“Fantasia” come capacità di decostruire il definito: Bruno Munari alla Magnani Rocca

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“La fantasia è la facoltà più libera delle altre […] È libera di pensare qualunque cosa, anche la più assurda, incredibile, impossibile” scrive Bruno Munari in Fantasia nel 1977. È alla fondazione Magnani Rocca che è possibile entrare nei fantastici e labirintici circuiti di Munari fino al 30 giugno con la mostra Bruno Munari Tutto, curata da Marco Meneguzzo. Munari classe 1907 è uno dei massimi protagonisti dell’arte, della progettazione grafica e del design italiano del Novecento.

In mostra sono esposti oltre settant’anni della sua attività artistica a partire dal suo avvicinamento al secondo futurismo. L’allestimento organizzato in questa sede sfugge le logiche organizzative cronologiche o tipologiche, ma raggruppa le 250 opere sulla base di concetti e quasi libere associazioni. La liquidità dell’allestimento espositivo e la creatività che esso genera si riscontrano nelle parole del curatore: “Munari è una figura molto attuale nella società liquida odierna, nella quale non ci sono limiti fra territori espressivi. È un esempio di flessibilità, di capacità di adattamento dell’uomo all’ambiente. Il suo metodo consiste nello scoprire il limite delle cose che ci circondano e di volerlo ogni volta superare”. Valicando le soglie delle sale espositive si ha come l’impressione di accedere allo studio dell’artista.

© Bruno Munari. Tutti I Diritti Riservati Alla Maurizio Corraini S.R.L.

Un polifonico concerto di opere materiche, grafiche, oggettuali si combinano in un fantasioso spazio che lascia correre l’immaginazione. L’esposizione si snoda, dunque, in cinque sezioni. La prima sala, che presenta la sezione Essere nel tempo, pare darci l’illusoria sensazione di trovarci ad una mostra tradizionalmente organizzata, poiché espone le opere del primo periodo e della sua formazione, tra cui Buccia di Eva che richiama il secondo futurismo e lo stile di Prampolini. Scendendo dalle scale verso la seconda stanza lo spettatore si trova immerso in una realtà surreale in cui l’attenzione visiva è richiamata da quella o da quell’altra opera d’arte da osservare. Una confusione percettiva sorprende il visitatore, colpito da una serie di oggetti da cui non può distogliere l’attenzione. Tutto è lì per essere guardato e scoperto. Dalle due alle tre alle quattro dimensioni è un contenitore di suggestioni visive, è il secondo nucleo fantastico proposto dal curatore che indaga una tematica studiata da Munari ovvero il rapporto tra le due dimensioni spaziali e il volume e la dimensione temporale anche detta “quarta dimensione”.

© Bruno Munari. Tutti I Diritti Riservati Alla Maurizio Corraini S.R.L.

Come un teatro dell’inconsueto gli attori sono i Filipesi degli anni ’80 e le Macchine inutili, nate già negli anni ’30-’40. Nylon, legno, filo, plastica, alluminio sono i materiali che compongono le macchine inutili, che sconvolgendo la convenzione tradizionale dell’immobilità scultorea e della preziosità dei materiali impiegati, aleggiano in composizioni casuali date dal movimento spontaneo della realtà intorno. «Queste opere sono da considerare macchine perché fatte di varie parti che si muovono, collegate tra loro […] inutili perché non producono, come le altre macchine, beni di consumo materiale […]. Alcuni sostenevano che erano utilissime, invece perché producono beni di consumo spirituale» scrive Bruno Munari in Arte come mestiere.

Ed oltre alle macchine inutili ne sono esposti gli schizzi, i disegni e i progetti che stanno alla base della loro ideazione. E ancora si vede l’esplosione cromatica di un “Quadrato nella terza dimensione” o la paradossale “Scultura da viaggio”, memore certamente dell’operazione intellettuale duchampiana (Sculpture de voyage, 1918). Abitacolo del 1971 è il progetto della struttura di un letto simile a un letto a castello, pensato per bambini. L’abitacolo di Munari è un invito alla fantasia del piccolo inventore, poiché per mezzo della sua neutralità, il bambino è progettista dello spazio fisico che abita e che plasma continuamente: “oggi un’astronave, domani un castello, sempre un territorio libero da coercizioni”.  

© Bruno Munari. Tutti I Diritti Riservati Alla Maurizio Corraini S.R.L.

Sperimentare il limite è la terza sezione della mostra che elogia il limite sempre cercato dal progettista e che lo spingerà alla distruzione della logica e alla capacità di innescare il dubbio costante. Sperimentare il limite significa vedere il mondo, le cose, gli oggetti sempre secondo nuove prospettive e dilatare la comprensione che noi abbiamo proprio della realtà. È questa volontà di superare l’invalicabile che spinge Munari a distruggere le logiche tradizionali dell’oggetto libro negando la funzionalità dell’oggetto stesso con i suoi “libri illegibili” o con la sua “Sedia per visite brevissime”, che progettata per Zanotta nel 1945, è inclinata a 45° realizzata con materiali classici come noce lucidato a cera e sedile in alluminio per garantire un “migliore scivolamento dell’ospite verso l’uscita”. È il paradosso ad essere al centro di molte delle sue idee progettuali.

Come in Annullare il tempo, che è la sezione che vede Munari impegnato a creare oggetti fuori dal tempo stesso, almeno da quello corrente. Qui vengono fossilizzati oggetti del 2000 come le valvole termoioniche imprigionate in plexiglas colorato o Tempo libero, un orologio progettato in collaborazione con Swatch che decostruisce la nozione temporale tramite un mescolamento caotico delle ore del giorno. Il tempo qui non esiste.

© Bruno Munari. Tutti I Diritti Riservati Alla Maurizio Corraini S.R.L.

Scoprire il mondo, oltre che sembrare un invito, costituisce l’ultima parte dell’esposizione munariana, essa si focalizza sulla pedagogia e l’aspetto didattico: uno dei più amati dal lavoro di Munari. Questa stanza con l’alfabeto Lucini, le straordinarie Forchette parlanti del ‘95, le scritture illeggibili di un popolo sconosciuto e la scimmietta Zizì del ‘52 non è che “l’esortazione di Munari a mantenere il bambino che è in noi”, un invito alla libertà di vedere il mondo ogni volta da un angolo diverso e “costruire la realtà sfuggendo alla realtà data una volta per tutte dalla convenzione sociale”. E in mezzo all’esplosione fantastica del mondo Munari, mi sembra si sia totalmente compiuto l’augurio di Meneguzzo “che chi viene a vedere la mostra ne esca esausto, perché in ogni pezzo può trovarci il mondo.”

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