Speciale Artisti Biennale 2024 (pt. 8)

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Continua la nostra indagine sugli artisti invitati alla Mostra Internazionale della prossima Biennale Arte di Venezia. Un totale di 332 artisti, provenienti da tutti i paesi del mondo e di tutte le generazioni. Le prime cinque puntate sono state pubblicate qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 1), qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 2), qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 3) qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 4) e qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 5) e qua (Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 6) e Speciale Artisti Biennale 2024 pt. 7). Di seguito, ecco l’ottava puntata. Per raccontarvi ogni artista in poche righe, con un’opera rappresentativa della sua ricerca.

Inji Efflatoun (Cairo, Egitto, 1924–1989)

Pittrice egiziana celebre per il suo impegno politico, in particolare nell’ambito dei diritti delle donne. È stata un’esponente fondamentale del femminismo progressista egiziano durante il governo repressivo di Nasser, motivo per cui verrà arrestata e rimarrà in carcere fino al 1963. Periodo di prigionia durante il quale ha continuato a portare avanti le sue lotte attraverso l’arte, producendo dalla propria cella moltissime opere. Lo stile di Efflatoun, influenzato dalle lezioni di Kamel Al-Timisani, fondatore del movimento surrealista egiziano “Arte e Libertà”, riflette l’animo combattivo e progressista dell’artista. La sua pittura è piena di movimento, pennellate veloci, colori vibranti e tonalità calde che rendono palpabile l’atmosfera dei suoi quadri.

Inoltre, l’artista è nota anche per aver scritto Thamanun milyun imraa ma’ana (Otto milioni di donne con noi) nel 1948 e Nahnu al nisa al misriyyat (Noi donne egiziane), due testi di assoluta importanza per lo sviluppo di movimenti politici progressisti in Egitto. Inji Efflatoun è riconosciuta a livello internazionale come una delle più importanti artiste ed intellettuali arabe del XX secolo, ha partecipato a numerose mostre prestigiose, esponendo alla Biennale di Venezia nel 1952 e alla Biennale di San Paolo nel 1956.

Uzo Egonu (Onitsha, Nigeria – 1931, Londra, UK, 1996)

Nato in Nigeria, Egonu lascia il Paese nel 1945 per trasferirsi in Inghilterra, dove completa la sua formazione artistica presso la Camberwell School of Fine Arts and Crafts di Londra. Fin dagli albori della sua carriera, durante il periodo immediatamente successivo alla Seconda Guerra Mondiale, appoggia la diaspora degli artisti originari delle colonie britanniche che lavorano negli UK. Gli elementi estetici principali della produzione grafica di Egonu sono: l’uso eccelso del colore e delle forme geometriche. Nonostante abbia vissuto all’estero per quasi tutta la vita, l’artista è rimasto legato al Paese d’origine interessandosi delle sue vicende politiche. Radici che emergono nella sua pittura e nelle sue incisioni, nelle quali fonde il modernismo europeo alle tradizioni “Igbo” e alle sculture “Nok”, ricordi della sua infanzia.

Dal 1983, assume il ruolo di consulente per l’International Association of Art, un onore precedentemente attribuito solo ad artisti come Henry Moore e Joan Mirò. Solo un anno dopo, nel 1984, vince il premio internazionale per la grafica alla Biennale di Cracovia. Attualmente le sue opere fanno parte delle collezioni di diversi musei in tutto il mondo, tra cui spiccano il Victoria and Albert Museum, il National Museum of Modern Art della Polonia e il Commonwealth Institute di Edimburgo.

