La nuova società immaginata da Miranda July alla Fondazione Prada

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“Miranda July: New Society” all’Osservatorio Fondazione Prada, la prima personale dell’artista americana 

Il ballo può essere un’azione individuale, come quella di Miranda July (Stati Uniti, 1974), davanti a un radiatore del suo studio, durante la stesura della sua ultima produzione letteraria. “All Fours”, “A quattro zampe” nella versione italiana (in uscita a breve per Feltrinelli), affronta la crisi di una donna diventata adulta alla ricerca di una nuova libertà, attraverso il viaggio in auto da Los Angeles e New York. Anche le altre storie descritte nei suoi libri precedenti (“Tu più di chiunque altro”, 2009 e “Il primo uomo cattivo”, 2016 pubblicati da Feltrinelli), dipingono personaggi ironici, sondando tra desideri e fantasie di un’umanità un po’ impacciata, bizzarra, stravagante e a volte in ingenua. 

Se nella produzione letteraria July descrive la fragilità e la vulnerabilità umana, in quella visiva spinge la ricerca verso una rappresentazione più partecipata e relazionale, attraverso il coinvolgimento diretto del pubblico. Anche nella sua ultima produzione F.A.M.I.LY. (Falling Apart Meanwhile I Love You), il ballo che aveva sperimentato nella stanza da sola, si trasforma in un’azione collettiva. 

Immagine della mostra “Miranda July: New Society”
Osservatorio Fondazione Prada, Milano
Foto: Valentina Sommariva
Courtesy: Fondazione Prada

Miranda July, artista, scrittrice, performer e regista, si racconta con generosa passione, in occasione della presentazione alla stampa della sua prima personale in un’istituzione all’Osservatorio Fondazione Prada. La mostra diffusa che prende il nome da un precedente lavoro New Society, visitabile fino al 14 ottobre 2024, coinvolge anche il Cinema Godard, con la proiezione di tutta la sua filmografia, e prevede la pubblicazione nella serie Quaderni, con un saggio della curatrice Mia Locks

L’incontro tra curatrice e artista ha permesso una lettura di tutte le sue opere, includendo anche il materiale d’archivio recuperato dalle performance (abiti, sceneggiature e oggetti di scena), che è esposto insieme ai video e alle installazioni. July spiega di aver capito l’importanza della conservazione grazie a un archivista. Perché l’archivio è luogo della conoscenza, e memoria dell’umanità. Permette agli altri di ricordarti e di ricordare la storia. Così come è considerato anche strumento di potere e espressione dell’autorità, tanto che nell’era moderna gli archivi erano chiamati “arsenal de l’autoritè”. 

Immagine della mostra “Miranda July: New Society”
Osservatorio Fondazione Prada, Milano
Foto: Valentina Sommariva
Courtesy: Fondazione Prada

Intorno al potere ruota la ricerca di Miranda July da circa trent’anni, nel tentativo di scardinare le sue dinamiche. E lo fa con una modalità di scambio e con un ribaltamento delle gerarchie tra artista e spettatore, prima di tutto, sempre più coinvolto nelle sue opere, attraverso un processo di collaborazione e inversione dei ruoli. Se l’artista si fa interprete di personaggi diversi in tutti i suoi lavori, il pubblico è chiamato a entrare in scena, superando quel confine tra rappresentazione e realtà. Da Early Performances, una delle prime, alla più recente F.A.M.I.L.A., in cui sette soggetti selezionati da Instagram diventano protagonisti del suo ultimo video. Un’opera in divenire che proprio attraverso la mostra, aziona una nuova chiamata partecipativa. I video amatoriali del pubblico sono stati manipolati dall’artista attraverso programmi di editing, per riconfigurarsi come altre immagini, creando percorsi relazionali e artistici, e la formazione di una nuova collettività. Un intento, quest’ultimo, che trova la sua massima espressione in New Society. Un esperimento teatrale in cui chiede al pubblico presente di trascorrere tutta la vita all’interno, interpretando i loro ruolo professionali sul palco. 

Che si tratti di un palco reale o virtuale, l’esito è il medesimo: lo spettatore si attiva agendo all’interno della scena, leggendo copioni, piuttosto che attraverso l’improvvisazione, o ancora nello svolgimento della sua routine quotidiana. Come nella performance I’m the President, Baby del 2018, in cui Oumarou Idrissa, autista di Uber, attraverso la tecnologia collegata tra l’iPhone e il suo letto, calcola le notti insonni che azionano le tende esposte al secondo piano dell’Osservatorio. Oppure nella mostra Learning To Love You More, realizzata da una donna milanese Miriam Goi, con le opere trovate in casa de genitori, rispondendo a uno degli appelli dell’artista su Instagram. 

La ricerca di Miranda July richiede uno sforzo che si qualifica nell’osservazione prolungata e nella capacità di ascolto. E anche questo potrebbe rappresentare un modo per ribaltare ancora una volta i ruoli, mostrando l’artista in tutta la sua vulnerabilità e consegnando al pubblico il potere della comprensione.

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