Un SalTo nella vita immaginaria: come si presenta il Salone di Torino 2024

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Il Salone internazionale del Libro di Torino apre le sue porte dal 9 al 13 maggio nella solita sede, Lingotto Fiere, per cinque giornate all’insegna della promozione del libro, della lettura e della cultura.

Quest’anno, per la sua XXXVI edizione – la prima edizione risale al 1988 – il Salone di Torino ha scelto come tema la Vita immaginaria”. Con l’espressione si fa riferimento al movimento della mente, quindi l’immaginazione, che genera la vita creativa, come scrive Natalia Ginzburg nel saggio, da cui è ripreso il titolo dell’edizione, e a volte anticipa e indovina le vicende della vita reale.

Scrive Annalena Benini, direttrice editoriale del Salone del Libro, che la vita immaginaria riguarda anche “l’attesa di un futuro che possiamo costruire attraverso la letteratura, il cinema, l’arte, le parole scritte e le voci alle quali dedichiamo la nostra speciale attenzione. Anche la nostra segreta devozione e le nostre speranze”.

L’edizione del SalTo 2024 vuole essere un omaggio a tutte le vite immaginarie possibili, dalle sue forme creative e fiduciose nella creazione di possibilità, alla consapevolezza malinconica che forse nessuno di questi mondi immaginati possa davvero realizzarsi nella realtà. In questa ambiguità tra speranza e rassegnazione, c’è il desiderio di andare oltre, e costruire qualcosa di diverso. È qui che viene in soccorso l’arte.

Saranno due i filoni portanti dell’edizione. Il primo si collega all’urgente questione del femminismo e della violenza di genere; mentre il secondo mira ad approfondire il rapporto dei giovani con la società presente. Entrambi i temi si articoleranno in riflessioni differenti, che mirano a coprirne, per quanto possibile, l’ampiezza.

Mai come in questi tempi è giusto dichiararsi femministe e femministi. Si dice spesso, ma è bene non dimenticare di ribadirlo, anche se non richiesto. È un po’ come dichiararsi antifascisti. Non bisognerebbe essere invitati a farlo, dato che, in quanto italiani, nati liberi, e liberati, bisognerebbe esserlo. Lo stesso discorso vale per il femminismo. Non bisognerebbe essere chiamati a definirsi femministi. In quanto persone, nate uguali, ma non trattate come tali, bisognerebbe esserlo. Il filone presentato dal Salone di Torino mette in chiaro questa necessità, e invita tutti, autori, mediatori e pubblico, a interrogarsi sull’esempio delle grandi donne del passato, del presente e sul ruolo che la donna riveste nella società.

Tra gli eventi in programma, ci saranno gli incontri con Jennifer Guerra, con il suo saggio Il femminismo non è un brand (Einaudi) e Giulia Siviero con Fare femminismo (Nottetempo), un libro di racconti e spunti di analisi.

Il tema della violenza di genere sarà affrontato, tra le altre, da Valeria Fonte (De Agostini) a partire dal suo libro Vittime mai, e da Cathy La Torre con Non è normale. Se è violenza non è amore. È reato (Feltrinelli), una guida che vuole aiutare a evitare fraintendimenti. Uno degli incontri più attesi è quello che vedrà protagonista Gino Cecchettin, a presentare il suo Cara Giulia, Quello che ho imparato da mia figlia (Rizzoli).

Non solo violenza, ma anche diritti, lavoro e libertà saranno i temi su cui si discuterà, con un occhio rivolto alla figura della donna nei paesi tormentati dalle guerre, in cui ogni concessione è il risultato di più numerose privazioni.

Il secondo grande filone, che attraversa tutto il programma del Salone di Torino, è quello che si affaccia sulla società contemporanea. Non solo, si analizzerà il rapporto tra i giovani e le generazioni passate: turbamenti, incomprensioni, ricerca di identità e approfondimento psicologico; ma non mancheranno i riferimenti alle situazioni di emarginazione di cui spesso sono vittime gli adolescenti, tra queste disabilità, etnia, religione. Si parlerà anche di micro-criminalità, guerra e migrazione, cercando di aprire il dialogo e la comprensione reciproca.

Tutti gli appuntamenti e gli eventi sono esposti dettagliatamente sulla pagina del Salone.

Da segnalare, ecco una novità della XXXVI edizione: si tratta delle sette sezioni che affiancheranno la programmazione generale, ognuna dedicata a un tema ritenuto rilevante e centrale per il SalTo.

La prima sezione è il punto di partenza dell’immaginazione, forse l’essenza stessa della cosiddetta “Vita immaginaria”: l’Arte. A parlarne sarà la scrittrice romana Melania G. Mazzucco, in dialogo con l’artista Monica Bonvicini, celebre per le sue installazioni, sculture e video, che esplorano temi come il potere, il genere e lo spazio; la gallerista Francesca Cappelletti, Direttrice di Galleria Borghese di Roma e storica dell’arte; la scrittrice Alexandra Lapierre, nota per i suoi romanzi incentrati su grandi personaggi dimenticati della Storia, soprattutto donne, e l’archeologo, storico dell’arte e curatore di mostre italiano Salvatore Settis.

Vivere l’arte, scoprirla, promuoverla, questi i temi trattati nei quattro incontro previsti, ognuno dei quali mira a offrire una prospettiva differente, per genere, età, esperienze, paese d’origine o d’elezione.

Le altre sezioni riguarderanno: Cinema, con il regista e sceneggiatore Francesco Piccolo, per scoprire il punto di vista di chi la settima arte la produce, la crea, la pensa e la respira; Editoria, con Teresa Cremisi, presidente di Adelphi, che parlerà del “mestiere da acrobata” dell’editore, chi è, cosa fa, cosa guarda, a cosa mira e se esiste una figura di editore modello. Con molta probabilità, a questa domanda, la risposta è no.

Saranno presenti anche il giornalista Francesco Costa, con il suo ultimo libro Frontiera (Mondadori), per la sezione Informazioni; la scrittrice Erin Doom – pseudonimo di Matilde, cognome ignoto – per la sezione Romance, dagli esordi su Wattpad al successo di Fabbricante di lacrime, per affrontare sentimenti, passioni ed esperienze personali insieme agli ospiti e al pubblico; il critico letterario Alessandro Piperno, per la sezione Romanzo, che cercherà di rispondere alle domande “Come leggono gli scrittori? Come leggono le scrittrici?” con Claudia Durastanti, Sandro Veronesi e Domenico Starnone e, ultima, ma non per importanza, la comica Luciana Littizzetto, a curare la sezione che prende un nome che si addice alla sua protagonista: Leggerezza.

Con ciò che racchiude questa sezione, mi piacerebbe chiudere. L’invito è alla partecipazione e alla riflessione consapevole, all’apertura e al confronto, senza barriere: “La leggerezza come balsamo per ammorbidire il presente, perché non c’è solo la scrittura che perturba e scuote, ma esiste anche quella che accoglie, risolleva, fa sorridere”.

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