Interaction 2024, a Napoli va in scena l'”alterità”

Nel tratto di strada che separa la stazione di piazza Garibaldi di Napoli dal Complesso Monumentale di Santa Caterina a Formiello, le alterità ti travolgono. Energie etniche, ricche di eterogenee cromie, le ha avvertite nel suo rapporto con Napoli Demetrio Paparoni che, traducendole guardando al contesto internazionale, le conduce con sé all’interno del chiostro piccolo del Complesso, dove nel 2012, per volontà di Rosalba Impronta e Davide de Blasio, ha preso il via la Fondazione Made in Cloister.

Demetrio Paparoni (Foto Armando Rotoletti).

Dalla sinergia nata tra Paparoni e de Blasio, alimentata da un’immaginazione visionaria, prende il via (fino al 14 settembre 2024) la seconda edizione di Interaction, a due anni dalla prima e che, come la prima, ha l’obiettivo di portare le vivaci diversità che popolano l’esterno, all’interno del chiostro, mettendole sotto una lente di microscopio, ingrandendo il dettaglio dell’altro e delle alterità; “altro” inteso sia come essere umano portatore di “diversità”, sia come “ambiente” in cui l’essere umano è ospite alterandone i processi autentici; ma anche “altro” come ”novità” ed i risvolti che ne possono derivare, come nell’opera di Andreas Serrano, in cui si affronta il tema dell’interazione umana con l’intelligenza artificiale. 

Interaction 2024. In primo piano, Hyeryun Jung, US2-Migration, 2024, installazione site specific Sullo sfondo da sinistra Domenico Bianchi, Margaux Bricler, Veronica Bisesti, Andres Serrano

The other and Otherness è il tema della collettiva che raccoglie il lavoro di trenta artisti provenienti da diverse parti del mondo.  Un piccolo atrio introduce al portico del cortile, sulle pareti laterali campeggiano alcune tele di grandi dimensioni, stimolando una fruizione da “Cabinet d’Amateur” di fine Settecento, dai connotati ultra-contemporanei, ed in effetti, rompendo gli indugi ed avanzando il passo, si concretizza l’idea di una installazione estranea al concetto del “cubo bianco” e basata invece sull’accumulo e l’interazione delle opere, in modo tale che lo spettatore si ritrovi a percepire  i lavori nell’insieme, prima ancora che nella loro singolarità. Lo sguardo pertanto indaga la totalità e di tanto in tanto viene catturato dal particolare, da un segnale. 

Interaction 2024. Da sinistra: Yue Minjun, Domenico Bianchi, Margaux Bricler, Veronica Bisesti, Andres Serrano, Sophie Ko, Filippo La Vaccara, Samuel Nnorom, Chiara Calore. Ph Francesco Squeglia.

Avviso ai naviganti, opera di Sergio Fermariello, è un video su schermo la cui posizione “costringe ad alzare lo sguardo verso il soffitto in posizione zenitale”, inusuale ed anche scomodo, come il migrare per mare osservando il cielo. Il riferimento è alla natura non stanziale dell’uomo, spinto dagli eventi alla ricerca di qualcosa che sia un nuovo rimedio alla propria esistenza, fino a trovare una vita ancora più aspra o la morte definitiva.

Daniele Galliano, Worlds in Collision, 2024, olio su tela, cm 200 x 300.

Sembra confermare questa teoria sulle migrazioni la tela due metri per tre di Daniele Galliano, subito sotto il video. L’opera, intitolata World in Collision, raffigura un planisfero sorvolato da caccia militari e le zone di mare, sono navigate ovunque da varie imbarcazioni che trasportano migranti. Si tratta di una rappresentazione idealizzata di una situazione più che reale, quella della fuga dai drammi, che genera flussi migratori e di conseguenza interferenze culturali. Queste interferenze dovrebbero generare curiosità e integrazione, ma ci vuole una base culturale allenata a riconoscere nelle differenze un elemento di confronto positivo. 

