“Streams of Spleen”, i flussi emotivi di Shahryar Nashat a Lugano

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“Streams of Spleen” al MASI Lugano, la mostra personale più ampia di Shahryar Nashat in Svizzera, curata da Francesca Benini, si immerge nelle profondità dell’esperienza umana. Dal 17 marzo al 18 agosto 2024, la sala ipogea del museo si trasforma sotto la visione di Nashat, che con nuove opere aderisce alla sala mutando la sua stessa essenza in un campo di esplorazione multisensoriale, un’indagine “fisica” e “sensibile” dei meccanismi percettivi.

Nashat, nato a Ginevra nel 1975, oggi vive a lavora a Los Angeles, ed ha già esposto in templi sacri dell’arte contemporanea come l’Art Institute of Chicago, il Centre Pompidou a Parigi e il Walker Art Center a Minneapolis. La sua ricerca ruota attorno alla riflessione profonda sul corpo umano e sulle sue molteplici rappresentazioni e percezioni. Corpo come sito di desiderio, ma anche come oggetto di frammentazione e vulnerabilità. Nashat utilizza materiali diversi, dall’industriale al quotidiano, per indagare e rappresentare il corpo in modi non convenzionali, spesso incorporando elementi di umorismo e erotismo per sfidare le percezioni convenzionali e invitare a riflessioni più profonde sulla materialità e l’immagine. “Bone In“, una delle sue più celebri serie di sculture, rappresenta un esempio emblematico del suo interesse per questi temi. Attraverso l’uso di polimeri sintetici e altri materiali, Nashat crea opere che simulano la carne e il corpo in modi che provocano sia attrazione che disagio, ponendo domande sulle dinamiche di desiderio, consumazione e identità.

Il richiamo sicuramente più vicino è l’opera di Marc Quinn, con i suoi “Flesh Paintings”, grandi tele che allo stesso tempo attraggono e respingono, e che incarnano per Quinn l’accettazione della dualità intrinseca alla condizione umana: una dicotomia tra attrazione e repulsione, piacere e disgusto, che riflette le complesse relazioni che abbiamo con il nostro corpo e con il concetto di carne, sia nel contesto alimentare che artistico.

Shahryar Nashat
Lover_03.JPEG (dettaglio), 2022
Gel acrilico, inchiostro su carta, legno
compensato
Courtesy David Kordansky Gallery, Los
Angeles/New York. Photo: Jeff McLane
© the artist

Le esperienze di Nashat però non si limitano alla tela, ma sono sinestetiche: originariamente formatosi in video e fotografia, è Nashat è stato incoraggiato a esplorare la scultura dopo il suo trasferimento a Berlino, una transizione ha portato a una pratica che integra scultura e video per creare narrazioni immersive che sfidano le convenzioni spaziali e percettive, e che che stimolano riflessioni su temi quali desiderio, mortalità ma anche la natura stessa dell’arte, in una sorta di “metaesposizione”. L’arte viene usata per indagare le proprie dinamiche espositive, dove le contraddizioni e la retorica che spesso caratterizzano gli spazi espositivi istituzionali portano ad un “inganno” sia concettuale che materico.

In questo senso, il titolo dell’installazione al MASI di Lugano, “Streams of Spleen” è evocativo e polisemico, suggerendo una molteplicità di interpretazioni. La parola “streams” fa riferimento a flussi o correnti, che possono essere intesi sia in senso letterale, come movimenti continui di acqua, sia in senso figurato, come flussi di coscienza, di emozioni o di energia. Il termine “spleen”, invece, porta con sé una ricchezza di associazioni culturali e storiche: nel contesto medico, lo “spleen” è un organo del corpo umano, coinvolto nel sistema immunitario e nella purificazione del sangue, ma tradizionalmente è stato associato anche a funzioni emotive, in particolare quelle legate alla malinconia e all’irritabilità; nella letteratura, specialmente in quella romantica e simbolista, il termine “spleen” è stato usato per descrivere uno stato d’animo cupo, un sentimento di malcontento o una profonda insoddisfazione esistenziale.

