Building Gallery presenta la nuova mostra di Sean Shanahan

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Delicata e potente è la nuova mostra che Building Gallery presenta fino al 25 marzo nei suoi spazi, dove le opere di Sean Shanahan sono curate da Luca Massimo Barbero.

D’improvviso lo spazio bianco diventa nero. Avvolto nell’oscurità manifesta delle pareti e delle grandi opere dai toni cupi, che lasciano solo un centro vuoto e aperto. Anch’esso nero. Eppure, la luce è sempre presente entrando dalle vetrate e dalle finestre della galleria. Il nero incombe, memoria di sostanze viscose come il petrolio, di notturno che avvolge nella sua “danza macabra”. Tuttavia, nonostante rappresenti la negazione del colore è il risultato della combinazione di tutte le tinte insieme; e se nella cultura materialista occidentale l’associazione è quella con l’ignoto e con gli eventi luttuosi e con le ritualità collettive previste, a Oriente ha un’accezione diversa, in quasi tutte le occasioni positiva.

Installation view - BUILDING_Sean Shanahan_Installation view. Ph. Luca Casonato
Installation view – BUILDING_Sean Shanahan_Installation view. Ph. Luca Casonato

Occorre partire da qui per parlare della mostra delicata e potente che Sean Shanahan (Dublino, 1960) ha pensato per gli spazi di Building Gallery, Cuore a fette curata da Luca Massimo Barbero, visitabile fino al 25 marzo 2023.

IL CUORE A FETTE DI SEAN SHANAHAN

Una mostra elegante e raffinata, che si presenta con le sue linee essenziali e severe.

Il linguaggio apparentemente austero rivela un cuore emotivo e emozionale. Il layout espositivo è organizzato intorno a capitoli che si avvicendano sui tre piani dello spazio. Se il piano terra altera il tradizionale white cube con la presenza del nero anche sulle pareti, in quelli superiori le opere trascinano in un’esplosione di colori brillanti e decisi come nel secondo capitolo “Hysterical Aftermath”

LA DISARMANTE PRESENZA DELLA PITTURA

Luca Massimo Barbero curatore della mostra evidenzia il concetto di frontalità della pittura, nonostante la presenza delle opere tridimensionali realizzate in MDF, che sanciscono l’occupazione fisica dello spazio. Un supporto difficile dal punto di vista tecnico (per via della sua difficoltà di assorbimento del colore), che lascia un’apertura centrale. Un vuoto che a tratti si allarga, altre volte si restringe, e ancora sfonda la parete nell’ultimo episodio “sub specie aeternitatis”, al terzo piano, in prossimità delle vetrate. Quello sfondamento permette lo sguardo attraverso di esso, permette l’ingresso della luce, e accoglie lo spettatore nella levità dell’atmosfera rosea. 

Sean Shanahan e Luca Massimo Barbero. Ph. Simone Panzeri
Sean Shanahan e Luca Massimo Barbero. Ph. Simone Panzeri

Sta tutto qui, nella disarmante presenza della pittura che obbliga il pubblico sfuggente a rallentare il passo, il senso dello sguardo, nel hic et nunc. Non è una ricerca spasmodica (visiva e fisica) intorno alle asperità di architetture o presenze, ma è piuttosto un’attesa che si realizza proprio nel momento in cui lo sguardo resta fisso. Nell’immobilità dei corpi che sfidano la corrente del flusso liquido baumaniano, dove i confini sono mobili e instabili. 

La mostra obbliga il pubblico a guardare attraverso, iniziando dalla fine – l’oscurità – per procedere verso l’alto (reale e metaforico), e verso un’altrove ancora sconosciuto (l’aldilà). Nella sobrietà perturbante delle opere, i vuoti nel supporto, e l’uomo contemporaneo inghiottito dalla velocità che contraddistingue l’epoca postmoderna, si affermano i principi fondamentali della vita e della morte. Ecco, l’unica certezza che denuncia la menzogna umana di aspirazioni verso una presunta immortalità (almeno fino a oggi non ancora realizzata). E restituisce un altro altrove in cui l’esistenza recupera quell’umanità, quanto mai necessaria, in tempi complicati e pieni di conflitti (armati, sociali, culturali) come quelli attuali.

Installation view – BUILDING_Sean Shanahan_Installation view. Ph. Luca Casonato

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