Banksy, rubato il cartello STOP alla Guerra. Dove? Di fronte alle pompe funebri…

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Attaccata a un cartello stradale, rivendicata, e subito rubata. È la fine che ha fatto – in una manciata di ore: appena un’ora dal momento della rivendicazione al furto – l’ultima opera di Banksy, che rappresentava, su un cartello stradale di “STOP”, tre droni militari in volo, chiaro invito a un cessate il fuoco di ogni guerra – con evidente riferimento alla carneficina di civili in atto nella striscia di Gaza da parte dell’esercito israeliano, dopo il massacro del 7 ottobre da parte di Hamas in Israele.

Banksy ha infatti confermato di essere l’autore dell’opera col suo più classico metodo di rivendicazione, ovvero un post sul suo profilo Instagram, intorno a mezzogiorno di venerdì 22 dicembre. Neanche un’ora dopo, due uomini, uno su una bicicletta elettrica, l’altro a piedi, si sono precipitati sul posto e uno di loro ha rimosso rapidamente il cartello con un tronchese.

Anche se i numerosi passanti (alcuni filmando anche la scena coi telefonini) gli hanno gridato di fermarsi, l’uomo che ha rimosso l’opera, vestito con una giacca rossa, è fuggito a piedi col cartello, dimenticando sul posto l’arma del delitto… ovvero il tronchese con cui aveva divelto il cartello dal palo. Sbadataggine che, tra l’altro, potrebbe anche costargli cara, visto che proprio di recente alcuni furti di opere di Banksy, seppure realizzate illegalmente in strada, hanno portato all’arresto dei responsabili (è successo con l’opera realizzata sulla porta del Bataclan, a Parigi, per rendere omaggio alle vittime dell’attacco islamista del 2015, e con un’altra rubata alla periferia di Kiev).

Ma la vera curiosità dell’operazione è in realtà un’altra, che, oscurata dalla notizia del furto, è passata completamente in secondo piano, tanto da non essere stata riportata né notata da nessun giornale. E cioè che il luogo scelto dallo street artist per posizionare la sua opera era… tutt’altro che casuale.

I tre droni, infatti, erano montati su un (vero) cartello di STOP, situato proprio all’angolo tra Southampton Way e Commercial Way, tra Peckham, quartiere a sud-est della capitale britannica, oggetto negli ultimi anni di una forte opera di gentrificazione, e Camberwell, quartiere ancora popolare e multietnico. Ma dove, esattamente? Non solo sul cartello che riportava, guarda caso, il nome “Commercial Way”, ma, oltretutto, proprio di fronte all’entrata di una delle più antiche e celebri agenzie di pompe funebri della Capitale: e precisamente la “W. Uden and Sons”, azienda a conduzione familiare che, come recita la presentazione sul loro sito, “offre un servizio impareggiabile in tutta Londra dal 1881, utilizzando pratiche moderne ma garantendo allo stesso tempo di onorare le antiche tradizioni del settore funerario”. Un’amara vena ironica da parte dello street artist, che, col suo stile caustico, ricorda che nel mondo globalizzato anche il sacrificio delle vite umane dettato dalle guerre è l’oggetto di scambio di uno spregevole commercio, quello dei droni, dei cannoni e delle armi.

Chi conosce lo stile di Banky, sa bene che la coincidenza tra una sua opera contro la guerra, il cartello di una strada che si chiama “Commercial Way” e l’ingresso di un’agenzia di pompe funebri, situato proprio alle sue spalle, non è certo casuale: più che lo stile, nel lavoro di Banksy ha infatti sempre un’importanza fondamentale il contesto in cui l’opera viene collocata. Sottigliezza tipica di Banksy, che però critici, giornalisti e gazzettieri, pronti a gettarsi a capofitto su una non-notizia, quella di un furto annunciato (appena un’opera di Banksy viene rivendicata, c’è infatti sempre qualcuno pronto a tentare di impossessarsene per farla fruttare), hanno del tutto ignorato.

Del resto, da sempre Banksy ci ha abituati a guardare ai dettagli, agli indizi, e soprattutto al contesto ambientale in cui le sue opere sono inserite: dai bambini che giocavano in mezzo alle rovine delle case sotto i bombardamenti in Ucraina, all’opera realizzata per San Valentino a Margate, nel sud-est dell’Inghilterra, in cui una donna con un occhio nero gettava il marito in un freezer abbandonato (subito rimosso dalla solerte amministrazione pubblica), fino a Steve Jobs raffigurato come un migrante, guarda caso in mezzo ai profughi ammassati nel campo di Calais.

Anche le sagome dei droni presenti sul segnale stradale, poi, non sono una novità per Banksy: erano infatti identiche a quelle già presenti in un’opera precedente dell’artista, Civilian Drone Strike, del 2017, che ritraeva sempre tre droni militari, che, questa volta, distruggevano un disegno infantile sotto di loro, nel quale era raffigurata una casa in fiamme e, di fianco, una bambina in lacrime.

L’opera, in quel caso, non era stata dipinta in maniera illegale, ma era comparsa all’interno di una mostra organizzata in risposta alla fiera militare “Defence and Security Equipment International”, ed era stata messa all’asta, raccogliendo 205 mila sterline per Reprieve e Campaign Against Arms Trade, un’organizzazione indipendente che si batte per l’abolizione del commercio internazionale di armi.

Anche questa volta, dunque, Banksy si è cimentato in un doppio o triplo gioco di rimandi: da una parte lo “STOP” ai bombardamenti israeliani a Gaza, cui fa riferimento anche il cartello “Commercial Way”, simbolo del turpe commercio delle armi, che offre linfa e ossigeno alle guerre, dall’altra, il chiaro riferimento al tragico bilancio di vittime innocenti, attraverso la prossimità con l’entrata dell’agenzia di pompe funebri, di fronte al quale il cartello è collocato.

E l’agenzia di pompe funebri, in tutto questo? Con tipico amplomb britannico – e con tutt’altro stile rispetto alla nostra conterranea Taffo, gestita in maniera irriverente e spregiudicata da quel genio della comunicazione che è Roberto Pirrone –, la W. Uden & Sons si è limitata a postare un sobrio commento sul proprio profilo Facebook: “Well….. we had a Banksy artwork just outside our camberwell branch for a bit …. Until it was stolen 😞”. “Beh… per un po’ abbiamo avuto un’opera d’arte di Banksy appena fuori dalla nostra filiale di Camberwell… Fino a quando non è stato rubato 😞”.

Nient’altro. Noblesse oblige.

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