L’arte aborigena di Sally Gabori alla Triennale Milano

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Fino al 14 maggio 2023, l’arte aborigena di Sally Gabori è in mostra alla Triennale Milano in collaborazione con Fondation Cartier di Parigi.

Arrivano dall’Australia le opere della nuova mostra alla Triennale di Milano.

Questa storia comincia nel 2005, quando l’ultraottantenne Sally Gabori, dopo aver preso parte ad un laboratorio di pittura come forma di terapia occupazionale, dipinge per la prima volta. Da quel giorno, e nel corso dei successivi dieci anni, non si è più fermata producendo circa 2000 opere tra cui le trenta esposte alla Triennale di Milano fino al 14 Maggio 2023.

Nyinyilki, 2010. Synthetic polymer paint on linen, 196 × 303 cm. Collection Bérengère Primat, Courtesy Fondation Opale, Lens, Switzerland © The Estate of Sally Gabori. Photo © Vincent Girier Dufournier

Nyinyilki, 2010. Synthetic polymer paint on linen, 196 × 303 cm. Collection Bérengère Primat, Courtesy Fondation Opale, Lens, Switzerland © The Estate of Sally Gabori. Photo © Vincent Girier Dufournier

CHI È SALLY GABORI

In realtà la storia comincia nel 1924, precisamente al largo della costa settentrionale dell’Australia, sull’Isola Bentinck, nel Golfo di Carpentaria. Mirdidingkingathi Juwarnda conosciuta poi come Sally Gabori nasce tra i Kaiadilt, l’ultima popolazione aborigena dell’Australia costiera a stabilire legami duraturi con gli europei. 

Nel 1947 un’onda anomala, sommergendo i pozzi di acqua potabile, rende difficile la vita sull’isola Bentinck e l’anno dopo i Kaiadilt, all’epoca un centinaio in tutto, vengono evacuati verso la missione presbiteriana dell’isola Mornington.

Quella che doveva essere, però, una condizione temporanea, si trasforma in una situazione definitiva. I bambini kaiadilt vengono separati dai genitori, tranne che per brevi periodi, e in un secondo momento iniziano a frequentare la scuola della missione che proibisce l’uso della loro lingua nativa. 

Nyinyilki, 2010, Synthetic polymer paint on linen, 196 × 300 cm, Private collection, Melbourne, Australia. © The Estate of Sally Gabori. Photo © Simon Strong

LA RISCOPERTA DELL’ARTISTA

Per molti appassionati di arte, la mostra in Triennale Milano è l’occasione per avvicinarsi, non solo ad una piccola popolazione aborigena e all’arte di Sally Gabori, ma soprattutto ad alcune storie poco conosciute a queste latitudini e legate alla colonizzazione dell’Australia. Storie che ruotano attorno ad esili forzati, conversioni religiose, lingue non rispettate e terre ancestrali rivendicate. Molte delle enormi tele colorate di Sally Gabori sono vere e proprie indicazioni topografiche della sua terra abbandonata da giovane.

Astratte riproduzioni di fenomeni atmosferici, ricordi di tradizionali pratiche di pesca, immaginari scorci ispirati a elementi visivi sedimentati nella sua memoria.

UN INTRECCIO TRA VITA E ARTE

La vicenda personale di Sally Gabori, madre di 11 figli, permette di ripercorrere la storia del rapporto tra i popoli aborigeni e gli europei stabilitisi in Australia. Come raccontato dalla Fondation Cartier, dagli anni ’60 e fino ai nostri giorni, tutte le popolazioni aborigene hanno continuato a chiedere il riconoscimento dei loro diritti civili, di quelli fondiari e dei territori marini. Negli anni Ottanta è stato pubblicato un dizionario e una grammatica Kayardilt, che salvaguardia la scomparsa della lingua, facendo sì che anche le nuove generazioni possano scoprire la ricchezza di una cultura che da 6000 anni è presente in quelle terre.

Nyinyilki, 2011, Synthetic polymer paint on linen, 196 × 301 cm. Bendigo Art Gallery, Bendigo, Australia. Purchase, 2016 © The Estate of Sally Gabori. Photo © Simon Strong

Nyinyilki, 2011, Synthetic polymer paint on linen, 196 × 301 cm. Bendigo Art Gallery, Bendigo, Australia. Purchase, 2016 © The Estate of Sally Gabori. Photo © Simon Strong

IL LINGUAGGIO PITTORICO

Sally Gabori, con le sue opere, è riuscita a trovare un linguaggio pittorico che le ha permesso di vivere psichicamente nella “terra” da cui era stata separata, e nel farlo ha creato qualcosa di grandioso, imponente e profondamente originale. Leggendo queste parole, camminando tra le opere, non deve stupirci sapere che nel 2007, con il ricavato dei suoi dipinti, Sally Gabori ha noleggiato un volo per un ultimo ritorno nella Terra dei Kaiadilt con suo marito. 

Cosa ci permettono di vivere queste opere? I suoi acrilici così vividi, la suddivisione così netta tra i campi di colore e le imponenti dimensioni delle opere cosa testimoniano? 

Ho trovato la risposta in quello che ha scritto Nicholas Evans, antropologo e linguista, che nel catalogo osserva: “Questa audacia, che ha dimostrato all’età di 80 anni, pur vivendo in una casa di riposo e non avendo mai sperimentato alcuna forma d’arte nel senso in cui la intendiamo noi, è solo sua, al di là delle influenze della cultura di cui si è nutrita. È una delle testimonianze più eloquenti immaginabili di quanto poco possiamo sapere di ciò che si cela nel cuore di ogni essere umano”

Una nuova piccola storia, che viene dall’emisfero opposto, si è aggiunta alle molteplici storie che compongono la storia del mondo. E che arricchisce la storia dell’arte.

Immagine di copertina: Sally Gabori, Amanda Gabori & Elsie Gabori. Pat and Sally’s Country, 2011, Synthetic polymer paint on linen, 198 × 305 cm. Patricia Roberts, Melbourne, Australia © The Estate of Sally Gabori. Photo © Simon Strong

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