Chiara Canali, “l’Homo Deus ha il potere di manipolare l’universo”

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Siamo all’ottava edizione di Parma 360 Festival della Creatività contemporanea e sino al 19 maggio la città sarà protagonista a 360 gradi, come dice il nome del festival, di mostre che spaziano dalla pittura, alla scultura, all’illustrazione, all’arte digitale e ai nuovi media in un percorso diffuso che abbraccia tutto il territorio.

Il tema del Festival è Homo Deus. L’Umanità del futuro, e si rifà al saggio “HOMO DEUS. Breve storia del futuro” di Yuval Noah Harari, intellettuale e filosofo del nostro secolo. Harari ci mette in guardia: il genere umano rischia di rendere sé stesso superfluo. Siamo chiamati ad affrontare grandi sfide, ma non abbandoniamo la nostra ambizione a trasformarci da “Homo sapiens” in “Homo Deus”. 

Le curatrici del Festival, Chiara Canali e Camilla Mineo attraverso le mostre proposte invitano il pubblico ad indagare sulle tematiche legate al superamento della dimensione antropocentrica a favore di una visione tecno-umanistica. Abbiamo incontrato una delle curatrici, Chiara Canali, per farci raccontare in questa intervista esclusiva quali sono state le sfide che hanno affrontato e le future che vorranno affrontare.

Prima di tutto volevo che ci raccontassi come è nato il Festival.

Nel 2016 con Camilla Mineo (altra curatrice del Festival ndr) abbiamo pensato di proporre un festival con mostre diffuse sul territorio di Parma proprio con l’intenzione di proporre progetti legati alla creatività contemporanea, alle arti visive in tutte le sue specifiche declinazioni, quindi, dalla pittura, alla scultura, alla fotografia, e ai nuovi media, in diversi spazi della città, principalmente spazi storici, che volevamo presentare in dialogo con l’arte contemporanea. 

Quindi l’idea è sempre stata di creare una manifestazione itinerante?

Si, il percorso diffuso è stato studiato proprio per far conoscere al visitatore nuove visioni della città, far riscoprire i monumenti, le chiese, e i palazzi storici attraverso l’arte contemporanea.  Ma anche proporre visioni diverse intorno allo stesso tema, prospettive diverse, linguaggi diversi con artisti che utilizzano differenti media. 

Siete stati, quindi, molto presenti sul territorio?

Parma 360 è giunta all’ottava edizione, e in questi anni siamo riuscite a realizzare anche un’iniziativa all’interno di Parma Capitale della cultura nel 2020 e 21. Quindi, questo dimostra che il Festival ha acquisito sempre più importanza e riconoscimento come interlocutore per l’arte contemporanea a Parma. Siamo stati anche artefici di diversi cambiamenti, abbiamo rigenerato degli spazi che erano stati chiusi, abbandonati o lasciati all’incuria. Abbiamo fatto un progetto all’Ospedale Vecchio prima della ristrutturazione, per il Ponte Nord, che è una struttura in vetro acciaio finita all’inizio del 2000 e mai aperta, siamo riusciti appunto a proporre una un progetto anche lì. Abbiamo riaperto l’antica farmacia di San Filippo Neri, il secondo piano della stazione di Parma e abbiamo anche altri progetti.

Un’altra delle caratteristiche di Parma 360 è il circuito off, che si ricollega anche al nome del festival. 

Si è l’arte a 360 gradi, perché il nostro intento è anche di non avere un unico posto della città coinvolto, ma tutto il territorio attraverso le mostre ufficiali, il circuito Off; quindi, la volontà di far rivivere in modo nuovo la città, tutti i suoi spazi creativi e valorizzare la sua radice culturale e artistica a partire dalla tradizione storica del Correggio e del Parmigianino fino alle realtà più giovani più vive, vivaci e frizzanti. Oltre alle mostre del circuito ufficiale, quindi, con artisti importanti sul panorama nazionale, si mobilita tutta la città negozi, ristoranti, librerie, studi d’artista si aprono a una proposta espositiva con artisti emergenti. 

Quest’anno vi siete ispirati al libro “HOMO DEUS. Breve storia del futuro” di Yuval Noah Harari. Cos’è che vi ha fatto dire, questo è il nostro tema? 

L’idea del tema nasce sempre in maniera parallela a quelle che sono un po’ le urgenze che vogliamo raccontare all’interno del nostro Festival. Avevamo già un’idea di fare una mostra di Emanuele Giannelli, con questa sua umanità del futuro che si trova quindi a confrontarsi con nuove entità ibride, e nello stesso tempo avevamo pensato di fare una mostra sull’intelligenza artificiale. 

