CRONACHE DA UNA NICCHIETTA CEMENTATA

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Nelle ultime settimane abbiamo visto spuntare ovunque interventi di street art a tema Covid-19: medici supereroi, mascherine e rotoli di carta igienica hanno invaso i muri di mezzo mondo, mettendo tutti d’accordo. Un intervento fra molti però ha suscitato l’effetto contrario; Hogre invade con la sua arte un anfratto di una cisterna nel parco degli acquedotti romani, Repubblica ci scrive un articolo scatenando una caccia alle streghe ma, incredibilmente, anche molte riflessioni da parte di tecnici ed esperti di settore.

Conosco bene il percorso dell’artista Hogre, quindi non mi accontento di ciò che mi suggeriscono i quotidiani nazionali, ma avvio un ricco scambio di informazioni e confronti con artisti, direttori di musei, storici dell’arte e tecnici specializzati, tentando di andare a fondo nella questione. Quello che ne esce ha dello straordinario, arrivando a mettere in discussione la stessa logica tecnocrate e conservatrice delle soprintendenze, comune a molte città d’Italia.

Quanto ne segue vuole essere un simpatico escamotage narrativo che permetta a queste opinioni di venire alla luce, pur mantenendo l’anonimato dei suoi promotori che, ricoprendo cariche pubbliche, non possono esternarle apertamente. Vi lascio alla lettura con l’augurio che un giorno ci si possa trovare un Rosario alla direzione di ogni museo e patrimonio culturale italiano.

Come praticamente chiunque in questo periodo, mi ritrovo ad avere contatti col mondo esterno solo attraverso lo schermo del computer. Faccio più aperitivi che mai, anche con amici lontani che non vedo da moltissimo tempo e sono troppe le birre che bevo, brindando seduto alla scrivania della mia camera. È proprio durante una di queste occasioni che mi sono ritrovato a bere con Rosario, un amico romano col quale ho condiviso diverse avventure. Chiacchierando del più e del meno e trovandoci a corto di argomenti, Rosario se ne esce dicendomi grossomodo così:

“Matté ma senti una cosa, tu che bazzichi nella street art, hai sentito di quella storia successa a Roma? Di quell’artista che ha dipinto sul muro dell’acquedotto?”

 

L’artista a cui si riferisce Rosario è Hogre, un poliedrico artista italiano noto per le sue forti prese di posizione che, già in passato, hanno fatto parlar di lui sui quotidiani nazionali. È complicato inquadrare Hogre come semplice street artist o writer perché la sua produzione è complessa ed articolata, toccando più ambiti, che vanno dalle origini nei graffiti e stencil, al subvertising* e net art, fino alla pittura e grafica. Recentemente, un articolo molto ben argomentato di Repubblica ha scatenato un gran polverone su di lui, per un intervento situato all’interno di una cornice molto particolare; ma andiamo avanti con l’aperitivo.

Dico la mia a Rosario:

”Impossibile non averne sentito parlare. Sui social tutti quanti si sono giustamente accaniti su Hogre, per essere uscito di casa durante la quarantena ed essere andato a dipingere l’ennesima originalissima immagine di due persone con la maschera antigas. Una cosa mai vista eh? – gli commento gagliardo – E poi, come se non bastasse, ho letto che l’ha pure fatto su di un muro storico della cisterna dell’acquedotto romano. Non è lo stesso che compare ne ‘La grande bellezza’, quello della tipa che ci sbatte contro per fare una performance? Ma dico io, come gli viene in mente di spiattellare un’immagine così fortemente correlata ai brutti tempi che stiamo vivendo, su di un muro tanto antico e monumentale? Ma non lo poteva fare in un centro sociale o in qualche brutto palazzo della periferia da riqualificare? Quello è il posto della street art. Passi la volta che ha messo i nasi rossi sui manifesti elettorali di Berlusconi, gli abbono anche quando ha criticato i preti con quei manifesti scabrosi fuori dal vaticano, ma questa volta Pierino l’ha proprio fatta fuori dal vasino**.”

