CACAS. Non è tutto oro quel che luccica

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C’è anche Oliviero Toscani ‘collegato’ in video con noi visitatori da dentro un classico bagno chimico Sebach. E ci racconta quanto la cacca “sia personale e sia ogni volta un’opera d’arte”.

Ed effettivamente vuole avere un senso artistico questa mostra provocatoria del fotografo milanese che ci mostra, in modo molto luminoso, le differenti unicità di forma e di cromia di questo gesto fisiologico che accomuna tutti gli esseri viventi. Curata da Nicolas Ballario, alle pareti bianche e volutamente ancora industriali della Galleria Lampo, spazio artistico collocato nel cuore di un’area di archeologia post ferroviaria in zona Farini, “CACAS. Non è tutto oro quel che luccica” è una promenade al centro delle deiezioni animali (e umane) che assumono una luce necessaria ad infrangere il tabù della non pronunciabilità e dell’iconoclastia.

La promenade è composta da fotografie di grande e medio formato del guru che, solo lui, poteva affrontare una serie tematica dedicata alle deiezioni e contornarle di un’aura artistica: vengono in mente le parole di Walter Benjamin che sugella la sensazione mistica che si ha di fronte alla presenza materiale di un’opera d’arte originale. Nel caso di CACAS, non siamo di fronte alla materia originale del soggetto artistico (ma è come se lo fossimo) e sicuramente l’osservatore prova una sensazione di spaesamento prima e di attenta vicinanza poi.

Ci teniamo a sottolineare che alle pareti ci sono vere opere d’arte, affascinanti e ammantate di legittima serietà: e qui forse sta l’elemento di maggiore grandezza di Toscani, ovvero quello di aver reso un tema facile al divertissement in un elemento artistico ed estetico. Se uno dei mantra del celebre fotografo è quello che “l’arte può rendere affascinante qualsiasi cosa”, alla Galleria Lampo siamo di fronte a fotografie realmente affascinanti grazie alla pulizia assoluta e asettica dello sfondo, grazie all’evidenziazione del dettaglio e grazie anche a questa proposta formale che sembra proiettare gli escrementi in un’ideale orbita spaziale sfolgorante.

Infine, chi visita la mostra non può non pensare ad almeno due illustri precedenti sul tema, uno artistico e uno musicale. Era il 1961 quando Piero Manzoni produsse le 90 scatolette per la serie delle “Merda d’artista” e qualche anno più tardi Fabrizio De André, in “Via del Campo, immortalava una delle vie più famose del centro storico genovese rendendone eterna l’essenza con un magnifico distico:

Dai diamanti non nasce niente
Dal letame nascono i fior.

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