Mohammad Ehsaei (Qazvin, Iran, 1939 – vive a Tehran, Iran, e Vancouver, Canada)

Artista e graphic designer iraniano che focalizza la sua ricerca sulla tecnica della calligrafia. Ehsaei ha lavorato nel campo della grafica per cinquant’anni. All’inizio della carriera esordì come impaginatore, si avvicinò all’arte solamente in seguito alla collaborazione con la Pars Art Foundation e grazie alla frequentazione di alcuni famosi artisti che lo spinsero a fare della sua passione per la pittura e calligrafia un vero e proprio lavoro. Fu il primo artista iraniano ad usare le lettere come mezzo di espressione strettamente personale. Tra le sue opere sono particolarmente degne di interesse: la progettazione delle insegne per la Fondazione Nahj al-Balaghah, il Centro culturale Niavara e il Museo grafico dell’Iran.

Mohammad Ehsaei traduce tutto in lettere, l’intreccio delle parole e delle lettere assume un ruolo centrale nella sua produzione, contorcendosi sulla tela creano così narrazioni e forme complesse parte di un gioco di incastri che parte dalla scrittura per giungere ad una resa prettamente grafica. Ha partecipato a decine di mostre personali e collettive, prima e dopo la rivoluzione in Iran, tra cui le fiere annuali di Ball (Svizzera), Bologna (Italia), Hangzhou (Cina) e la Ishia Society di New York (Stati Uniti).

Hatem El Mekki (Giacarta, Indonesia, 1918 – 2003, Carthage, Tunisia)

Artista indonesiano da parte della madre e tunisino da parte del padre, nasce a Giacarta in Indonesia, ma si trasferisce in Tunisia nel 1924, dopo aver visitato per la prima volta la patria paterna. Consegue quindi il diploma presso il liceo Carnot di Tunisi ed in seguito, grazie alle sue straordinarie doti da disegnatore, riceve una borsa di studio da parte del governo tunisino che gli ha permesso di studiare a Parigi, dove è stato in residenza alla Cité Internationale des Arts. Il suo stile unico scaturisce dall’unione delle influenze europee con l’estetica dell’arte “Batik”, tecnica di stampa indonesiana su stoffa. Forme astratte e linee severe accompagnate da una tavolozza colma di colori caldi caratterizzano le sue opere profondamente segnate dagli eventi storici, in particolare dalle questioni legate al periodo della colonizzazione francese. Il vissuto difficile dell’artista si riflette nei volti espressivi, seppur sempre severi, dei personaggi che affollano i suoi dipinti.

La sua carriera artistica e il suo ruolo istituzionale non gli vietarono di prendere posizione sulle questioni politiche, El Mekki ha lavorato, sotto lo pseudonimo di Mahmoud, come vignettista e caricaturista a sostegno della lotta nazionale. Inoltre, fu attivo anche come cartellonista e artista visuale profondamente interessato alla tecnica musiva. Ciò nonostante, rimane conosciuto principalmente per essere intervenuto sulle banconote e sui francobolli tunisini con il disegno, intervento di cui ha prodotto 454 modelli inediti.

Aref El Rayess (Aley, Libano, 1928 – 2005)

Artista multidisciplinare e autodidatta libanese che ha sperimentato con diversi media muovendosi tra pittura, incisione, scultura e arazzo. Rayess focalizza la sua ricerca artistica sulla relazione dell’essere umano con la storia e la natura. Tuttavia, con l’avvento della guerra civile libanese decide di interpretare e raffigurare il conflitto attraverso la propria arte. Nel 1976 realizza una serie di acqueforti intitolata La strada della pace, ribadendo il suo impegno politico e le sue speranze per una risoluzione della guerra.

L’artista ha trascorso in Africa molti anni della sua vita, periodo durante il quale era solito spostarsi tra il Senegal e Parigi. Nella capitale francese ha l’occasione di conoscere molti maestri dell’arte contemporanea ed entrare nei loro studi come Fernand Léger, André Lhote, Marcel Marceau e Ossip Zadkine. Figure che influenzeranno radicalmente la sua produzione una volta tornato in Libano. Aref El Rayess ha esposto in numerose mostre collettive, tra cui emergono le Biennali di San Paolo e Bagdad, la mostra dell’Unesco a Montreal (1960), le Mall Galleries di Londra e i saloni del Sursock Museum di Beirut, oltre ad aver tenuto più di quindici personali in Libano.

