Alla Biennale Arte e Ambiente dialogano per un futuro sostenibile

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La Biennale di Venezia 2024 si immerge profondamente nel tema della natura e dell’ambiente, affrontando la relazione intricata e spesso problematica tra l’uomo e il mondo naturale. Molti padiglioni nazionali hanno scelto di esplorare questa connessione attraverso l’arte, cercando di armonizzare le loro esposizioni con principi ecologici e di sostenibilità, mirando a minimizzare l’impatto ambientale.

Un esempio è il padiglione della Repubblica del Camerun che ha pensato ad una esposizione Carbon Net Zero, combinando politiche di riduzione delle emissioni con il riutilizzo dei materiali e compensando le emissioni residue con la piantumazione di una foresta in Patria. Il titolo della mostra camerunense, che accoglie al suo interno artisti provenienti da varie parti del mondo, è emblematico, Nemo propheta in patria (nessuno è profeta in patria), da spazio quindi a chi in patria non ne ha trovato.

Il Padiglione Russo quest’anno ospita il Padiglione Boliviano

Il padiglione boliviano cerca l’armonia con la madre terra attraverso le opere di venticinque artisti Qhip Nayra Uñtasis Sarnaqapxañani, Guardando al futuro-passato, ci muoviamo in avanti è un progetto di forte impatto, carico di innovazioni e fortemente inclusivo. La Bolivia è ospite all’interno del Padiglione russo, il cui assetto originario risale al 1914 su progetto dell’architetto Alexey Schusev ed è uno dei più grandi in assoluto.  Il paese andino, per attuare il suo progetto si presenta come Stato Plurinazionale, che riconosce le sue diversità, le sue nazioni indigene d’origine, e l’influenza delle culture ancestrali nell’arte contemporanea.

Edith Karlson, Foto Marii Kiisk

Edith Karlson presenterà Hora lupi per il Padiglione dell’Estonia, il tema della mostra potrebbe essere tradotto anche come “il nostro mondo oggi”. Presentata presso la Chiesa di Santa Maria delle Penitenti, l’esposizione esplora i primitivi impulsi umani nella loro banalità e solennità e le domande sulla possibilità di redenzione verso un mondo di cui l’uomo non è mai degno.  

Karlson ha usato lo spazio della Chiesa in semi-abbandono come metafora dell’essere umano, triste e incompleto. Pieno di crepe e fessure, attraverso le quali alla fine, forse, brillerà una luce redentrice. Le onde, dei vaporetti in transito nel canale, si infrangono attraverso un buco nel pavimento crollato, con sirene mannare appollaiate sull’orlo della sua apertura. Gli spazi espositivi sono pieni di sculture in argilla e cemento che evocano l’inevitabile sfortuna di nascere, per la Karlson la Natura non è solo madre, ma è anche matrigna.

Un’installazione presentata come un commento critico sulle questioni ambientali quella di Yuko Mohri al padiglione giapponese. Gli elettrodi collegati alla frutta in decomposizione genereranno energia per delle sculture che sono anche acustiche. L’artista dice che l’ispirazione le è arrivata vedendo i lavoratori delle ferrovie di Tokyo improvvisare sistemi per catturare le perdite d’acqua nelle loro stazioni, utilizzando ombrelli rovesciati, secchi, tubi e nastro adesivo. Ha sviluppato questi lavori colpita anche dall’impatto che la pandemia di Covid-19 ha avuto nel mondo, ma anche dalla disastrosa inondazione di Venezia nel 2019 e dalla minaccia dell’innalzamento del livello del mare a causa dell’emergenza climatica. In un’intervista ha affermato “Percependo l’inizio di una nuova era di risposta alle sfide globali, voglio presentare una visione innovativa che apra un nuovo percorso verso il futuro”.

