Le tecniche Doodle e Scribble nel lavoro di Joseph Klibansky e Hom Nguyen.

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Nell’universo “ultra-contemporaneo”, la propensione all’utilizzo di determinate tecniche inusuali, genera intuizioni che possono dare grandi risultati.

Queste intuizioni identificano spesso uno stile, un metodo di lavoro che caratterizza la produzione di un determinato artista o di un gruppo di artisti, uno stile che, possibilmente, si somma agli stilemi che già caratterizzano un determinato genere, dando vita di fatto ad un nuovo sottogenere, è il caso delle tecniche Doodle e Scribble, la prima utilizzata spesso negli ambiti della Neo-Pop Art, come componente caotica e rappresentativa di ambienti metropolitani; la seconda è caratteristica di un genere figurativo molto attuale in cui le pulsioni ordinate ed iperrealiste stanno attuando un evidente giro di boa, virando verso le ultime nuove tendenze espressioniste, anche in questo caso caotiche, ma non ancora tanto da disintegrare le grazie della forma umana.

Beyond the Clouds – Painting (gold/black, lilac and turquoise splash), 2021 by Joseph Klibansky

Nel lavoro tecnicamente complesso e completo di Jospeh Klibansky, artista di origini sudafricane ma naturalizzato olandese, riconosciuto ormai a livello internazionale e che meriterebbe una serie di approfondimenti per la quantità di tecniche ultra-contemporanee che mette in pratica nella sua produzione, si fa ricorso spesso ad uno stile grafiti, tipico del Neo-Pop, tavole su cui campeggiano disegni doodle apparentemente veloci, fatti con una penna o un pennarello, come quando si parla a telefono e si tracciano inconsciamente segni,  forme ripetitive, o mentre si è seduti al tavolo di un bar bevendo un caffè con un amico facendo quattro chiacchiere e si disegna su di un tovagliolino di carta.

Spesso questi disegni vengono bene e decidiamo di trasferirli su una superficie più grande, vandalizzando le pareti di un bagno pubblico, o i muri della città, con pennarelli neri dalle punte 15 mm, ma nel caso di Klibansky questa tecnica veloce, la troviamo campeggiare su grandi tele, come in On the age of something beautiful del 2016, in cui lo sfondo giallino sembra suggerire che siamo difronte ad un gigante post-it di 160 cm per 160. O come nel 2022 Clouds on Fire, in cui bozze di uno studio di disegno anatomico su statue classiche, finiscono per essere abbandonate per altre idee sopraggiunte, fino a trovarsi irrimediabilmente avvolte da linee confuse, nuove idee per un fumetto Manga, nuvole piangenti, farfalle e fiori abbozzati rapidamente.

On The Edge Of Something Beautiful, Courtesy of the Artist

L’impatto è decisamente affascinante, la scelta di una moderata ipercromia espressionista, ormai elemento costante nel mondo ultra-contemporaneo, sparpagliata a disegnare altri bozzetti sullo sfondo, rende una sensazione di grande equilibrio, nonostante l’enormità del caos rappresentato. La stessa cosa succedeva in un precedente lavoro del 2020, Forever Mine, o in un lavoro ancora precedente, Villains in my Head, dove la linea a tratti sembra ancora più indecisa, sporcata da cancellazioni grossolane, ma in fin dei conti una superficie in cui tutto quello che sembra disordine casuale, disegno passatempo, compone invero un lavoro ben definito, sporco ma raffinato, totalmente immerso negli umori e nei bagliori acidi del terzo millennio Neo-Pop.

In tal senso, cercando di sintetizzare il più è possibile la massiccia quantità di lavori che ci sarebbero da analizzare di Klibansky, osserviamo l’ installazione immersiva Walking inside my painting, presentata a Guangzhou nel 2019, in cui l’attitudine doodle invade lo spazio, come in una sorta di realtà virtuale ma totalmente analogica. Le linee nere del pennarello sembrano fuoriuscire dalle superfici disegnate e fissate alle pareti, ne rompono i confini marginali e si intrecciano formando nuovi disegni di vario stile, in un vero e proprio delirio antistress, arrivando a ricoprire in velocità e per intero pareti, pavimento e soffitti, come in una vera immersione 3D  all’interno di in un tunnel spazio-temporale durante un viaggio interstellare. Tramite i disegni doodle, Klibansky, indaga lo spazio reale, ma sembra non essere sufficiente a contenere questa irrefrenabile forza segnica e costruttiva e per la sua evidente voracità sperimentale oltre che spaziale, possiamo tranquillamente immaginare il suo lavoro tra qualche anno in una dimensione totalmente virtuale, non finita come quella reale, un luogo in cui tutte le sue pulsioni dinamiche Neo Pop possano trovare una giusta collocazione in un moto perpetuo e costante, senza alcun limite imposto dal peso fisico delle pareti e dell’atmosfera stessa.