Veduta dell’allestimento “Shahryar Nashat.
Streams of Spleen”, MASI Lugano, 2024
Foto © MASI Lugano, fotografo Luca Meneghel

“Streams of Spleen” allude quindi ad un flusso di stati emotivi, un movimento continuo di sentimenti e sensazioni che riflettono le contraddizioni della percezione nel quotidiano, dove la sovrabbondanza di stimoli e informazioni provoca una reazione simile alla noia e al disagio indicati dalla parola “spleen”. L’esperienza è un percorso in cui il visitatore è immerso in questi “flussi” emozionali, sperimentando sensazioni che possono essere difficili da articolare ma sono potenti nella loro presenza fisica e psichica.

L’intero pavimento è coperto da piastrelle viniliche e l’illuminazione è stata sapientemente modificata per alterare l’atmosfera. Una struttura centrale, con il soffitto basso, domina la sala, costringendo i visitatori a entrare e immergersi in un’atmosfera resa ancor più intensa da un suono lamentoso che accompagna il percorso espositivo. Il fulcro dell’esposizione è il nuovo video “Streams of Spleen” (2024), proiettato in loop su una grande parete di schermi, che invita a considerare il mondo dalla prospettiva animale, con i lupi che si stagliano come protagonisti di questa narrazione visiva.

Veduta dell’allestimento “Shahryar Nashat.
Streams of Spleen”, MASI Lugano, 2024
Foto © MASI Lugano, fotografo Luca Meneghel

La rappresentazione digitale dei lupi, con la loro anatomia evidenziata da linee e forme geometriche, si proietta oltre la superficie bidimensionale degli schermi, suggerendo un’indagine sul confine tra l’analogico e il digitale. Il punto di osservazione dell’installazione offre una prospettiva unica: il visitatore si trova fisicamente al di fuori ma visivamente all’interno di questo spazio condiviso con le figure lupine, in un dialogo immaginario tra spettatore e opera d’arte. La configurazione dello spazio incoraggia una riflessione interattiva, permettendo al pubblico di confrontarsi con le questioni poste dall’artista sull’esperienza umana nell’era digitale, sul rapporto con la natura e sulla condizione dell’essere in un mondo mediato dalla tecnologia.

All’interno dell’installazione poi, ritornano qui prepotentemente le opere della serie “Bone In”, che evocano processi dell’industria alimentare, e le sculture in fibra di vetro Boyfriend_14.JPEG”, “Boyfriend_15.JPEG” e “Boyfriend_16.JPEG”, che combinano elementi carnali con forme geometriche, esprimendo vulnerabilità e vitalità. Le opere “Brother_03.JPEG” e “Brother_07.JPEG” esplorano ulteriormente il tema del corpo attraverso rappresentazioni di casse toraciche, mentre le sculture in marmo “Hustler_23.JPEG” e “Hustler_24.JPEG” dialogano con la tradizione artistica, evocando la memoria storica del materiale e la sua capacità di rappresentare il corpo umano. Gli elementi sono sospesi in una sequenza quasi rituale, imprimendo nello spazio una tensione tra l’artificiale e il biologico.

Veduta dell’allestimento “Shahryar Nashat.
Streams of Spleen”, MASI Lugano, 2024
Foto © MASI Lugano, fotografo Luca Meneghel

Nel complesso, l’installazione è una coreografia spaziale di elementi scultorei e multimediali, di forme e tecnologie che coinvolgono lo spettatore in una narrativa visiva e acustica. La luce dall’alto, filtrata dai soffitti a griglia del museo, accentua la teatralità dell’ambiente e mette in risalto la scelta cromatica e materica dello spazio. Elementi tridimensionali color ambra e rosa pallido giacciono sul pavimento, offrendo una risposta tangibile alla dominante verticalità delle colonne circostanti.

La mostra è accompagnata da un catalogo concepito come un’opera d’arte a sé, realizzato in collaborazione con il graphic designer Sabo Day e lo scrittore Kristian Vistrup Madsen. Attraverso 17 capitoli, questa opera editoriale offre una riflessione poetica sull’esistenza umana e sul significato di essere artisti oggi.

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