Wang Guangyi, Popular Anthropology – The Other’s Gaze, 2024, stampe digitali su carta, 370 x 293

Sembra essere questo il significato dell’opera site-specific di Wang Guangyi, Popular Anthropology the other’s gaze, realizzata rielaborando un ciclo del 2019, Popular study on Antropology, adattandola a questo nuovo spazio.

Interaction 2024. Da sinistra: Interazione Gian Luigio Colin/ Zehra Dogan/Vanni Cuoghi/ Troy Makaza. Particola dell’installazione di Yue Minjun. Foto Francesco Squeglia.

Per la realizzazione dell’opera Wang Guangyi – tra i protagonisti dell’arte cinese della seconda metà del XX secolo – applica “un metodo pseudo-scientifico”, lo stesso metodo degli studi di antropologia asservita alla politica durante la Seconda Guerra Mondiale. Studi finalizzati a sostenere l’esistenza di una “gerarchia delle razze” e l’esistenza di una “razza” privilegiata, da salvaguardare a discapito di altre. Ancora oggi sono questi gli input alla base del razzismo e agiscono ormai soprattutto a livello inconscio, continuando ad alimentare l’incapacità di accettare l’alterità. 

Interaction 2024. Da sinistra: Chiara Calore, Cian Dayrit, Daniele Galliano, Aurelio Sartorio, Arvin Golrokh, Radu Belcin. Al centro: interazione Morten Viskum/Loredana Longo. Foto Francesco Squeglia

Per realizzare questi lavori, Wang Guangyi si appropria di alcune illustrazioni incluse nel libro di Alfred Eydt intitolato Schreibers rassenkundliche Anschauungstafel: Deutsche Rassenköpfe, pubblicato nel 1934 in Germania, un testo in cui l’autore tedesco illustra le deliranti teorie sulla superiorità dei popoli nordici, basandosi su caratteristiche fisiche e morali, generando una scala gerarchica tra diverse etnie. Le illustrazioni dei volti pubblicate nel trentaquattro da Eydt, per suffragare i suoi deliri, sono stati ripresi ed utilizzati da Wang Guangyi tramite una stampa in negativo, ricavando un effetto radiografico, come se ci invitasse a guardare all’interno dei volti raffigurati, rafforzando l’intento pseudo-scientifico della ricerca.

Nulla esiste nell’evidenza di queste lastre che possa far supporre ad una superiorità di un tipo rispetto ad un altro e, del resto, i caratteri distintivi delle diverse etnie si ritrovano oggi appiattite dalla globalizzazione, dalla condivisione su scala globale di beni di consumo che tendono a cancellare le identità locali.

Yue Minjun, Cicada, 2023-2024, collage con stampe digitali, 2500 × 600 cm. Courtesy dell’artista.

Allude a questo Cicada, il grande collage in stile Dada-pop di Yue Minjung, altro protagonista dell’arte cinese, noto sopratutto per i suoi autoritratti in cui ride. Come egli stesso scrive “a nessuna persona può essere attribuita una singola identità, e allo stesso tempo nessun individuo rappresenta esclusivamente un periodo storico; piuttosto, stiamo tutti convergendo verso un comune e indifferenziato universo”, concetto assolutamente condivisibile e che genera una reazione conservatrice o, citando Paparoni, purtroppo provoca “l’insorgere di diverse forme di nazionalismo esasperato che si stanno diffondendo sempre più in tempi recenti”. Una lettura storica lucida del sentire che attraversa il nostro tempo, tra rigurgiti di appartenenza territoriale e radicalismi religiosi.

Interaction 2024. Da sinistra Interazione Morten Viskum, Loredana Longo. Sullo sfondo da sinistra Domenico Bianchi, Margaux Bricler, Veronica Bisesti, Andres Serrano, Sophie Ko, Filippo La Vac

Radicalismi conservatori che stimolano nelle popolazioni autoctone un rifiuto tanto elevato del “diverso” da diventare cecità, anche davanti all’evidenza del dramma umano che si perpetua. Nel Naufragio il pittore Francesco De Grandi, utilizza una tecnica che richiama i grandi dipinti storici dell’Ottocento francese, ma che descrive il momento drammatico in cui un’onda travolge un’imbarcazione carica di migranti dei nostri giorni, ammassati uno sull’altro con giubbotti di salvataggio arancione, o camere d’aria di autovetture.