Hom Nguyen

Un lavoro diverso, ma comunque ultra-contemporaneo, lo porta avanti Hom Nguyen, collocandosi nella sua nicchia di pittura figurativa di stampo iperrealista, ma cercando l’altissima definizione tramite la tecnica dello scarabocchio, un metodo di fare ritratti conosciuto sul web con il nome di Scrible Art e che ha molto a che fare, anche in questo caso, con il passatempo. Basterebbe in effetti un foglio ed una penna a sfera per abbozzare delle forme scarabocchiando per passare il tempo durante un viaggio, o in una sala d’attesa, ma gettando uno sguardo sui lavori di questo pittore francese di origini vietnamite, ci rendiamo conto che siamo in presenza di qualcosa di più di un semplice scarabocchio. 

Come suggerito nella parte introduttiva di questo testo, questo stile adottato da Nguyen è un ponte tra l’Iperrealismo e un Nuovo Espressionismo, quello appunto ipercromatico, in cui la perfezione fotografica del dipinto, tende a disintegrare la propria epidermide levigata per riportare la pittura ad uno stadio che più gli appartiene e in cui può essere considerata tale e non un semplice esercizio di stile, un’accademica quanto inutile e fredda competizione con la fotografia digitale, che in quanto a rappresentazione della realtà è e resterà imbattibile sia dal punto di vista della resa che dal punto di vista del tempo. 

Icare, Hom Nguyen, 2022

I suoi quadri sono impressionanti, un capolavoro di definizione ottenuta solo ed esclusivamente con lo scarabocchio tramite l’utilizzo di pennarelli, oli, acrilici, smalti, pastelli, penne ottenendo effetti e risultati differenti a seconda dei media utilizzati e giocando con gli spazi vuoti, o con meno presenza di linee in cui, a seconda del colore della superficie sottostante, risulterà essere la zona d’ombra o di luce.

A distanza non ci rende subito conto che a formare i dettagli, le sfumature, le ombre sui volti ritratti siano solo un groviglio di linee caotiche, solo avvicinandosi ad esse è possibile individuare la linea. Non c’è un disegno di base ma la linea dello scarabocchio lavora direttamente sulla superficie, andandosi ad addensare nei punti in cui bisogna risaltare un contrasto luminoso, un passaggio da luce ad ombra e viceversa. 

Lavori come la serie Icare, dipinte in pigmento bianco su tela nera, hanno una tecnica di scarabocchio molto più dolce, elegante e il passaggio della figura dal buio totale alla luce bianca è di una definizione da fare invidia ai sensori delle ultime mirrorless full frame, che in questo caso e solo in questo, nella rappresentazione della realtà ne riuscirebbero sconfitte grazie all’idea e alla perizia tecnica di Nguyen, che con un mucchio di linee abbozzate traccia volti e corpi in movimento ad altissima definizione. Fanno impressione in tal senso i volti di donna scarabocchiati in bianco su nero, ma anche i volti umani ipercromi su bianco, nello specifico Human e Woman, in cui la traccia dello scarabocchio è diversa, rendendo diversa la tensione psicologica del volto ritratto e l’aggiunta di colore denso accelera quella trasformazione da iperrealista ad espressionista tramite macchie, gocciolature e filamenti di colori primari.

Il tema di questi lavori è l’inclusione umana, effettivamente questi volti sembrano passare da un dimensione invisibile ad un’altra dimensione visibile, come in Human Inclusion in cui il segno è tracciato non più da una linea sottile e secca, ma da una pennellata di colore grasso, dando più l’impressione di essere una macchia e non un disegno, rendendo comunque ben visibile i dettagli del volto di una donna di origini africane, seppur il dipinto sia in bianco e nero. Un poco come in Relief, in cui il rilievo dello scarabocchio pennellato traccia i tratti e le ombre del volto di una bellissima e  giovane donna orientale. 

In alcune tecniche miste è evidente la tentazione che subisce nei confronti delle contemporanee cromie eccessive, colori luminosi e fluorescenti su fondo nero,  esplosioni che però, quando riesce a domare, rendono precisamente l’idea di una sopravvivenza, segni di dolce sofferenza, inquietudine e paura in questo passaggio dal prima invisibile al dopo visibile

Quello di Hom Nguyen è un lavoro immenso, ricco di tecnica ed istinto creativo, come il lavoro di Joseph Klibansky, facendo le dovute distinzioni tra generi profondamente diversi per tecnica e poetica, ma che in entrambi i casi è un lavoro nuovo, in cui ciò che sembra caos è in realtà una procedura, una scelta stilistica e tecnica, ordinata e ripetuta sistematicamente. 

In entrambi i casi il caos apparente delle tecniche complesse, oltre ad essere distintivo del loro stile,  non annoia mai lo sguardo, tutt’altro, lo invita a guardare e guardare ancora, a leggere tra quei segni un codice da decifrare, esplorare incuriositi i prossimi reperti umani, alla ricerca di segni distintivi del mondo ultra-contemporaneo.

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