L’ipercromia fluorescente dell’arte ultra-contemporanea

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Esistono oggi, in pieno terzo millennio, tecniche tradizionali e sperimentali, alla pittura, al disegno, alla scultura si intrecciano l’istallazione, la fotografia, la video art, la digital art, la performance, usate separatamente o tutte insieme, comunque nello stesso momento storico, nessuna di esse è più novità ma sono tutti strumenti da usare liberamente. Sono ormai materiale per una grande tela concettuale che è la poetica dell’artista, dalla tavolozza al materiale per l’immaginario, che può non avere limiti. 

Si fa presto a notare, che questa eterogenea convivenza di stili ha un comune denominatore, una caratteristica derivata forse dalla Pop art da artisti come Roy Lichtenstein, ma anche da alcuni pittori figurativi del secondo Novecento, personalità liberamente erranti tra le correnti come David Hockney o Kurt Heppke, l’uso di colori carichi e molto luminosi, una sorta di Ipercromia, rubo dalla terminologia medica questa definizione, là dove il suo significato scientifico è legato proprio all’eccessiva carica di pigmentazione sull’epidermide, che in pittura è la superficie della tela, ma che può essere nel terzo millennio qualsiasi spazio bidimensionale o multidimensionsale, reale o virtuale che sia. 

Scorrendo la produzione di molti artisti attuali, possiamo subito renderci conto di come quella cromia accesa, ai limiti della fluorescenza, ereditate anche delle ultime correnti espressioniste che hanno lavorato sottoterra nel corso degli anni della non-forma, sia poi maturata in una luminescenza viva, che diventa fluorescenza esplosiva e travolgente, spesso su grandi dimensioni e con l’utilizzo delle più disparate tecniche.

Possiamo quindi avanzare la proposta che questo comune denominatore al di sopra degli stili è la nuova tendenza nell’arte, che sia essa pittura, scultura o istallazione statica o dinamica, foto o video, graphic art o digital art. L’Ipercromia prende con prepotenza il suo posto nell’intento creativo degli artisti del terzo millennio, contagiandoli, catturando il loro interesse, stabilendo un nuovo ordine tonale nel loro immaginario e l’effetto scaturito è avvolgente, attrattivo, cattura lo sguardo di chiunque si offra alla fruizione di questo tipo di produzione e a noi non resta che prenderne atto.

David LaChapelle, He Falls for the First Time, Los Angeles, 2023-©David LaChapelle

A suffragio di quanto si sostiene in questo scritto teorico, sono numerose le testimonianze trasversali, di cui citeremo solo alcuni nomi di artisti operativi in vari ambiti dell’arte e distribuiti in tutto il mondo, partendo da uno dei precursori di questa esplosione, David LaChapelle, fotografo e registra americano. Le sue foto presentano queste tonalità accese, come se dai corpi e dagli sfondi irradiasse luminescenza.

Interessante il lavoro in tal senso di Michael Kutsche, artista tedesco che lavora sulla produzione digitale animata, con soggetti surreali appartenenti ad un mondo in cui l’umanità è andata in frantumi e la vita è prerogativa di soli esseri meccanici, automatizzati più che animati perché risultano essere privi di anima e abitanti un mondo velenoso, in cui l’atmosfera è soffocata dai fumi di acidi chimici. Si vedano lavori come Clunker Carnival o come Dead poets don’t cry.

In pittura questa rivoluzione cromatica è evidente in tanti interpreti, ma qui ne cito due, entrambi giapponesi. Il primo è Ryo Kato, pittore giapponese ma berlinese di adozione, costruisce paesaggi extra-urbani, o in cui la dimensione metropolitana è intuibile sullo sfondo, dove è in atto una sorta di attacco armato di qualche forza militare umanoide o aliena. Esseri ibridi che commettono azioni normali combinate ad azioni totalmente visionarie, come sparare un raggio laser rosa, succede nell’opera Der dritte Weltkrieg. Vibra in questo pittore l’Ipercromia, segno di una de-naturalizzazione dell’ambiente, ormai totalmente compromesso e totalmente inabitabile. 

Takeshy Yokoshima, #May 2022 545mm×545mm #Acrylic on paper × digital

Un lavoro diverso quello di Takeshy Yokoshima, dedito alla rappresentazione di cromie informi ma armoniche, come se l’Informale fosse tornato dalla metà del Novecento per prendere parte a questa degenerazione acida, facendoci guardare al suo interno, ora che la tecnologia ce lo permette, tramite tecnologie di ricerca biologica avanzatissime che hanno sostituito i rudimentali microscopi, mostrandoci i nuclei di particelle che compongono l’epidermide ed è quello che avviene in Lilac turquoise with gold abstraction.

Potremmo scrivere pagine infinite sulla quantità di artisti che lavorano in tal senso, ma in questa sede ne citerò solo un altro, da risaltare per il tipo di lavoro che fa, assolutamente originale e diverso, ma che comunque rientra in questa guerra tra luminescenze e fluorescenze. Non può essere schedato tra i pittori o gli artisti digitali, la sua è un’attitudine sicuramente analogica e il suo è un lavoro da matematico/meccanico: James Nolan Gandy, artista statunitense, costruisce macchine da disegno, automazioni meccaniche che producono forme tramite un movimento continuo, regolato da bilancieri e ingranaggi. L’effetto ricorda la spirografia infantile, quella degli stampini di plastica per creare forme geometriche ripetitive, ma in questo caso parliamo di forme ripetitive non per forza concentriche e di grandi dimensioni. Le immagini finite sono un capolavoro di psichedelia visuale, vedere il macchinario tracciare queste linee è assolutamente ipnotico e la scelta cromatica dell’artista è contemporanea e del tutto annoverabile nel contesto ipercromatico. 

In conclusione credo che questa sia una tendenza assolutamente da indagare, molto persistente nelle ultime generazioni artistiche e sicuramente distintiva di una poetica ben collocata nel suo tempo, tra beni di consumo distribuiti su larga scala e guerre definitive all’orizzonte.

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