“Pandemonio”: Sergio Padovani torna nella sua Modena

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Sergio Padovani (Modena, 1972) torna a casa con “Pandemonio”, dopo l’anteprima romana la mostra itinerante approda al Complesso di San Paolo a Modena, location che sembra cucita su misura per l’artista. Quella di Padovani è una pittura figurativa visionaria, a tratti simbolista, che si fonda su composizioni fantastiche quanto allucinate, inquietanti, paesaggi incendiati, pennellate intense e materiche che trasportano la scena tra l’onirico e il mostruoso, tra la delizia e l’oscenità. Nei temi l’artista attinge al folclore, alla mitologia e all’iconografia sacra amalgamando questi riferimenti visivi in scene evocative e irreali, ma allo stesso tempo intrise di una forza espressiva quasi carnale, capace di scuotere il fruitore. 

Veduta della mostra Sergio Padovani. Pandemonio, Complesso di San Paolo, Modena, 2024

Il progetto espositivo, a cura di Cesare Biasini Selvaggi, Francesca Baboni e Stefano Taddei e organizzato dalla Fondazione THE BANK ETS – Istituto per gli Studi sulla Pittura Contemporanea, con il patrocinio del Comune di Modena, comprende una vasta selezione di dipinti di grandi dimensione e recente produzione capace di restituire la ricerca in continua evoluzione dell’artista. In questo luogo, patrimonio culturale d’eccellenza per la città, fino al 5 maggio 2024 sarà possibile confrontarsi con la “spiritualità laica” di Padovani che, nonostante sia un artista autodidatta, si rivela un autore erudito pronto a confrontarsi con pittori del calibro di Giotto, Hieronymus Bosch, Odilon Redon, Francis Bacon, e con numerosi letterati tra cui vanta un posto speciale il poeta mantovano Ivano Ferrari

Veduta della mostra Sergio Padovani. Pandemonio, Complesso di San Paolo, Modena, 2024

“Il sostantivo Pandemonio si è radicato in me non dal Milton di Paradiso perduto, ma da La franca sostanza del degrado del poeta mantovano Ivano Ferrari. La parola pandemonio è saltata fuori come minimo comun denominatore di un universo di immagini narrate, a volte anche crude e difficili da sopportare, che però testimoniano il momento reale, non solo sociale e politico, ma anche estremamente mio… la mia confusione, il tormento di quei giorni sfocati, la pittura che dirompe nella mia vita” (Sergio Padovani)

L’esposizione allestita in un edificio ricco di storia, una struttura romanica più volte restaurata nel corso dei secoli, beneficia dell’atmosfera sacra dell’ambiente rafforzando la potente forza evocative dei dipinti nati da suggestioni caotiche, da un rogo interiore, e destinati ad assumere una forma solamente durante il processo creativo. La particolarità del suo iter risiede nella visionarietà, i suoi dipinti sembrano manifestarsi sulla tela senza l’ausilio di bozzetti preparatori o altre “pianificazioni” dell’opera. Sono quadri respingenti che non desiderano essere osservati, ma essere conosciuti aprendosi a molteplici interpretazioni.

L’immaginario visivo di Padovani trova nel confronto con le istanze del contemporaneo, attraverso la simbologia e l’importanza dei dettagli, la sua più completa narrazione. Caratteristiche stilistiche che sono perfettamente apprezzabili in opere come “Europa” (2023) che trae ispirazione dal mito rifacendosi all’iconografia del rapimento della giovane principessa Europa, ma allo stesso tempo tratta temi assolutamente contemporanei come la sofferenza dovuta al clima di instabilità e incertezza dell’oggi, in tempi di Guerra e disordini geopolitici. Difatti, il pittore definisce la sua arte “lirica”, un percorso psicoanalitico che subisce l’influenza della parola e degli eventi storici. Non a caso, il quadro “Il bacio” (2023) nasce proprio dalla scrittura, l’artista ha iniziato a scrivere sulla tela in sorta di flusso di coscienza e poi ha aggiunto i soggetti che sono scaturiti naturalmente. 

Sergio Padovani, Andrea Bortolamasi, Paolo Zanatta, Francesca Baboni

Padovani, in quanto autodidatta, vive un costante percorso di crescita e sperimentazione lavorando con tecniche e supporti molto diversi tra loro: dall’olio, al bitume, fino alla resina su tela. In quest’occasione alla pittura si aggiunge un video “La vita umana è una collezione di dettagli inafferrabili” (2023), primo lavoro realizzato con l’intelligenza artificiale tramite indicazioni precise fornite dall’artista, che rappresenta una perfetta sintesi dell’estetica dell’autore per immergerci in un’atmosfera macabra di stampo kafkiano. L’opera è accompagnata da una colonna sonora interamente composta dal pittore che, per diversi anni, ha portato avanti una carriera da musicista prima di dedicarsi quasi esclusivamente alla pittura. 

Non sorprende, quindi, l’incredibile successo riscontrato durante la tappa romana nella sale dei Musei di San Salvatore in Lauro, dimostrato dall’ingresso di diverse sue opere in alcune delle più importanti raccolte d’arte della capitale e dall’invito a esporre con una personale presso la Galerie Schwab Beaubourg a Parigi. L’incredibile maestria dell’artista modenese risiede nella capacità di coniugare un immaginario caotico, derivato dal macabro, ad un virtuosismo cromatico che riesce a sposare irrequietezza e pace fuse tramite l’equilibrio delle tinte e delle composizioni, di cui è un esempio l’opera “Il vuoto dell’universo urla ora” (2023).

Con queste premesse non possiamo che essere d’accordo con il grande sostegno fornito a Sergio Padovani dalla Fondazione THE BANK, ultima tappa della mostra che sarà trasferita a Bassano del Grappa (VI), dove verrà presentato anche il catalogo pubblicato dal Il Cigno GG Edizioni con i contributi critici di Cesare Biagini Selvaggi, Francesca Baboni, Stefano Taddei e ulteriori testi di approfondimento afferenti a diverse discipline. 

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