Biennale, identità nazionale e colonialismo. I padiglioni di Danimarca e Montenegro

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Stranieri ovunque – Foreigners Everywhere a cura di Adrian Pedrosa, oltre che preannunciarsi come l’edizione della Biennale di Venezia focalizzata sulle riflessioni e sfumature dei concetti di straniero, esule, immigrato e rifugiato, non mancherà di approfondire ambiti di alcune realtà del mondo dove la complessità della storia politica e culturale delle nazioni si intreccia con i valori identitari Péadei popoli che le abitano.

Padiglione della Danimarca

È questo il caso del Padiglione Danese che esordisce con due importanti novità: la presentazione per prima volta di una mostra fotografica, dal titolo Rise of the Sunken Sun dell’artista groenlandese Inuuteq Storch (Sisimiut, 1989), altra novità dovuta al fatto di essere la prima persona nativa minoritaria della Groenlandia a partecipare per la Danimarca. L’esposizione, allestita ai Giardini e curata da Louise Wolthers, è commissionata dalla Dutch Arts Foundation.

La Groenlandia, colonia danese dal 1814, è un territorio sicuramente caratterizzato dalla storia complessa e travagliata a causa delle prevaricazioni che per secoli il governo della Danimarca ha perpetuato nei confronti dei nativi.

Inuuteq Storch, artista di etnia Inuit, con questo progetto vuole comunicare la storia del suo popolo dal proprio punto di vista, quello dei nativi, per ribaltare la percezione che il mondo ha adottato nei loro confronti da quando la loro rappresentazione è sempre stata data dallo sguardo dei visitatori, non degli abitanti della Groenlandia. Storch analizza, con questa prima presentazione dedicata alla fotografia, il concetto di decolonialismo attraversando con lucidità la grande complessità della storia, dei sentimenti delle identità nazionali, culturali e di quelle estremamente soggettive e personali.

John Møller, Inuuteq Mirrored, Portraits of Good Hope.

Attraverso lo studio e la selezione di fotografie, pensate per una composizione site specific dove si accostano foto storiche a fotografie della vita quotidiana attuale, l’artista invita alla riflessione in un continuo confronto e contrasto per ricollocare una più ampia definizione del concetto di Paese. Il progetto fotografico si suddivide in sezioni tematiche con le immagini della città natale di Storch, Sisimiut; le foto d’archivio riguardanti la sua famiglia e le fotografie storiche del primo fotografo professionista groenlandese, John Møller.

Inuuteq Storch, From the series Porcelain Souls.

Attraverso ambientazioni sonore e composizioni musicali, sarà presente un disco rosso diviso in due parti, a simboleggiare la bandiera groenlandese e un tramonto sui paesaggi ghiacciati. Un’operazione visiva che da un lato contestualizza i soggetti delle fotografie e dall’altra mette in scena un’operazione di riqualificazione del pensiero attraverso la potenza delle immagini e il raffronto spazio-temporale.

Darja Bajagić.

Padiglione del Montenegro

Altra riflessione sul concetto di identità, di sottoculture e di appartenenza ad un luogo e alla sua storia verrà approfondito dall’artista Darja Bajagić, selezionata per rappresentare il Montenegro per la Biennale di Venezia 2024 nella sede del Complesso dell’Ospedaletto. Con il suo progetto It Takes an Island to Feel This Good a cura di Ana Simona Zelenović e organizzato dal Museo di Arte Contemporanea del Montenegro, con la promozione del commissario Vladislav Šćepanović, Bajagić porta un altro punto di vista a partire dalla riflessione su memoria collettiva e patrimonio storico.

Darja Bajagić, Ex Axes – Mourning Star, 2021

Attraverso il linguaggio pittorico e scultoreo, l’artista affronta la complessa storia dell’isola montenegrina di Mamula, grazie ad una ricerca che ha condotto per due anni sull’isola e che l’ha vista studiare negli archivi di stato, consultare varie tipologie di fonti da quelle online, del dark web e dei vari media, fino ad ambiti che riguardano le religioni. Bajagić riesce a condensare nelle sue opere più strati di simbolo e significato sulla storia dell’isola di Mamula, al fine di smuovere riflessioni più generali con coraggio e senza mai banalizzare le questioni estremamente complesse.

Mamula è un’isola che ha visto dapprima la presenza dell’Impero Austro-Ungarico che vi costruì un forte e, successivamente, è diventata durante la Seconda Guerra Mondiale campo di concentramento dei fascisti. L’isola viene infine riqualificata dal 2016 grazie a finanziamenti arrivati dall’estero. Con le sue rappresentazioni articolate e ambivalenti, Bajagić dà vita a scenari dove le questioni filosofiche incontrano quelle del potere e della politica, inducendo lo spettatore ad interrogarsi sullo stato della società e dell’arte contemporanea.

Le questioni protagoniste si reggono sulla base dell’analisi della modernità formulata dal filosofo Giorgio Agamben. Vengono approfondite così le vicende che riguardano il male, sia nella storia sia nella contemporaneità, tramite raffronti e collegamenti al fine di dare, in secondo luogo, un significativo contributo alla promozione della cultura e dell’arte montenegrina a livello globale.

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