Ibrahim El-Salahi (Omduran, Sudan, 1930 – vive a Oxford, UK)

Noto per il suo stile lirico e onirico, l’intellettuale, poeta e artista sudanese, Ibrahim El-Salahi, si distingue per una produzione che fonde magistralmente gli elementi della calligrafia araba, della tradizione ornamentale del Sudan, dello spiritismo islamico, arricchiti da una profonda comprensione delle caratteristiche formali dell’astrazione pittorica. Dopo aver completato i suoi studi presso la prestigiosa Slade School of Fine Art di Londra, l’artista diventa uno dei protagonisti fondamentali della Scuola di Khartum, un movimento artistico modernista che si è dedicato alla valorizzazione e all’esplorazione del ricco patrimonio estetico sudanese. L’artista ha anche trascorso un certo numero di anni a lavorare per il governo. Ha iniziato fondando il primo Dipartimento di Cultura dell’Ambasciata sudanese e poi ha continuato a lavorare per il Ministero dell’Informazione in Qatar.

El-Salahi viene imprigionato ingiustamente in Sudan perché accusato di aver preso parte all’organizzazione di un colpo di stato. In questo periodo di prigionia, ha trovato conforto nel disegno, su cui lavorava in segreto incidendo frammenti di cemento caduti dalle mura della cella per poi nasconderli per evitare che fossero scoperte dai suoi carcerieri. Quest’esperienza continua ad essere presente nella sua ricerca e riemerge attraverso varie sperimentazioni con medium differenti. Durante il periodo pandemico ha realizzato la serie Dietro la Maschera, che rappresenta l’esperienza di isolamento vissuta in prigione. Disegni connotati da figure e volti distorti, astrazioni lineari e paesaggi intricati. In queste opere, El-Salahi racchiude i concetti di stravaganza e oppressione, spingendo a riflettere sulla condizione umana in tempi di crisi.

Elyla (Chontales, Nicaragua, 1989)

Attivista e artista performativa nata in Nicaragua, dove vive e lavora tuttora. Fred Barahona, noto come Eyla, concentra la sua ricerca artistica sulla resistenza alle ideologie colonialiste, imperialiste e occidentali centriche. I suoi lavori sostengono e promuovono i valori della mestizaje (mescolanza etnica), dell’identità queer e delle culture indigene. L’artista ha coniato il termine barro-mestiza per prendere le distanze dall’accezione comune di mestizaje e reclamare la propria discendenza indigena. Le prime opere di Elyla scaturiscono da un intento politico e satirico per contestare le narrazioni patriarcali e repressive sostenute dalla sinistra latinoamericana e il loro effetto sulle persone appartenenti alla comunità queer.

Nel 2013, Elyla ha co-fondato il collettivo Operación Queer/Cochona, che ha contribuito all’avvicinamento di università, arte e attivismo con i suoi interventi in Mesoamerica. L’artista ha presentato il suo lavoro alla IX/X Biennale del Nicaragua, alla IX/X Biennale dell’America Centrale e alla XII Biennale dell’Avana a Cuba.

Ben Enwonwu (Onitsha, Nigeria, 1917 – 1994, Lagos, Nigeria)

