Al MUSEION le nuove mostre tra generazioni future e percorsi storici 

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Aperta la nuova stagione delle mostre al MUSEION con la collettiva RENAISSANCE sulle generazioni contemporanee, e il percorso storico intorno alle opere verbo-visuali di Ezio Gribaudo e Ugo Carrega, fino alla scultura totemica di Adolf Vallazza.

Avevamo annunciato il programma del Museion di Bolzano, anticipando le visioni delle generazioni più giovani con la mostra Renaissance, e i percorsi più storici. Per la prima volta sono esposti i disegni insieme alle grandi sculture totemiche dell’artista gardenese Adolf Vallazza (Ortisei, 1924), con Adolf Vallazza 100 (fino al 2 giugno), nello spazio Museion Passage. Realizzata con la collaborazione dell’Archivio Adolf Vallazza mette in luce non solo la tensione delle sue enormi opere lignee, ma anche la sua pratica pittorica. Da un lato l’imponenza della materia nobilitata, dall’altra le opere verbo-visuali di Ugo Carrega (Genova, 1935-Milano, 2014) e Ezio Gribaudo (Torino, 1929-2022), visitabili fino al 1° settembre. Il primo con Poetry in the box ricordando il suo progetto il Mercato del Sale, che aveva dato origine alla “Nuova Scrittura”, il cui archivio è stato donato dal collezionista Paolo Della Grazia al Museion e al Mart. Il contesto degli anni Settanta aveva dato origine alle sperimentazioni degli artisti, sulle possibilità e sul “senso di oppressione” causato dalle tante scritture (segni, comunicazioni, pubblicità), come scriveva Carrega nel catalogo della mostra Galleria Mercato del Sale del 1976 a Milano. Le scatole che erano in molte occasioni le sue opere, ma anche i contenitori delle stesse, campeggiano offrendosi come moduli di sostegno della collezione, che si estende al Piccolo Museion – Cubo Garutti.

Ezio Gribaudo, The Weight of the Concrete, in a scenography by Davide Stucchi at Museion, 2024. Courtesy: Archivio Gribaudo, Davide Stucchi and Museion. Photo: Luca Guadagnini

Per Gribaudo, artista, editore d’arte (pubblica le monografie di Duchamp, Fontana, Picasso, Burri, e molti altri), la scenografia di Davide Stucchi al secondo piano, restituisce un’ambientazione minimale e elegante. Lo spazio centrale occupato da blocchi di mattoni di cemento con lastre di legno intagliate, e un’illuminazione che evidenzia il dettaglio delle incisioni su carta, esaltano i Logogrifi realizzati dagli anni Sessanta. Enigmi da decifrare che iscrivono un nuovo linguaggio visivo. La sua è un’attività prolifica, come racconta la figlia Paola Gribaudo (Presidente dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino), e come dimostra il tributo del Museion di Bolzano, con The Weight of the, curata da Tom Engels e Lilou Vidal in collaborazione con Leonie Radine. Accanto alle opere l’archivio, le pubblicazioni, le immagini fotografiche e la presenza di opere sonore di Tomaso Binga, CAConrad, Bryana Fritz, Susan Howe e David Grubbs, Katalin Ladik, Hanne Lippard, Nat Marcus e Patrizia Vicinelli.

Monia Ben Hamouda, exhibition view RENAISSANCE, 2024, Museion. Photo: Luca Guadagnini

Percorrere la storia significa gettare le basi per costruire il futuro di chi resta. E è qui, in questo limen che si colloca Renaissance, curata da Leonie Radine, con un allestimento pensato da (ab)Normal. La mostra nasce a seguito dell’assegnazione di una borsa di studio (di 60.000 franchi svizzeri, la più alta in Europa) sostenuta dalla Fondazione Vordemberge-Gildewart, che è appena stata vinta da Monia Ben Hamouda (Milano, 1991), una dei 15 artisti ospitati. Se le sue installazioni sospese di ferro e le spezie profumate sul pavimento, creano un’atmosfera che esalta le potenzialità del gesto artistico (della scrittura scultorea e del lancio della polvere), nelle sculture di AliPaloma (Bressanone, 1992) emergono la fragilità della materia e della società. Le ceramiche di Costanza Candeloro (Bologna, 1990), riflettono sul concetto della bellezza, mentre gli assemblaggi di Isabella Costabile (New York, 1991) sono prodotti con materiali di scarto per dare origine a nuovi oggetti. Sono ancora i materiali recuperati (dalla natura e dalla produzione industriale) matrici con cui Tobias Tavella (Bressanone, 1990), costruisce le sue opere, in cui il suono tamburo diventa una cassa di risonanza per risvegliare le coscienze. 

Raphael Pohl, exhibition view RENAISSANCE, 2024, Museion. Photo: Luca Guadagnini

Le installazioni dipinte su tessuto di Sophie Lazari (Bologna, 1997), richiamano il tarantismo salentino, così come è ancora attraverso il tessuto, questa volta ottenuto con la tecnica del patchwork, che Binta Diaw (Milano, 1994), indaga fenomeni di migrazione, di identità in una prospettiva coloniale europea. Lorenza Longhi (Lecco, 1991) richiama la cultura questa volta di massa, attraverso specchi e simboli, in critica alla società dei consumi, così come gli assemblaggi e le ricontestualizzazioni di Davide Stucchi (Vimercate, 1988). Più ironici con uno sguardo pop i dipinti Giorgia Garzilli (Napoli, 1992), mentre la tradizione è quella delle attività manuali (fabbro e falegname) nel video e nella scultura realizzati da Filippo Contatore (Modena, 1999), e delle realtà commerciali (panettiere, gelatiere) nelle opere di Raphael Pohl (Bolzano, 1998). Emergono storie di identità fluide nelle immagini fotografiche di Jim C. Nedd (Verona, 1991), così come nei video e nei ritratti di Luca Piscopo (Frauenfeld- CH, 1998). E è ancora l’immagine in movimento a raccontare incontri generazionali in un villaggio dell’ENI di Magdalena Mitterhofer (Innichen/San Candido, 1994), che ha realizzato anche l’installazione Confessional di cui fa parte il film Corte. 

Ancora una volta il MUSEION si dimostra capace di intrattenere un intelligente rapporto dialogico tra storia e contemporaneità, tra territori (locali, nazionali e internazionali) e spazi che si dilatano tra interno e esterno (con il Cubo nel quartiere Don Bosco), sollecitando a partire da questioni estetiche, riflessioni più ampie sull’uomo e il suo tempo. 

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