Il mio amico, che Roma la conosce un po’ meglio di me, tutto dubbioso dà un sorso di birra e mi replica:

“Beh si. Forse tu hai ragione Matté, poi di street art ne sai sicuramente più di me che sono un ignorante in materia, però lasciati raccontare due cose sul Quadraro che è il mio quartiere e lo conosco bene. Vedi, quel muro proprio storico non era, ma una gettata di cemento e foratini buttati lì per chiudere la cisterna. Se non mi sbaglio l’hanno costruito tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli ‘80 per evitare che i tossici ci entrassero a bucarsi. Non è stata una scelta molto felice visto quant’era brutto e fuori contesto; se ci pensi potevano farci un cancelletto che sarebbe stato sicuramente molto più in armonia coi colori e la cornice della cisterna. Io passo da quel parco tutti i giorni per portare Santo, il mio cane, a fare i suoi bisogni e quel muretto ti posso assicurare che non era immacolato. C’era un disegno fatto male, nomi d’innamorati e un’enorme scritta FORZA LAZIO. Da buon romano ti dico che Hogre non poteva far peggio di com’era e lo preferisco di gran lunga adesso. Se vogliamo parlare del fatto che sia uscito durante la quarantena e delle polemiche delle persone, ti dico anche st****zi. Ora sono tutti nervosi ed incattiviti dalla vita, pronti a fare gli sceriffi per sentirsi migliori di quanto in realtà non siano. Nei giorni prima che uscisse quell’articolo al Quadraro nessuno si lamentava di quel disegno, anzi era piaciuto parecchio. Gli scattavano foto e lo condividevano sui social poi, magicamente, dopo l’articolo si sono tutti allineati sul fronte opposto. Alcuni amici miei e pagine di quartiere hanno addirittura cambiato i testi ai loro post, facendo partire la caccia alle streghe. Ma quanto vuoi che contino queste opinioni? Se poi consideri che i social amplificano tutto. Mah! Non so che pensare. Che poi, a dirla tutta, quando quel disegno è comparso ancora nei parchi ci si poteva andare. Quel pomeriggio passai di lì con Santo mentre lo stavano dipingendo e mi soffermai a guardare per un po’. C’era tanta gente ad osservarlo con me, alcuni si fermarono pure a parlarci e a fargli i complimenti. Io no, mi vergognavo e rimasi seduto nel prato. Voglio credere che un artista degno di questo titolo, abbia avuto più paura della sospensione dei propri diritti da un giorno all’altro che del virus. Con questo non lo giustifico, ma lo comprendo.”

 

Un po’ sconcertato e un po’ sbronzo replico forte della mia convinzione:

“Ho capito Rosà! Però in quella cornice, con quei muri che già erano meravigliosi, che c’azzecca Hogre?”

E di nuovo lui:

“Matté ma davvero non ti piace neanche un po’ quel contrasto che si crea? Non capita spesso di vedere qualcosa di antico esattamente a fianco, anzi intorno, ad una roba così contemporanea. Oserei dire iper-contemporanea, visto quanto è attuale. Se l’avesse fatto da qualsiasi altra parte non avrebbe avuto la stessa potenza, ma sarebbe stato solo un esercizio di stile. Poi, da qual che mi insegni, l’arte è tale solo quando smuove qualcosa nelle persone e non te pare che quello stencil abbia smosso più di uno tsunami? Anche solo io e te che ne stiamo parlando adesso; guarda in quanti si sono resi conto che quella cisterna esiste grazie a ‘sta storia. In questi giorni ho letto pure opinioni di archeologi, storici e direttori di musei che iniziano a mettere in discussione l’approccio puramente conservatoriale delle soprintendenze. Io non ne ho idea, ma mi pare buono che finalmente si inizi a smuovere qualcosa che vada oltre all’idea di città museo per turisti mordi e fuggi, no? Che si torni a creare e non solo a conservare, pure male, cose che non abbiamo minimamente contribuito a costruire, ma abbiamo solo avuto la fortuna di ereditare. Com’era la storia dei nani sulle spalle dei giganti? Forse manco più i nani ci son rimasti. Solo i pidocchi.”

Ormai umiliato, sbronzo ed innervosito, sbotto:

“Vabbè! Però l’immagine l’ha copiata da una foto della Grande Guerra che ho già visto su Instagram! Manco fossimo in guerra!! ORIGINALITÀ ZERO!!!”

 

 

Se siete interessati ad approfondire l’argomento segnalo a questo link una tavola rotonda “a distanza” promossa da Archeomitato, che si è tenuta in data 02/04/2020 per condividere delle riflessioni scaturite dall’intervento di Hogre.

*Termine derivante dalla crasi dei vocaboli anglosassoni subvert (sovvertire) e advertising (pubblicità), indica la pratica di “vandalizzazione creativa” di manifesti pubblicitari e forma di culture jamming (sabotaggio culturale) adoperata da diversi collettivi e movimenti contro il sistema consumistico della società e il monopolio della pubblicità nello spazio visuale urbano. (Fonte: treccani.it)

**Riferimento tratto da un articolo su Hogre del 2017, firmato dalla medesima giornalista, su Repubblica.

 

 

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