Crisi dell’autorialità? Artificial Hell in mostra al MAXXI

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Artifical Hell L’inferno di Dante visto dall’intelligenza artificiale a cura di Elisabetta Bruscolini è in mostra al MAXXI fino al 28 aprile. Protagoniste dell’esposizione visionaria sono le opere digitali realizzate dalla collaborazione tra l’umanità di Riccardo Boccuzzi e l’artificialità dell’AI.

È nelle sale del MAXXI che si propone un viaggio metafisico e fantasy dell’inferno dantesco attraverso un percorso visivo e multimediale. Artificial Hell “è il viaggio infernale di Dante, che passando per oltre 10.000 immagini, diventa la prima sequenza di opere figurative realizzate da un algoritmo”. Le immagini, che hanno pretesa artistica, generate da Riccardo Boccuzzi, sono prodotte da algoritmi di generazione sintetica (Generative Adversarial Networks).

I prodotti visivi realizzati sembrano condurre lo spettatore entro una dimensione fantastica dominata dal gotico e dal fantasy. Il risultato dell’interazione dell’AI e dell’uomo è la realizzazione di immagini visive su cui poggia un velo di mistero misto alla necessità di indagare al di là della superficie mediante «un’esperienza immersiva che permette al visitatore di addentrarsi nei gironi dell’Inferno assieme a Dante e Virgilio». Assieme alle ventuno opere selezionate dal catalogo e stampate in altissima qualità, sono presentati prodotti audiovisivi e video che immergono lo spettatore entro il processo creativo e di realizzazione.

Riccardo Boccuzzi è un “meta-artista”, pionieristico creatore del Gan-visionismo, manifesto pubblicato a seguito del catalogo in cui l’artista propone i principi stessi del gan-visionismo. Tra questi, necessario è rimarcare la centralità dell’intervento creativo antecedente dell’artista rispetto alla realizzazione finale della macchina, conservando la centralità dell’ideazione artistica rispetto all’esecuzione macchinica.

Immagini come La condanna di Pier della Vigna (canto XIII), Virgilio Fidato, Imponente presenza, sono opere che testimoniano la straordinaria volontà di emulare l’immagine pittorica. La macchina cerca di imitare le qualità proprie della pittura, riappropriandosi di matrici derivanti certamente dal paesaggismo inglese, francese, tedesco dell’Ottocento. I risultati sono esseri metamorfici, non umani, sagome umane, ombre dall’apparenza mutante immerse in atmosfere atemporali contrassegnate da fumi materici e acri.

“L’intelligenza artificiale è una forma di magia» scrive Alessandro Giuli, Presidente del Maxxi, sul catalogo della mostra «si tratta di stabilire in che rapporto l’uomo e la macchina – per usare un termine analogico e vetusto – si mettono in relazione”.

L’intelligenza combinatoria dell’AI, tramite 10.000 tentativi, ha realizzato le circa 200 opere in mostra in Artificial Hell. Di queste 200 sono 21 le opere rappresentative dell’Inferno dantesco, stampate su carta baritata per esaltarne i colori e la qualità dell’immagine, mentre su degli schermi vengono proiettati i risultati visivi delle altre immagini presenti in catalogo. 

La commistione uomo-macchina ha generato opere che emulano la pittura paesaggista dell’Ottocento, giungendo sino al romanticismo di Friedrich e alla sospensione straniante di certa pittura di Böcklin. Ma la generazione artistica cui ci troviamo dinnanzi sembra negare il principio fondamentale alla base dell’opera d’arte: l’autorialità. Alla stregua della morte dell’arte definita da Hegel e la morte dell’autore teorizzata da Roland Barthes, viene messa in dubbio, con l’uso dell’AI, la centralità dell’artista come creatore.

Lo stile impersonale di una pittura illusionisticamente realizzata tramite l’intelligenza artificiale impedisce però al visitatore di identificarsi con gli esseri ritratti. Quello non è l’uomo, ma l’umanità disumana vista dalla macchina. In mezzo alla liquidità della società in cui siamo immersi e all’impossibilità dell’originalità, Artificial Hell è una mostra che fa sorgere domande a cui ognuno risponde individualmente.

Basti ricordare però, come scrive nel suo intervento a catalogo, Carmelo Occhipinti, che “la potenza terribile di ogni singolo artista […] non potrà mai essere eguagliata dalla creatività artificiale, perché la forza dell’individuo risiede sempre nella propria limitatezza, nella fragilità, nel bisogno di infrangere le regole, i limiti e così anche di commettere errori, di peccare… L’arte è perfetta perché imperfetta. L’intelligenza artificiale, invece, è imperfetta perché perfetta“. Artificial Hell diviene specchio di una società fragile caratterizzata dalla dissoluzione della soggettività umana, pericolosamente minata dall’indistinguibilità e dall’appiattente omologazione. È forse questo un elogio all’imperfezione umana e un invito alla riflessione sulle molteplici sfide e conquiste raggiunte oggi dalle nuove tecnologie.

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