Venezia, Isola di San Giorgio: la grande fotografia è qui. Con Helmut Newton e Patrick Minram

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All’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia sbarcano due mostre da non perdere, per gli appassionati di fotohrafia ma non solo. Da un lato infatti sbarca in Laguna la straordinaria retrospettiva “Helmut Newton. Legacy” (aperta fino al 24 novembre), a cura di Denis Curti e Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation, che celebra il genio di uno dei grandi protagonisti della fotografia della seconda metà del Novecento. Dall’altra, la mostra “Out of Focus” (aperta fino 11 agosto) si concentra invece sugli ultimi dieci anni di ricerca dell’eclettico fotografo Patrick Minram. Ma non ci sono solo grandi maestri: i riflettori sono anche puntati sulle opere vincitrici della open call rivolta a giovani under 30, che prevedeva l’invio di tre fotografie che intrecciassero un racconto legato alla famosa frase di Newton “Il mio lavoro come fotografo è quello di sedurre, divertire e intrattenere”. In questa specifica call si sono distinte le opere di Diana Sosnowka con Piccole perversioni (Il Viaggio Frenetico dell’Utero Errante), di Wojciech Wòjcik con Nude e Vestite e di Jo Fetto con Les Odalisques (Oltre la carne).

Ma vediamo nel dettaglio che cosa ci riservano le due mostre principali.

Helmut Newton. Legacy

Helmut Newton. Queen. Venezia, 1966 © Helmut Newton Foundation.

Helmut Newton. Legacy“, che giunge a Venezia dopo le tappe di Milano e Roma, consente di ripercorrere la carriera e la vita di uno dei protagonisti indiscussi del Novecento che ha rivoluzionato non solo il mondo della moda con le grandi collaborazioni con Vogue, Yves Saint Laurent, Chanel, Thierry Mogler e molti altri, ma anche e soprattutto l’approccio al nudo femminile, come testimonia il libro cult del 1981 Big Nudes che racchiude 39 scatti in bianco e nero, molti dei quali presenti in mostra, nei quali il fotografo si è confrontato con scatti a grandezza umana e con gigantografie.

Helmut Newton. Rue Aubriot, Yves Saint Laurent, French Vogue. Paris, 1975 © Helmut Newton Foundation.

L’avventurosa vita di Helmut Newton (Berlino 1920-Los Angeles 2004) lo vede già a 16 anni come apprendista della fotografa Yva, dove comincerà a sperimentare e gettare le basi di quella che diventerà la sua cifra stilistica, ma è nel 1961 che avviene la svolta, quando il fotografo viene assunto da Vogue Paris e si trasferisce in Francia con la moglie June. Qui, l’estro creativo di Newton si libera e trova il suo spazio personale nella fotografia di moda introducendo lo storytelling, dove il classico servizio di moda diventa una storia le cui atmosfere attingono alle fonti più disparate, dal mondo del cinema, della pittura e persino della cronaca nera, altra grande passione del fotografo.

Helmut Newton. Nova, Parigi 1971 © Helmut Newton Foundation.

L’intera esposizione racconta in sei capitoli cronologici la grande eredità che Newton ci ha lasciato: gli esordi dagli anni Quaranta e Cinquanta in Australia, gli anni Sessanta in Francia, gli anni Settanta tra Francia e Stati Uniti, gli anni Ottanta tra la Costa Azzurra e la California e i numerosi servizi in giro per il mondo negli anni Novanta. Abbiamo già detto come l’approdo a Parigi sia stato decisivo per il fotografo, che lavorò, oltre che per Vogue France anche per Elle France, British Vogue e per la rivista d’avanguardia Queen.

Nelle immagini di moda Newton è andato oltre la rappresentazione di un capo d’abbigliamento, incorporando nei suoi storytelling elementi dello spirito dell’epoca, dal cinema di Alfred Hitchcock, François Truffaut e Federico Fellini, fino alla rivoluzione sessuale della fine del decennio. Sul finire degli anni Sessanta Newton, con la moglie June, acquistò una casa a Saint Tropez, luogo che divenne sfondo di molti servizi di moda, di ritratti intimi di June e di diversi autoritratti. Negli anni Settanta si mosse tra Francia e Stati Uniti scattando tra New York, Miami, Las Vegas, ma anche a Roma e Berlino; in seguito a un attacco di cuore, decise di accettare solamente incarichi che considerava sfide interessanti.