Ben Enwonwu, pittore e scultore nigeriano, entra a contatto con l’arte fin da bambino, nato nel 1917 a Onitsha, cresce a fianco alle opere del padre, scultore tradizionale Igbo. Inizia ad esporre appena compiuti i vent’anni, già nel 1937, durante i suoi studi al Government College di Ibadan. L’artista ottiene una borsa di studio per completare la sua formazione in Europa a Londra, dove ha modo di studiare presso istituzioni prestigiose come la Goldsmiths, la Ruskin School of Drawing e la Slade School of Fine Art. Enwonwu matura presto un’estetica raffinata che attinge contemporaneamente dalla sua formazione iniziale in estetica tradizionale Igbo e dalle tecniche europee, stile per cui verrà riconosciuto come un pioniere del modernismo africano. L’artista ha ottenuto fin da subito la fama internazionale esponendo in numerose mostre europee e statunitensi. Nel 1957, la Regina Elisabetta II gli commissiona un ritratto e, nel 1958, diventa un membro ufficiale della Royal Society of British Artists e riceve un MBE. Parallelamente alla sua attività artistica, Enwonwu si è dedicato all’insegnamento, alla scrittura, alla critica e alla promozione dell’arte africana.

Nel 1968, l’artista divenne un consulente del nuovo governo indipendente della Nigeria. Ben Enwonwu è stato una figura centrale per lo sviluppo culturale del Paese, facendosi portatore di un vento rinnovatore che tuttora influenza l’arte nigeriana. Considerato uno dei più venerati artisti africani del XX secolo, le sue opere hanno avuto un impatto tale da essere state utilizzate come simboli per sostenere i movimenti per i diritti delle persone di colore in Africa, Europa e Stati Uniti.

Romany Eveleigh (Londra, UK, 1934 – 2020, Roma, Italia)

È stata una figura di spicco dell’arte contemporanea europea. La sua ricerca artistica è caratterizzata dall’esplorazione dei confini che dividono la figurazione dall’astrattismo, offrendo una peculiare comunione di tradizione e modernità. L’influenza cosmopolita dovuta alle sue numerose esperienze in diverse città europee si riflette nel suo lavoro, che si distingue per un approccio innovativo e sperimentale. Utilizzando molteplici media diversi dalla pittura, al disegno fino al collage, Eveleigh produce opere suggestive dall’estetica minimalista, che catturano l’attenzione del fruitore invitandolo a riflettere su ciò che vede.

L’artista sceglie di trasferirsi definitivamente a Roma, città nevralgica nella sua carriera, dove amplierà la sua conoscenza del panorama artistico italiano ed europeo contribuendo ad arricchire il suo universo visuale con influenze mediterranee. Le sue opere, connotate dall’equilibrio di colori, forme e texture, si spingono oltre alla mera rappresentazione, offrendo al pubblico una finestra privilegiata sull’anima umana e sulle grandi tematiche universali. In una prospettiva profondamente personale, Romany Eveleigh tratta i temi dell’amore, della natura e della spiritualità. Il suo enorme contributo all’arte contemporanea è stato ampiamente riconosciuto e omaggiato, confermando il suo status di figura di spicco nel panorama artistico.

Hamed Ewais (Beni Suef, Egitto, 1919–2011, Cairo, Egitto)

Nato nel 1919 da una famiglia di artisti a Beni Suef, in Egitto, Ewais manifestò fin da giovanissimo una propensione all’arte. Frequentò la Belle Arti dell’Università del Cairo, dove nutrì il suo amore per la pittura e sviluppò uno stile distintivo che combinava elementi dell’arte tradizionale egiziana con influenze moderne. Durante i suoi studi si ispira profondamente agli esponenti del Realismo Sociale messicano, in particolare a Diego Rivera e David Alfaro Siqueiros, artisti di cui l’influenza si avvertirà in tutta la sua opera. Hamed Ewais è uno dei fondatori del realismo sociale e dell’arte rivoluzionaria egiziana, gruppo di artisti che abbraccia la modernità sostenendo cause e ideologie socio-politiche e raffigurando le masse, gli operai, i braccianti, inserendo elementi folcloristici nelle loro composizioni. Ewais spazia dai dipinti ad olio alle opere su tela e carta, entrambe caratterizzate dalla ricca presenza del colore e dalla citazione della storia e la cultura iconografica egiziana. La sua capacità di sintetizzare al meglio la cultura egiziana gli permise di essere riconosciuto e apprezzato a livello internazionale.

