Da Stoccolma a Londra, da Vienna a Copenhagen, in mostra le signore dell’arte

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Sarà merito delle ultime Biennali che hanno dato spazio alle artiste donne? O della prossima, imminente, dove il gender è padrone e con un occhio di riguardo – finalmente – a tutti gli strangers, compresi queer e disobbedienti? Chi può dirlo. Sta di fatto che l’onda lunga della riscoperta dell’arte femminile sembra proseguire la sua corsa, forse, chissà, per trasformarsi in uno tsunami. E mentre sta quasi per chiudere i battenti l’Artemisia genovese di Palazzo Ducale (strepitosa, al netto della contestatissima stanza dello stupro, di sapore un po’ splatter) le mostre dedicate alle artiste sbocciano come primule precoci qua e là in tutta Europa. A nord, soprattutto, dove da qualche giorno si è alzato il sipario su una rassegna degna di nota, al museo danese Ordrupgaard – lo scrigno curvilineo firmato da Zaha Hadid nel 2005 a Jægersborg Dyrehave, poco a nord di Copenhagen, in Danimarca.

Marie Bracquemond, Sur la terrasse à Sèvres, 1880, Association des Amis du Petit Palais, Genève

Si tratta di “Impressionism and its Overlooked Women” (fino al 20 maggio). Un titolo un po’ freddo e didascalico sotto il quale si cela l’ammirevole intento di festeggiare i 150 anni dalla prima mostra impressionista facendo luce soprattutto sulle sue figure femminili, e di conseguenza spostando l’attenzione dalla Parigi notturna ai giardini e alle scene familiari. Berthe Morisot, Mary Cassatt, Marie Bracquemond, Eva Gonzalès e Marie Bashkirtseff sfilano accanto alle “sorelle” meno conosciute e anche a qualche collega come Manet, Degas e Renoir, a sottolineare affinità e affiliazioni. È invece Jacqueline Marval la protagonista fino al 19 maggio della personale Fauvism Feminism Flamboyance al Millesgården Museum di Lindigo, in Svezia. Adorata da Guillaume Apollinaire, Marval imprime alle forme una leggerezza che sfiora la deformazione, regalando al movimento Fauve una grazia e una sensualità inedite, soprattutto nelle odalische, che uniscono al trionfo del corpo di Matisse inquietanti atmosfere metafisiche.

Harriet Backer, Evening, Interior, 1896. Oil on canvas. Nasjonalmuseet for kunst, arkitektur og design, Oslo.

Sempre in Svezia, a Stoccolma in questo caso, dal 22 febbraio al 18 agosto, al Nationalmuseum, l’attenzione va a Harriet Backer, considerata la seconda artista norvegese più influente del periodo a cavallo tra XIX e XX secolo dopo Edvard Munch. Una calma misurata, lontanissima dagli eccessi emotivi del collega, caratterizza il lavoro di Backer, che studia la luce degli Impressionisti e ne fa la base per interni domestici silenziosi, immersi nella penombra; chiaroscuri nebbiosi sui quali le figure si stagliano nettissime come squilli di tromba.

Si preannuncia uno degli eventi più importanti della stagione londinese, poi, la mostra dedicata ad Angelica Kaufmann, non soltanto ritrattista sopraffina e autrice di spettacolari quadri di storia che ne hanno fatto una delle protagoniste della pittura del XVIII secolo, ma anche una delle due sole donne – su trentaquattro membri – fondatrici di quella Royal Academy che oggi la celebra. Dal 1° marzo alla fine di giugno, trenta opere provenienti da tutto il mondo ne raccontano il percorso e la rocambolesca vita di avventuriera. 

Exhibition view: Ingenious women, Women artists and their companions

Non facciamoci scoraggiare dal titolo, contorto e anche un po’ grigio (Ingenious women, Women artists and their companions), perché la mostra in programma dal 2 marzo all’8 settembre al Kunstmuseum di Basilea si propone come un’interessante indagine sulle reciproche influenze tra le artiste e gli uomini che sono stati al loro fianco: fossero padri, compagni o insegnanti. E nasconde vere e proprie chicche, come un approfondimento su due pittrici del Secolo d’Oro olandese ancora troppo poco conosciute: Rachel Ruysch, autrice di nature morte floreali particolarissime, stranianti, abitate da oggetti incongruenti e inquietanti (valutate, all’epoca, più dei lavori del collega Rembrandt), e su Judith Leyster, le cui scene di genere non hanno nulla da invidiare a quelle del ben più conosciuto Franz Hals.

Infine, al Belvedere di Vienna, dal 15 marzo all’8 settembre c’è la pittura pastosa di Broncia Koller-Pinell, esponente del postimpressionismo e del modernismo viennese: ritratti, paesaggi e interni domestici dove la figura femminile appare spesso sola, persa in malinconiche meditazioni.

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