e modellato del Rinascimento, in seguito adottate anche da artisti come Alphonse Legros che, negli anni Ottanta dell’Ottocento, progettò medaglie con ritratti in bronzo ispirate a Pisanello. Legros trasmise la sua passione per il delicato trattamento della superficie tipico dello scultore pisano anche alla sua allieva prediletta, Maria Cassavetti Zambaco, di cui sono esposte alcune opere bronzee tra cui l’elegantissima medaglia raffigurante Margherita di Prato.

Altra particolarità dell’esposizione è la cura per i grandi nomi femminili che presero parte alla vita della Confraternita. L’immaginario visivo preraffaellita arricchì le suggestioni storico rinascimentali con figure femminili dalla sensualità enigmatica, amori tristi, bellezze sfuggenti e atmosfere sospese che entrarono a far parte dell’immaginario collettivo collegato ai Preraffaelliti. Non solo muse, ma artiste come Elizabeth Siddal, Christiana Jane Herringham, Beatrice Parsons, Marianne Stokes o Evelyn de Morgan, che parteciparono attivamente al movimento plasmando l’identità estetica dei compagni con una produzione a cui è dedicata una sezione della mostra forlivese. Tra loro pare impossibile non dedicare qualche parola a Siddal, artista che incantò con la sua bellezza molti esponenti del gruppo, amata, venerata e ritratta dai pittori preraffaelliti, fu una donna affascinante e misteriosa, oltre che una poetessa enigmatica. Nota per essere stata scelta da John Everett Millais per interpretare Ophelia nel celebrassimo dipinto omonimo, la donna fu attiva nelle arti grafiche guadagnando il primato di prima donna ad esporre con i Preraffaelliti. I suoi suoi disegni, conosciuti per le scelte iconografiche audaci, come in “The Woeful Victory”, ne restituiscono a pieno il carattere forte e malinconico. 

Preraffaelliti. Rinascimento Moderno” si conclude con un’area incentrata sui pittori italiani che sono stati sedotti da questo movimento, combinando le memorie della propria storia nazionale e personale con la ricerca elegante e profonda dei Preraffaelliti. Sulla scorta del lavoro di Giovanni Costa e con la benedizione del poeta Gabriele D’Annunzio, nacque un movimento italiano di rinnovamento dell’arte ispirato alla riforma preraffaellita, i cui risultati sono perfettamente sintetizzati dall’opera “Le vergini savie e le vergini stolte”, tela in cui è evidente l’influenza di Botticelli dipinta da Giulio Aristide Sartoro, e dal dipinto di chiusura della mostra “Le Castalidi” di Adolfo De Carolis.

Organizzata dalla Fondazione Cassa dei risparmi di Forlì, l’esposizione è il risultato di due anni di lavoro concentrati nel catalogo pubblicato da Dario Cimorelli Editore, con saggi di curatori e co-curatori.

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