Helmut Newton. Elizabeth Taylor. Los Angeles, 1985 © Helmut Newton Foundation.

Fu così che cominciò a servirsi non solo del set ma anche delle modelle e degli stylist set per realizzare la sua personale e audace visione della fotografia di moda. Molti di quegli scatti furono raccolti nel primo libro di fotografia di Newton, White Women, del 1976, a cui fece seguito nel 1978 Sleepless Nights, che raccoglieva immagini apparse su Playboy e Vogue. Dalla metà degli anni Settanta il fotografo espose le sue immagini in musei e gallerie, continuando a scattare fotografie di moda in hotel o in appartamenti signorili, talvolta accostando dei manichini alle modelle e rendendo labile il confine tra realtà e fantasia.

Nel 1981 Newton sviluppò un’idea che fu rivoluzionaria per Vogue Italia e Vogue Francia: prima a Brescia e poi a Parigi, chiese a delle modelle di spogliarsi dopo un servizio di moda per poi fotografarle nude nella stessa posa. Fu subito scandalo. Questi dittici, che segnarono il passaggio dalla fotografia di moda a quella di nudo, furono chiamati Naked and Dressed. Allo stesso tempo creò il celeberrimo Big Nudes, suo libro di maggior successo fino ad ora. Alla fine del 1981, il fotografo, con la moglie June, si trasferì a Monte Carlo, spostandosi in quegli anni a Los Angeles dove realizzò molti ritratti di celebrità di Hollywood che frequentava come amici o conoscenti. Addirittura nel 1987 fondò la propria rivista in grande formato , Helmut Newton’s Illustrated, pubblicata in quattro numeri editi a intervalli regolari.

Helmut Newton, Yves Saint Laurent, Venice 1983, © Helmut Newton Foundation.

Il lavoro di Newton degli anni Novanta è stato caratterizzato da fotografie di moda fantasiose, molte delle quali scattate a Monte Carlo ma anche a Berlino, a Parigi o a Miami. Inoltre aumentarono gli incarichi conferiti direttamente al fotografo da stilisti o clienti come Mugler, Chanel, Swarovsky o Lavazza che spesso gli affidano campagne pubblicitarie su larga scala. Ormai la fotografia di moda era emancipata dalle riviste e riconosciuta per la sua rilevanza a livello culturale. Negli anni Novanta, Newton realizzò anche una serie di pubblicazioni personali, tra cui due numeri di Helmut Newton’s Illustrated e un libro dei suoi scatti con Polaroid realizzato con Schirmer/Mosel. Produsse inoltre una vasta antologica di facsimili delle sue opere pubblicate su riviste negli ultimi cinquant’anni, Pages from the Glossies e un libro scritto a quattro mani con June, Us and Them.

Nel 1999, Taschen pubblicò SUMO, il libro d’arte di maggiori dimensioni mai edito. Negli ultimi anni della sua vita Newton veniva ancora ingaggiato da riviste e stilisti perché il suo sguardo era sempre in linea con lo spirito del tempo tradotto dal suo occhio che si manteneva vivace fresco. Proprio per il suo ottantesimo compleanno, la Neue Nationalgalerie di Berlino gli rese omaggio con una grande retrospettiva, successivamente portata in diverse città del mondo. Due anni dopo, l’autobiografia di Newton venne pubblicata in dieci lingue e due pubblicazioni vennero realizzate in collaborazione con la sua galleria di Zurigo De Pury & Luxembourg  in occasione della mostra: Sex and Landscape e  Yellow Press, che presentavano i paesaggi e le fotografie giornalistiche scattate negli ultimi anni.

Helmut Newton. Jerry Hall, Vogue America. Miami, 1974 © Helmut Newton Foundation.

Newton non è stato solo un fotografo di moda, è stato un attento osservatore dell’umanità che ha potuto sondare fin nelle pieghe più recondite dando forma a fantasie e desideri. E a chi lo ha accusato di maschilismo va ricordato che le donne di Newton non sono passive e assoggettate bensì forti, imperiose valchirie padrone di sé stesse.

Patrick Minram. Out of focus

Patrick Mimran, Untitled, 140×105 cm, ChromaLuxe Thermo Metal Prints reinforced with Alu-Dibond, 2023.