Il pittore fu anche un ottimo professore ed un educatore devoto, ha insegnato presso varie istituzioni artistiche crescendo le nuove generazioni di artisti egiziani. Nel 1956, è stato l’unico artista egiziano ad aver ricevuto il prestigioso Guggenheim National Section Award, per la sua pittura “Labour”. Alcuni dei suoi dipinti si trovano al Museo d’Arte Moderna Egiziana del Cairo, al Museo di Belle Arti di Alessandria e al Museo Arabo d’Arte Moderna di Doha, in Qatar.

Dumile Feni (Worcester, Sudafrica, 1942 – New York City, USA, 1991)

Dumile Feni, nato nel 1939 a Worcester, in Sudafrica, e scomparso nel 1991 a New York City, negli Stati Uniti, è stato un artista sudafricano di grande rilevanza nel panorama dell’arte contemporanea. Vissuto in un periodo segnato dalla segregazione razziale e dalle ingiustizie del regime dell’apartheid, Feni trovò nella sua arte un mezzo di espressione e di protesta contro le ingiustizie sociali e politiche del suo tempo. Nella sua opera percepiamo una profonda comprensione della sofferenza umana e una manifesta critica nei confronti del potere oppressivo. Feni divenne noto per le sue potenti opere figurative, caratterizzate da tratti audaci e da una forte carica emotiva.

I protagonisti dei suoi disegni e dipinti sono figure umane contorte e angoscianti, simboli della lotta e della resistenza dell’individuo contro l’oppressione e la discriminazione. L’artista ha vissuto in vari paesi, come Regno Unito e Stati Uniti, dove ha continuato a sviluppare il suo lavoro e ad esporre le sue opere in noti musei e gallerie internazionali. Nonostante la sua scomparsa prematura, nel 1991, l’eredità artistica di Dumile Feni continua a essere celebrata e studiata, testimoniando il suo ruolo significativo nella lotta per la giustizia sociale e nel panorama dell’arte mondiale.

Alessandra Ferrini (Firenze, Italia, 1984. Vive a Londra, UK)

Alessandra Ferrini, nata nel 1984 a Firenze, Italia, è un’artista, ricercatrice ed educatrice con base a Londra, nel Regno Unito. La sua pratica artistica radicata nella media art si concentra sulle teorie postcoloniali, sugli studi sulla memoria, sulla critica delle pratiche storiografiche e archivistiche. Sperimentando l’espansione e l’ibridazione del film documentario, indaga i retaggi culturali del colonialismo e del fascismo in Italia.

Ferrini ha esposto le sue opere in prestigiose gallerie e istituzioni artistiche in tutto il mondo, guadagnandosi elogi e riconoscimenti per la sua visione artistica unica e provocatoria. Attraverso la sua pratica artistica, Ferrini continua a esplorare i limiti dell’arte contemporanea, stimolando la mente il cuore del proprio fruitore e contribuendo in modo significativo al dialogo culturale globale.

Cesare Ferro Milone (Torino, Italia, 1880 – 1934)

Cesare Ferro Milone, nato nel 1880 a Torino, è stato un artista eclettico e prolifico la cui opera ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama artistico italiano del XX secolo. Dopo aver completato gli studi presso l’Accademia Albertina, Milone si distinse per il suo virtuosismo nella pittura e nell’incisione, mostrando versatilità e talento, qualità che lo resero una figura di spicco nella scena artistica torinese dell’epoca. La sua estetica ha radici in una vasta gamma di influenze, dall’impressionismo, al simbolismo ai preraffaelliti, alla tradizione accademica fino all’avanguardia modernista. Dal suo lavoro emerge una profonda riflessione sulla condizione umana e sulle problematiche della sua epoca analizzate in chiave introspettiva.

