I Corpi in attesa di Aldo Salucci

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Fino al 31 maggio 2024 A.MORE gallery presenta Corpi in attesa, personale dell’artista Aldo Salucci, a cura di Domenico de Chirico. Una selezione del nuovo ciclo fotografico dell’artista, verrà inoltre esposta dall’11 al 14 aprile 2024, nello stand che A.MORE gallery presenterà a MIA Photo Fair.

Artista romano, Aldo Salucci vive e lavora a Milano da diverso tempo. Si appassiona al disegno e alla pittura fin dall’infanzia, per poi interessarsi successivamente alla fotografia e soprattutto alla post-produzione delle immagini. Questa tecnica gli permette di ottenere risultati che col solo uso della macchina fotografica non raggiungerebbe. 

Famoso per le sue fotografie digitali in cui la natura incontra lo spazio urbano attraverso un linguaggio estremamente poetico, l’artista presenta ad A.MORE un ciclo di opere interamente inedito. Si tratta di un corposo nucleo di nuovi lavori, molto diverso dai precedenti. Le dodici opere esposte sono tutte serigrafie stampate su carta cotone, sulle quali l’artista interviene attraverso l’uso dell’acrilico. Di formato piuttosto grande, le fotografie hanno come punto di partenza la biologia e l’anatomia umana. Si tratta infatti di scatti fotografici realizzati tramite l’utilizzo del microscopio elettronico, il quale mette in luce la presenza di cellule tumorali. L’artista per evidenziarne la parte malata, utilizza materiali e reagenti chimici particolarmente colorati, creando così un forte contrasto tra la parte sana del corpo e quella dilaniata da neoplasia. È importante fare una specifica fondamentale. Salucci con questi interventi, non intende valorizzare esteticamente una malattia che è indiscutibilmente fonte di profondo dolore. Il suo obiettivo è invece quello di ritrarre questa condizione esattamente così com’è. Non c’è alcun tipo di sublimazione nella sua arte.

  Foto: Courtesy A.MORE gallery e Mattia Mognetti

Uno dei punti nodali del nuovo corpus fotografico di Aldo Salucci è senza dubbio il legame tra arte e scienza. Discipline che spesso vengono messe in antitesi, trovano qui una felice connessione e soprattutto un legame non forzato, come invece si potrebbe pensare. Salucci in relazione a questo discorso, racconta:

Nasco come uomo di scienza perché sono laureato in farmacia; il legame con l’arte è stato inevitabile. La natura mi sorprende sempre e finisce per diventare protagonista in tutte le mie creazioni. Mi piace scoprirla e meravigliarmi di quanto sia affascinante anche nelle sue manifestazioni più crudeli.

Salucci tratta di una tematica sensibilissima e molto complessa attraverso un linguaggio immediato e semplice, comprensibile a tutti e lo fa grazie all’uso di colori vivaci che catturano l’attenzione dello spettatore ma che allo stesso tempo non distolgono l’interesse dal focus principale. Il tema del dolore è centrale all’interno della sua ricerca artistica. Aldo Salucci ci ha raccontato il suo punto di vista sull’argomento e il motivo che sta dietro alla scelta di questo focus per il ciclo di opere presentate in mostra.

  Foto: Courtesy A.MORE gallery e Mattia Mognetti

Il dolore è in ognuno di noi, è intorno a noi: basta soffermarsi un attimo per sentirlo. Per una cosa o per l’altra ci accompagnerà in tutta la nostra esistenza. Per non farci sopraffare bisogna talvolta rivolgere lo sguardo altrove, alle cose che ci rendono felici ma mai voltare le spalle alla nostra sofferenza o a quella di chi ci circonda; mai negarla o sminuirla. Penso sia questo il segreto per avere una vita equilibrata e reale.

È come se le opere di Salucci ci ponessero davanti a uno specchio. Siamo obbligati a osservarci anche sotto aspetti e lati della nostra persona che tendiamo a ignorare perché troppo dolorosi. L’artista ci dice invece di affrontare le paure e i mali che spesso teniamo celati anche a noi stessi. Salucci lancia un messaggio importante: è impossibile sfuggire al dolore, per questo dobbiamo affrontarlo.

L’intervento dell’artista non è concluso. Tutte le ferite e le lacerazioni delle neoplasie, vengono poi “ricucite a mano” dallo stesso artista, applicando l’antica tecnica giapponese del kintsugi. Il termine significa letteralmente “riparare con l’oro” ed è proprio quello che fa Salucci. Dipingendo sulla fotografia con del pigmento di colore oro, l’artista separa la parte malata da quella delle cellule sane. La demarcazione credo possa essere vista sotto duplice aspetto: sia di ricucitura della ferita, quindi di collegamento tra le due parti, sia di separazione e quindi distinzione tra malato e sano. Salucci spiega:

Il kintsugi è una metafora della vita e con l’oro che mette in evidenza una rottura senza nasconderla ci porta a riflettere che ogni cambiamento è un passo in avanti anche quando si cade. Questa arte mi è da sostegno nella rappresentazione della più temuta delle paure umane ovvero la malattia. Desideravo sottolineare come le ferite possano renderci, in qualche modo, più “pregiati” e ad esortare di non nasconderle mai perché fanno di noi delle persone speciali e uniche.

La mostra porta inevitabilmente il visitatore a interrogarsi sulla vita, su come esperienze traumatiche del passato lo abbiano segnato e di quanto sia importante accettarle come parte di sé per evolvere e mutare. Lo scopo è l’accettazione delle proprie cicatrici e fragilità, considerate come punto di ineccepibile forza.

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