La mostra “Out of focus” riflette sulla ricerca di Patrick Minram (Parigi 1956) che si è imposto come artista multidisciplinare che dal primo amore, la fotografia, ha indagato altri media come la musica, il mondo multimediale, la tecnologia e le installazioni. L’artista ha sempre nutrito un profondo legame con la fotografia che è sempre presente nelle sue esposizioni, in un ruolo di assoluta parità rispetto agli altri mezzi espressivi usati. Nella sua arte, Minram affronta i grandi temi dell’umanità come la morte, la bellezza, la sessualità, con uno sguardo originale e ironico, creando composizioni accompagnate da  giochi di parole intriganti. Non è un caso se l’ambiguità è sempre stata fonte di ispirazione per l’artista, come dimostrano questi “Fuori fuoco”.

Nel processo creativo di Minral la spontaneità è fondamentale, come dice l’artista: “L’art gagne à ce qu’on ne rèflèchisse pas”, “l’arte trae beneficio dal non pensarci”, infatti è proprio giocando con l’improvvisazione che l’artista crea le sue opere. Egli è inoltre convinto che il giudizio dello spettatore sia pari a quello dell’artista stesso, per questo Minram auspica di stabilire un dialogo tra artista e fruitore dell’opera, in modo da creare un terreno comune e propizio per la propria arte.

Patrick Mimran, Untitled, 140×105 cm, ChromaLuxe Thermo Metal Prints reinforced with Alu-Dibond, 2023.

“La fotografia è un mezzo artistico pieno di contraddizioni”, racconta l’artista. “Da un lato, sembra essere il più adatto a rappresentare la realtà nel modo più oggettivo possibile e, dall’altro, coloro che la utilizzano hanno tutti un’interpretazione diversa di ciò che è la cosiddetta realtà oggettiva. Tutte queste interpretazioni si oppongono e divergono le une dalle altre. Alcuni ritengono che il bianco e nero sia la forma di rappresentazione visiva più artistica e maggiormente adatta a trasmettere l’oggettività di una scena o di un soggetto, mentre altri difendono strenuamente la fotografia a colori. Lo stesso tipo di controversia esiste tra la fotografia digitale e quella analogica. Per quanto mi riguarda, la realtà oggettiva non mi interessa. Non mi piace vedere le cose come sono, ma come le immagino o come vorrei che fossero”.

Patrick Mimran, Untitled, 140×105 cm, ChromaLuxe Thermo Metal Prints reinforced with Alu-Dibond, 2023.


Mimran usa lo strumento fotografico in modo opposto a quello per cui è stato progettato, scegliendo di non rappresentare le realtà così com’è, perché, per l’artista Mimran, il modo migliore per catturare un soggetto, non è quello di rappresentarlo il più fedelmente possibile, ma di allontanarsi al contrario il più possibile da esso, fino all’astrazione.

L’artista ha lavorato principalmente sulla mancanza di nitidezza, non solo dei contorni, ma dell’intera immagine, con l’obiettivo di fare emergere la realtà completa del soggetto nel suo insieme attraverso uno sguardo che all’inizio sembra astratto, ma che diventa sempre più realistico man mano che lo si osserva e che contrasta con la nitidezza delle immagini a colori che, con il loro formato più piccolo, accompagnano e definiscono le 33 fotografie di grandi dimensioni. “Ho scattato queste fotografie”, spiega Minram, “non catturando 1/125 di secondo della vita dei miei soggetti, bensì uno o più secondi che, cumulati in una stessa immagine, trasmettono la mia visione di ciò che penso essere la quintessenza del soggetto che fotografo… Una rappresentazione senza una forma definitiva che sia soltanto una visione furtiva di un momento del soggetto che esiste in questa forma solo in quel preciso momento e che non esisteva un millesimo di secondo prima e che non esisterà più un millesimo di secondo dopo. Un po’ come fare il calco di un ectoplasma in movimento. È in questa cumulazione di attimi che l’anima dei miei soggetti si rivela pienamente”.

Patrick Mimran, Untitled, 140×105 cm, ChromaLuxe Thermo Metal Prints reinforced with Alu-Dibond, 2023.

In “Out of focus”, la maggior parte delle immagini riprodotte in grande formato è in bianco e nero ed è accompagnata da tre fotografie più piccole a colori nelle quali il soggetto dell’immagine grande viene riprodotto in un contesto altro e integrato, a sua volta, in un’altra fotografia. Insomma una sorta di taccuino visivo che illustra i momenti e i luoghi in cui le grandi fotografie sono state create.

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