Il pittore ottenne riconoscimenti significativi durante la sua carriera artistica, esponendo le sue opere in importanti mostre nazionali e internazionali e ottenendo gli elogi della critica e del pubblico. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1934, Milone continua ad essere omaggiato e studiato, come figura di spicco nella storia dell’arte italiana e per il suo contributo duraturo alla ricchezza culturale del Paese.

Raquel Forner (Buenos Aires, Argentina, 1902–1988)

Nata a Buenos Aires, Argentina, nel 1902, Raquel Forner è stata una delle figure di spicco dell’arte argentina nel XX secolo fino alla sua scomparsa nel 1988. Contraddistinguono il suo lavoro una profonda attenzione alle tematiche sociali e un’attenta analisi della condizione umana in tutta la sua fragilità. Attraverso i suoi dipinti, esplora temi universali come la sofferenza, la speranza e la resilienza, offrendo una voce alle lotte e alle aspirazioni del popolo argentino, durante periodi tumultuosi e di cambiamento sociale e politico. La sua pittura è arricchita dalla vocazione politica, che si manifestava nella scelta di raffigurare scene colme di emozioni e situazioni sociali complicate. Utilizzando colori audaci e forme decise, le sue opere trasmettono un messaggio potente e costituiscono un manifesto per la giustizia sociale e la dignità umana, incarnando un profondo senso di empatia e compassione per coloro che sono in difficoltà.

Durante la sua vita, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti per il suo contributo all’arte argentina, esponendo in gallerie e musei di rilievo in tutto il mondo. La sua eredità artistica continua ad essere celebrata e studiata, palesando il suo impatto duraturo sulla scena artistica internazionale e il suo ruolo centrale nella storia artistica dell’Argentina.

Simone Forti (Firenze, Italia, 1935. Vive a Los Angeles, USA)

Simone Forti è un’artista e coreografa originaria di Firenze, nata nel capoluogo toscano nel 1935 da genitori ebrei si trasferisce a Los Angeles a seguito dell’entrata in vigore delle leggi razziali. Dopo aver completato i suoi studi in psicologia e sociologia presso il Reed College, nel 1956 si stabilisce a San Francisco con il marito Robert Morris, scultore statunitense tra i principali esponenti del minimalismo. Città dove frequenta i Dancer’s Workshop di Anna Halprin, con cui sperimenta un approccio all’attività performativa libero dai codici della danza moderna ed incentrato sull’improvvisazione. Nel 1960, debutta come coreografa alla Reuben Gallerycon See-Saw e Rollers, due danze presentate come happening. Entrambi i lavori, impiegando le costruzioni dei giochi infantili per mettere alla prova il comportamento degli adulti posti in una situazione abituale solo nell’infanzia. La sua carriera artistica è connotata da una ricerca audace e innovativa nel campo della danza e delle arti performative, con un’enfasi particolare sull’improvvisazione e sull’esplorazione del movimento del corpo nello spazio. Riconosciuta per il suo approccio interdisciplinare all’arte, Forti fonde nelle sue performance danza, teatro, musica e arti visive. Attraverso la sua pratica artistica sfida le convenzioni tradizionali della coreografia e della rappresentazione scenica, invitando lo spettatore ad assumere un ruolo attivo e sondando concetti complessi come: la concezione del tempo e dello spazio e le dinamiche relazionali.

Nel corso della sua lunga e illustre carriera, l’artista ha avuto un impatto significativo sul mondo dell’arte contemporanea, ricevendo riconoscimenti per il suo approccio innovativo. La permanenza a Los Angeles le ha consentito di continuare a collaborare con una varietà di artisti e professionisti, contribuendo alla vivacità della scena artistica della città. Parallelamente alla professione artistica, Forti ha anche insegnato in istituzioni educative di prestigio e ha pubblicato numerosi scritti sull’arte e sulla performance, consolidando ulteriormente il suo ruolo come figura di spicco nell’ambito delle arti performative.

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