In effetti il 2023 è stato definito l’anno dell’Intelligenza Artificiale o IA. E quindi tornando a Harari?

Rileggendo quello che volevamo proporre mi è venuto in mente il libro Homo Deus, avevo già letto Homo sapiens sempre di Harari e Homo Deus non è altro che il secondo capitolo, un po’ la continuazione del primo. Nel primo libro ci racconta, infatti, l’evoluzione dell’umanità, dalla rivoluzione agricola, alla rivoluzione industriale, e a quella della conoscenza grazie alle quali l’uomo oggi è riuscito a raggiungere e a superare numerose sfide naturali e quindi a sconfiggere anche mali endemici come le pandemie, la scarsità di cibo.

Quest’uomo, insomma, che ha superato i limiti del homo sapiens si trova un potere che è quello che lui chiama appunto dell’Homo Deus. Il potere di avere un disegno intelligente che può manipolare sia la natura umana che l’Universo che ci circonda. E quindi le nuove sfide sono proprio quelle dell’intelligenza artificiale, della robotica, l’ingegneria genetica, la biotecnologia, ma anche le sfide per preservare il nostro habitat e quindi superare quelle che sono le problematiche del cambiamento climatico, della sostenibilità e dell’ecologia. 

Per raccontare il vostro progetto espositivo siete partiti con una mostra dedicata a Piero Gilardi, che è un po’ il pioniere dell’intelligenza artificiale, per arrivare poi agli artisti che oggi utilizzano l’intelligenza artificiale come nuovo mezzo artistico. 

Sì, ho avuto l’idea di ricollegarlo al percorso attuale di utilizzo dell’intelligenza artificiale che è un uso molto recente, benché l’intelligenza artificiale sia nata nel 1956, negli ultimi due anni c’è stato il boom di questa nuova tecnica proprio per l’uscita di nuove app e programmi che sono diventati alla portata di tutti, come ad esempio ChatGPT, o Stable Diffusion. L’intuizione è stata quella di riscoprire un artista come Piero Gilardi che aveva già negli anni ‘90 utilizzato gli algoritmi, che sono alla base appunto di quella che era la modalità di funzionamento dell’intelligenza artificiale. 

Piero Gilardi è scomparso nel 2023.

Si è proprio alla luce della sua recente scomparsa, mi sembrava doveroso un omaggio riportando all’attenzione questa base storica, per ricollegarci poi al discorso attuale sull’intelligenza artificiale.  Ricordiamoci che Gilardi aveva introdotto gli algoritmi, che lui chiamava automi cellulari, all’interno di alcune opere degli anni Novanta come, ad esempio, in Survival e addirittura in una conferenza, a Brera del 1994, aveva proprio parlato dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale e delle sfide che l’uomo avrebbe dovuto affrontare nel confronto tra intelligenza umana e intelligenza artificiale. 

In questo mondo di intelligenza artificiale, voi avete inserito anche una mostra dedicata agli illustratori, perché? 

Il tema Homo Deus è anche un interrogativo, è quello di domandarci appunto quale sarà il ruolo dell’uomo, quale sarà la sua funzione nel futuro? E quindi il fatto di presentare una mostra di illustrazione ci ripropone anche un ruolo diverso dell’artista, perché gli illustratori recuperano un segno artigianale, sono i veri disegnatori, partono dalle origini di quella che è la creazione. 

E quindi, quattro visioni di illustratori che riflettono su quello che è il nostro presente, il nostro futuro, attraverso prospettive diverse ci fa nuovamente riflettere su quello che è il ruolo dell’AI e soprattutto il ruolo dell’uomo a confronto con la tecnologia. 

Immagino che stiate già lavorando per la prossima edizione del Festival, possiamo chiederti qualche anticipazione? 

Una piccola anticipazione la posso regalare ai lettori di Artuu, il prossimo anno sarà il centenario della nascita di Mario Giacomelli (uno dei più importanti maestri della Fotografia del XX secolo) e quindi siamo riusciti a stipulare un accordo con l’Archivio Mario Giacomelli per rientrare all’interno delle celebrazioni dedicate al grande fotografo e per portare a Parma uno dei suoi progetti che attualmente è in esposizione al MUFOCO che è il museo della fotografia contemporanea. Sarà questa la mostra di punta della prossima edizione del Festival. 

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