Banksy, il murale di Londra messo in gabbia. E no, lui non è stato fotografato…

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Veloci come il vento, le fake news attraversano la rete. Quando si tratta di Banksy, poi, nulla appare mai troppo inverosimile. E così è accaduto anche con l’ultima opera dello street artist di Bristol, comparsa improvvisamente la notte tra il 17 e il 18 marzo in una strada popolare nel nord di Londra, Hornsey Road (qua l’articolo in cui ne parlavano), puntualmente deturpata con vernice bianca pochi giorni dopo. Cos’è accaduto? Che, nella foga di sperare di vedere finalmente in faccia lo street artist mascherato più famoso al mondo, non solo qualche fan, ma anche più di un giornalista credulone, o che si finge tale per poter sparare titoli a casaccio, abbia sperato di aver finalmente scoperto il volto dell’artista. Speranza di ogni paparazzo che si rispetti, certo, ma abbastanza improbabile, se si pensa davvero che, come nei filmacci di serie zeta, l’assassino torni davvero, incurante dei fotografi e dei curiosi, sul luogo del delitto. A fare cosa? A recintare la sua stessa opera, rinchiuderla come fosse allo zoo.

Ma vediamo cos’è successo. Dopo che l’opera, un casco di foglie verdi dietro a una pianta probabilmente morta, ha fatto la sua comparsa su un muro cieco di una casa in Hornsey Road, nel nord di Londra, e dopo che qualcuno l’aveva deturpata con getti di vernice bianca, ecco che il proprietario, l’agente immobiliare londinese di origine rumena Alex Georgiou, è corso velocemente ai ripari. Predisponendo una squadra per recintare e coprire il prezioso manufatto.

Caso vuole, però, che suo padre, il costruttore in pensione sessantasettenne George Georgiou, abbia una forte somiglianza… con un tale di nome Robin Gunningham, che da tempo si vocifera, anzi si sostiene con indizi ormai solidi come rocce, che sia il vero nome dell’imprendibile street artist. O almeno, con una vecchia foto del 2008, che lo ritraeva al lavoro su uno stencil, considerata l’unica testimonianza plausibile del volto dello street artist misterioso.

Ed ecco allora che, fans, popolo del web e a seguire alcuni giornalisti, si sono precipitati a gridare ai quattro venti: “È lui, è Bansky!”. A nessuno pareva vagamente inverosimile che l’uomo senza volto, abituato a studiare le sue azioni artistiche a tavolino, con lo stesso livello di attenzione e di cautela di quello che si metterebbe in atto per un colpo in banca (e non sarà un caso che il suo primo nomignolo, ispirato al suo vero nome di battesimo, fosse quello di “Robin Banks”, ovvero rapinatore di banche, ndr), potesse apparire tranquillamente, tra curiosi armati di smartphone e giornalisti, di fronte al muro dove solo poche notti prima aveva realizzato la sua opera. E invece. Mentre già i giornali inglesi smentivano la (non) notizia, anche qua da noi alcuni fogli creduloni vi abboccavano. Non solo “La Repubblica”, che si affrettava a scrivere “Ecco il volto di Banksy, una ripresa amatoriale potrebbe svelare l’identità dell’artista”, per poi aggiungervi: “poi il dietrofront”; ma persino l’Adnkronos ieri, 26 marzo, titolava: “Svelata l’identità di Banksy? In una foto (forse) il volto dell’artista”.

Ovviamente, anche questa volta si trattava di una fake news. No, non era Banksy (seppure, va detto, la somiglianza fosse forte, e anche gli occhialini che indossava molto simili alla famosa foto del 2008), ma nientemeno che il padre del proprietario dello stabile su cui l’artista aveva lasciato poche sere prima il suo “regalo” in forma d’opera, che come è noto fa salire vertiginosamente il prezzo degli immobili (tanto che lo stesso proprietario ha dovuto smentire più volte che avrebbe aumentato il prezzo degli affitti di un palazzo divenuto tanto celebre nel corso di una sola notte).

Proprietaria dello stabile è infatti un’agenzia immobiliare a conduzione familiare fondata nel 2009, la Alex Marks, che ha sede nella stessa via in cui è comparso il pezzo, al 448 Hornsey Road, e i cui direttori sono due fratelli, Alex e Anthony Georgiou, che hanno molte proprietà nella zona (basta dare una scorsa alla strada per trovare molti cartelli neri, con la scritta “am” di Alex Marks, e la dicitura: “let and managed”, che è, in sostanza, la formula con cui gli agenti immobiliari si occupano della gestione e dell’affitto degli immobili per conto dei proprietari). Ed è sempre nell’agenzia, assieme ai due figli che vi figurano come direttori e al terzo figlio Marcus, che lavora anche il padre, George Georgiou, falegname in pensione (con la moglie gestiva infatti un’altra azienda, con sede sempre in Hornsey Road, nella stessa casa in cui oggi ha sede l’agenzia immobiliare dei figli, di carpenteria e materiali edili).

Sono stati proprio loro, e non lo street artist senza volto, a rinchiudere l’opera sotto una spessa lastra di plexiglass, per evitare che qualche buontempone vi si accanisse di nuovo contro con lanci di vernice, e anche con solidi pannelli di legno (cosa tutt’altro che strana, visto che il suo mestiere precedente era proprio quello di carpentiere). Tanto che, al momento, l’opera appare ormai quasi invisibile agli occhi del pubblico. Forse è destino che, se diventi lo street artist più famoso (e più costoso) al mondo, le tue opere non possano più essere lasciate libere sui muri cittadini (di recente, un cartello stradale dipinto sempre da Banksy a Londra era stato rubato nel giro di appena un’ora dalla sua “scoperta”). Ma invece che metterle in prigione come belve in gabbia, forse si poteva trovare qualche soluzione meno aggressiva…

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