A Fontanellato una mostra omaggia la mosca nell’arte

Getting your Trinity Audio player ready...

Una mostra bizzarra, irriverente quanto affascinante, che indaga la presenza della mosca nelle arti visive a partire dalla scuola giottesca fino al contemporaneo: si tratta di “MUSCA DEPICTA. C’è una mosca sul quadro”, ospitata al Labirinto della Masone a Fontanellato (Parma), fino al 30 giugno 2024. La stravagante esposizione, a cura di Sylvia Ferino ed Elisa Rizzardi, tratta un soggetto amato da artisti, letterati ed intellettuali di ogni epoca per i suoi significati allegorici. L’idea scaturisce dalla lettura del volume “Musa Depicta” dell’editore Franco Maria Ricci che quarant’anni fa aveva dedicato uno speciale proprio alla mosca, con testi a cura di Luciano di Samosata, Leon Battista Alberti, Luigi Pirandello, Giorgio Manganelli e Andrè Chastel, accompagnati da raffinate illustrazioni della pittura europea dal XV al XVII secolo.

Percorrendo l’itinerario della mostra sembra quasi di sentirne il ronzio, la mosca onnipresente si impossessa dello spazio espositivo per trasportare il pubblico in un universo visuale complesso e colmo di messaggi nascosti. Oltre cinquanta opere, tra tele, disegni, sculture e volumi manoscritti e a stampa narrano le imprese artistiche di quest’insetto fastidioso ed impertinente che ha saputo intrufolarsi nelle opere di registi, pittori intellettuali e poeti. A partire proprio da Alberti, il quale ammirava l’insetto che, secondo l’intellettuale fiorentino, non conosce gerarchie né limiti di pertinenza vivendo in totale libertà. Fascinazione nei riguardi delle mosche che ha attraversato secoli, portando con sé giudizi negativi legati all’irritante ronzio e alla sua predilezione per il putrido. Considerata un segno del diavolo, del peccato, dell’idolatria e della morte, la mosca era un dettaglio macabro molto popolare nel Medioevo, come possiamo constatare nei quadri trecenteschi di Giovanni del Biondo o Martino Piazza da Lodi, nei quali è simbolo di decadenza e memento mori.

Giovanna Garzoni, Natura morta con popone, XVII secolo

Soggetto iconografico ancor più celebre nel Seicento, l’insetto assume un ulteriore significato, posandosi sulla frutta di numerose nature morte, genere divenuto popolare proprio nel XVII secolo, rappresenta la vanitas ricordando allo spettatore la precarietà dell’esistenza. La osserviamo ignara dei messaggi di cui si fa portatrice in svariati dipinti fiamminghi tra cui spicca la “Natura morta con rose, garofani, gelsomini, fichi, pere e pesche” di Abraham Brueghel. Esposta al fianco di un importante volume di Ulisse Aldrovandi, con disegni di Maria Sibylla Merian, dedicato all’insetto divenuto oggetto dei primi studi entomologi. Inconsapevolmente, la mosca passa dal microscopio alla letteratura fino agli emblemi per assumere nuove accezioni entrando a far parte della sottile linea che separa arte e scienza.

Anton Hartinger, Natura morta con frutta e  fiori di campo

Sarà l’arte contemporanea a riconoscerle finalmente altri significati, positivi o disturbanti che siano. La mosca diventa un aggregatore di sentimenti ansiogeni, una testimone di episodi violenti e un simbolo positivo di emancipazione femminile. Protagonista del film “Four Flies on Grey Velvet” (1971), horror firmato Dario Argento, muta nell’ultima immagine impressa negli occhi di una vittima di un omicidio. Solo un anno prima, nel 1970, era stata portavoce delle istanze femministe nel video “Fly” di Yoko Ono, dove una mosca cammina sul corpo femminile, pube e capezzoli inclusi, ponendosi al centro di un video spudorato, senza filtri, che inneggia alla libertà della donna. 

Opere a cui si aggiunge il corto “The Fly” (1980) di Ferenc Rofusz, un’operazione artistica paradossale che offre un’inusuale prospettiva, usufruendo di un capovolgimento della realtà per mostrarci la quotidianità vista attraverso gli occhi di una mosca. Recentemente l’insetto ha suscitato l’interesse anche di uno degli artisti più quotati al mondo, Damien Hirst, qui esposto con “Fear of Death (Full Skull)”, un cranio composto interamente di mosche che sintetizza in una sola immagine la morte per presentarne il lato più macabro: quello della decomposizione. 

Maurizio Bottoni, Pane (1), 2014

Tra i numerosi pittori contemporanei che la ritraggono presenzia anche Maurizio Bottoni, che fa un tuffo nel passato rappresentandola come un sintomo di avaria, una presenza inopportuna che si insinua prima sul manto di una mucca e poi su un pezzo pane raffermo. Eppure la mostra si conclude con un inserto giocoso: l’installazione “Portrait on the Fly” di Christa Sommerer e Laurent Mignonneau. L’opera ci invita a fermarsi davanti ad uno schermo sul quale 10.000 mosche, generate dal computer, si riuniscono per restituire i contorni dell’osservatore, grazie ad un software di riconoscimento delle immagini captate da una piccola telecamera il fruitore è obbligato a riflettere sulla storia artistica dell’insetto intrinsecamente collegata alla caducità della vita. 

“MUSCA DEPICTA. C’è una mosca sul quadro” è un’esposizione complessa e per nulla banale, che si muove tra due concetti tra loro distanti, la libertà e la morte, obbligandoci a riflettere sull’esistenza per indurci a riconoscerne i confini senza che questi limitino la nostra capacità di agire. 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Artuu consiglia

Iscriviti alla Artuu Newsletter

Il Meglio di Artuu

Ti potrebbero interessare

Seguici su Instagram ogni giorno