Yuko Mohri I/O 2011–2023 The 14th Gwangju Biennale installation view Courtesy the artist, Project Fulfill Art Space, Taipei, mother’s tankstation limited, Dublin/London and Yutaka Kikutake Gallery, Tokyo Commissioned by the Gwangju Biennale Photo: kugeyasuhide

L’artista Trevor Yeung rappresenterà Hong Kong a Venezia, da sempre appassionato di ecologia botanica e orticoltura, utilizza nelle proprie installazioni piante e oggetti naturali per riflettere sull’artificialità e sulle risposte emotive e dell’essere umano di fronte alle problematiche e alle bellezze della natura “Mentre il mondo si adatta alla riapertura dei confini e a nuove modalità di interazione dopo la pandemia, è particolarmente significativo per me presentare un lavoro influenzato dalle culture incrociate, per portare la mia visione all’estero e connettermi con la comunità artistica internazionale”, ha commentato l’artista. A Venezia lo vedremo con la sua opera del 2021 Mr. Cuddles Under the Eave, che consiste in un’installazione di tredici piante giganti di Pachira aquatica, chiamate in gergo comune alberi dei soldi, appese e aggrovigliate al soffitto. 

Robert Zhao Renhui: Thermal image of a walker in the forest, still from The Owl, The Travellers and The Cement Drain, 2024.COURTESY ROBERT ZHAO RENHUI

Sempre a tema ambiente anche la mostra del Padiglione di Singapore, Seeing Forest concepita da Robert Zhao Renhui. L’esposizione mette al centro il panorama delle “foreste secondarie”, ovvero quelle ricresciute da terreni precedentemente deforestati dall’uomo per farne piantagioni, terreni da allevamento e/o per l’edilizia. Queste foreste sono state messe in pericolo anche dalle specie animali e vegetali invasive introdotte a Singapore nel diciannovesimo secolo. Attraverso un assemblaggio di opere video e installazioni, la mostra analizza le storie meno conosciute, offrendo al contempo un omaggio alle foreste libere che esistono già lungo i margini delle aree urbane.

Sarà incentrata sull’etno-ecologia del Monte Banahaw, al confine della città natale dell’artista a Lucban, l’esposizione di Mark Salvatus per il padiglione filippino. Le sue opere mirano a fare luce sul mondo della politica urbana quotidiana e quello delle narrazioni della storia nazionale coinvolgendo direttamente e attivamente il pubblico con la pratica che lui chiama Salvage Projects. I suoi lavori recupereranno le storie mistiche del Monte Banahaw, un vulcano considerato sacro. Il titolo dell’esposizione Kabilang-tabing ng panahong ito, Dietro il sipario di quest’epoca, prende in prestito le parole del predicatore rivoluzionario del diciannovesimo secolo Hermano Puli, che fu giustiziato dalle autorità coloniali spagnole per aver guidato un ordine religioso di nativi filippini, una risposta alla discriminazione razziale dei Chiesa cattolica. La vita e l’eredità di Puli saranno esplorate insieme alla storia parallela dei musicisti migranti di Lucban a partire dagli anni Cinquanta. Le narrazioni di resistenza e rinnovamento di Salvatus mirano a evocare la “potenza trasformativa dell’immaginazione locale”.

Oto Hudec per il padiglione della Slovacchia ha pensato ad un lavoro site-specific Floating Arboretum.  Un motivo ricorrente nel lavoro di Oto Hudec è l’evasione, il desiderio di salvare ciò che è quasi impossibile da salvare. Anche gli alberi dei Giardini di Venezia sono a rischio di estinzione a causa dei cambiamenti climatici e dell’innalzamento del livello del mare. Oto chiede il loro salvataggio, così come il salvataggio di altri alberi in via di estinzione nel mondo. Ha immaginato un arboreto, un luogo simbolico utopico, un santuario per gli alberi minacciati dall’espansione urbana. Il progetto è uno sguardo fantasioso su un futuro distopico in cui selezioniamo e salviamo alberi spostandoli in questo arboreto immaginario e sicuro. Qui si intersecano diverse linee temporali, le attuali proteste contro la deforestazione, l’abbattimento di alberi in diverse parti del mondo, la crisi climatica e l’immaginario futuro distopico per salvarli.

Gli alberi in via di estinzione saranno dipinti da Oto Hudec direttamente sulla facciata del padiglione. Il murale sarà accompagnato dall’installazione di una barca con la scultura di un seme, da un brano audio e da una performance. 

Chiunque può essere coinvolto nel progetto tramite  https://floatingarboretum.sng.sk , dove può proporre il salvataggio di un qualsiasi albero.

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