Francesco De Grandi, Naufragio, 2023-2024, olio su tela, cm 230 x 340.

La fragilità delle vite e dei sogni cancellati nel dramma della migrazione è il significato che sta alla base delle delicatissime rose in porcellana bianca dell’artista cinese Liu Jianhua, Regular / Fragile – Fragile Forms, riproposta più volte in varie manifestazioni, tra cui la 50° Biennale dell’arte di Venezia, per poi approdare, una prima volta, al Made in Cloister nel 2018, per la mostra personale Monuments. Anche Liu Jianhua è riconosciuto come uno dei maggiori artisti del panorama contemporaneo cinese. La sua è un’opera dalla fattura raffinata, i petali bianchi evocano una fragilità tale da dare la sensazione di frantumarsi allo sguardo.

Interaction 2024. In primo piano: Morten Viskum, LOL, 2023, silicone, stoffa, oggetti. Sullo sfondo da sinistra: Lavori siti specific di Margaux Bricler, Veronica Bisesti, Andres Serrano, Sophie Ko. Foto Francesco Squeglia.

Particolare interesse ha suscitato in questa mostra LOL, una scultura iperrealista del norvegese Morten Viskum, che si auto-raffigura, sommando ai suoi tratti quelli di Vladimir Putin, seduto ad una scrivania, mentre beve della vodka versata da una bottiglia dai colori LGBT+ con un teschio sul tavolo.

Sulla bottiglia alcuni versi in inglese sollecitano chi legge ad essere orgogliosi di essere ciò che si è, un inno alla propria identità sessuale, qualunque essa sia, a favore dell’inclusione, che in Russia ma anche altrove è un miraggio. L’opera interagisce con un tappeto di Loredana Longo, posto sotto il tavolo a cui è seduto Viskum-Putin. Sul tappeto si possono leggere le parole, incise a fuoco, I know no borders, a rimarcare un evidente mancanza di rispetto delle regole e dei confini dell’altro.

Interaction 2024. In primo piano Hyeryun Jung. Sullo sfondo Yue Minjun, Cicada, 2023-2024, stampe digitali, installazione site specific, 2500 × 600 cm. Foto Francesco Squeglia.

Vale la pena soffermarsi, infine, su altre due opere, Koyoshia High-Wheel Robot dell’americano Andres Serrano e US2-Migration della coreana Jung Hyreyun. L’opera di Andres Serrano apre lo sguardo all’eccessiva confidenza con il quale trattiamo l’intelligenza artificiale, non considerando i possibili risvolti che tendono ad escludere la presenza vivente dal proprio habitat, convertendo quest’ultimo in un ambiente diverso, umanamente invivibile e in cui non si potrà più respirare, popolato da soli Robot. 

Una possibilità spesso indagata dall’arte ultra-contemporanea e che si lega al senso dell’opera della coreana Jung Hyeryun in cui l’artista assume il clima metereologico a simbolo del clima sociale, evidenziando come ai disastri climatici corrispondano degli squilibri sociali.

Interaction è un’esposizione dinamica, gioca su uno scambio tra il fuori e il dentro e questa sua natura ha portato a cercare altri spazi esterni al Made in Cloister, off-sites in cui collocare altre opere, per generare curiosità negli avventori ed invitarli ad approfondire, cercando lo spazio affascinante del chiostro. I luoghi scelti sono Palazzo Caracciolo su via Carbonara, il chiostro del Liceo Artistico a largo SS. Apostoli e il Parco nascosto di Re Ladislao, adiacente al complesso di San Giovanni a Carbonara.

Interaction 2024. Da sinistra: Interazione Gian Luigio Colin/ Zehra Dogan/Vanni Cuoghi/ Troy Makaza. Particola dell’installazione di Yue Minjun. Foto Francesco Squeglia.

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