Gianluca Patti: “Diario di un Sognatore” alla Fondazione Stelline

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Ci sono figli che seguono le orme dei padri, come ombre. E ci sono figli che lasciano le loro orme sull’ombra dei padri. Di solito quest’ultimo genere di figli sono artisti, e il primo genere di padri genera artisti. La collusione è perfetta nel caso della stirpe che ha condotto Gianluca Patti fino a essere esposto alle Stelline (corso Magenta 61, a Milano, fino al 26 novembre), con una personale dal titolo “Diario di un sognatore”, curata da Alessandra Klimciuk, esperta direttrice degli spazi espositivi della fondazione omonima.

L’origine artistica di Gianluca Patti, e il sedime della sua formazione spirituale, che deriva da quella materiale, è nell’edilizia, nei manufatti laterizi, nei cantieri di costruzione, tale era l’ambiente di lavoro del padre. E il risultato dell’eredità creativa, astratta, è ben percepibile oggi, in una forma metaforica universale, nel lavoro di costruzione dell’opera del giovane artista (nato nel 1977, praticamente giovanissimo, per l’ambiente dell’arte). 

Installation view, ph Maurizio Pavone

Patti lavora modellando il proprio artwork, che tecnicamente si presenta come un quadro, con la cura e l’impegno (e la fatica) dello scultore. Strati su strati di materia cementizia, resinosa, miscele di colore che si impastano tra le maglie di una griglia retinica che ricorda (gli ricorda, soprattutto) le colate muratorie di lastricati e solette, pavimenti e soffitti. Il tutto ripetuto più volte, fino a ottenere la rigidità strutturale e la resistenza cromatica che garantisce sicurezza visiva, e anche tattile.

Attraverso il lavoro tecnico laborioso, espresso in conglomerati dall’iridescenza autogena, di forme astratte mai così ancorate e fisse nella realtà dei fatti, cementate nella memoria delle cose accadute, quelle che meccanicamente, infallibilmente producono altre cose, poiché dotate della forza intrinseca della speranza e del desiderio,  Patti ritrova e restituisce allo spettatore dell’opera sua emozioni, le ansie e le speranze che hanno costruito (è il caso di dirlo forte) la sua crescita, inclusi i traumi dolorosi dei periodi di infermità infantile per malattia. E incita tutti a credere in lui.

Installation view, ph Maurizio Pavone

E così, il diario del sognatore non è altro che il repertorio immaginifico dell’artista, setacciato dai detriti della memoria, dalle nostalgie del tempo e dai rimorsi del presente, forse, che a quanto pare di capire ha il vero pregio – irraggiungibile nel tempo passato – di catalizzare e trasformare in oggetti densi e pregni di sentimento pittorico l’eredità pura e sincera delle vite precedenti alla vita presente, che raccoglie e trasmette il suono del colore, il corpo dell’anima insomma.

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