Due libri per raccontare la Milano di ieri. Tra cronaca nera, rosa e fenomeni giovanili

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Dopo il grande successo del volume “Ultima edizione, storie nere degli archivi de La Notte”, pubblicato dalla casa editrice Le Milieu, Alan Maglio e Luca Matarazzo si sono ritrovati a condurre insieme una nuova ricerca con un altro archivio storico, quello dell’agenzia milanese Fotogramma, da cui prende il titolo il loro nuovo libro Fotogramma 40, edito sempre dalla casa editrice le Milieu

Fotogramma 40 è un omaggio all’agenzia fotografica che compie quarant’anni di vita e che ha immortalato con i suoi fotografi gran parte dell’ultima storia milanese e d’Italia. Immagini irriverenti, una Milano protagonista indiscussa con i suoi personaggi politici, le soubrette, la moda e i suoi stilisti, i giovani ripresi durante le serate nelle discoteche storiche come il Plastic o in fila davanti a “Burghy”, gli studenti in manifestazione, i banditi, i luoghi che hanno segnato un’epoca di sregolatezze, divertimenti, ma anche cronaca nera e cronaca rosa. Fotogramma 40 ci riporta indietro nel tempo: chi ha vissuto quegli anni può solo che identificarsi e ricordare il proprio vissuto milanese con commozione, e chi non l’ha vissuto può ripercorrerlo attraverso gli scatti più celebri e più iconici dell’epoca.

Alan Maglio e Luca Matarazzo sono entrambi due fotografi milanesi uniti da passioni ed estetiche comuni, le loro pubblicazioni emergono per lo stile originale e le impaginazioni curatissime: due autori che riportano alla luce fotografie dimenticate con l’intenzione di colpire, di risvegliare ricordi, di far scattare associazioni di idee inaspettate, in una parola di emozionare. Luca Matarazzo con questa intervista per Artuu ci introduce al suo lavoro e a quello realizzato con l’amico e collega Alan Maglio confluito nei due bellissimi libri editi da le Mlieu.

Luca Matarazzo: “Cerchiamo le foto più evocative per far rivivere il passato”

Luca Matarazzo.

Come vi siete incontrati con Alan Maglio? Cos’è che vi ha mosso a iniziare le vostre collaborazioni in ambito artistico ed editoriale?

Tanti anni fa un’amica comune mi disse: “Tu devi per forza conoscere Alan, secondo me andate d’accordo”. Ci aveva visto bene… Da subito ci ha legato la stima reciproca che è stata anche la base per una profonda amicizia, che si è poi consolidata grazie alle molte passioni comuni e alla voglia di lavorare e creare cose insieme.

Come siete arrivati all’archivio de La Notte? Come nasce Ultima Edizione, il vostro primo libro edito dalla casa editrice Le Milieu?

Alan è una calamita naturale, la sua profonda curiosità e la cura che mette nei rapporti con le persone lo portano ad attrarre naturalmente situazioni e incontri che lo hanno condotto a visitare l’archivio de La Notte. Appena uscito da quella visita mi ha chiamato emozionato, all’epoca lavoravo come fotografo per una grossa agenzia giornalistica, quindi era un argomento che mi apparteneva, ed è stato molto naturale lavorarci insieme.

Dopo tutti questi anni di ricerca tra gli archivi fotografici storici quali sono le differenze che hai riscontrato tra il mondo del fotoreportage tra ieri e oggi?

Avendo lavorato in questo mondo come autore, le differenze sono davvero tante, quella che reputo più importante è sicuramente il rapporto tra soggetto e il fotografo. In passato la curiosità e l’innocenza dei soggetti rispetto alla propria immagine lasciava ai fotografi praticamente carta bianca in ogni situazione, oggi non è più cosi. Parlando di cronaca nera, anche l’evoluzione delle tecniche di indagine della polizia ha tolto la possibilità di essere lì dove le cose accadono. Un altro elemento fondamentale è che oggi tutti hanno un mezzo fotografico sempre con sé, lo smartphone, da qui il fenomeno del citizen journalism che ha tolto molto credito alla figura del fotografo. Senza parlare poi della crisi dell’editoria, che ha fatto malissimo agli operatori del settore, con continui tagli ai fondi disponibili e di conseguenza alla qualità finale.

Manifestazione di stiudenti, Milano 1985. Courtesy FOTOGRAMMA – Mimmo Carulli.

Cos’è che ti attira in uno scatto tanto da essere scelto rispetto a molti altri per una pubblicazione?

Personalmente vengo colpito dalle foto “evocative”, quelle immagini che, pur senza leggerne la didascalia, mi fanno viaggiare con la mente e mi spingono a volerne sapere di più. Poi sicuramente l’aspetto tecnico/artistico, ma anche e soprattutto l’ironia che spesso è satira e critica.

Giovani alla discoteca Plastic, Milano, 1986.

Cos’è che ti ha portato ad unire nuovamente le forze con Alan Maglio per realizzare Fotogramma/40?

Agenzia Fotogramma è l’azienda per cui ho lavorato più tempo. Possiede un archivio che mi era ben noto, che ho sempre amato, in cui ho speso ore ad osservare immagini. Conoscendo il mio lavoro con l’archivio de La Notte e la mia passione per i loro materiali, mi hanno chiesto di curare una pubblicazione che raccontasse i primi quarant’anni di attività. Da subito ho intuito le potenzialità di questo archivio, e che una pubblicazione sarebbe potuta essere qualche cosa di più di un volume di promozione aziendale, ma un vero e proprio racconto dei cambiamenti della città, per certi aspetti anche un lavoro autobiografico del mio/nostro rapporto con la città e l’ambiente in cui siamo cresciuti. E naturalmente la persona con cui volevo condividere questo viaggio è stata da subito Alan, sapevo che ci saremmo stimolati e sfidati a vicenda per creare qualche cosa di unico e inaspettato.

Code di giovani da Burghy in corso Vittorio Emanuele Galleria del Corso per la selezione di personale
(Milano, 1995, Courtesy FOTOGRAMMA – PONTI).

Con quale criterio avete scelto la copertina del libro?

La copertina è stata l’ultima cosa che abbiamo definito. Siamo partiti con un’idea, ma durante la lavorazione del libro ci siamo accorti che non avrebbe raccontato a pieno lo spirito del libro. In pratica durante l’ultima settimana di lavoro, con le pagine interne già stampate, abbiamo trovato decine di foto papabili ogni giorno, ma per un motivo o l’altro non ci convincevano. Cercavamo qualche cosa di riconoscibile, ironico, che raccontasse la dinamicità del lavoro del fotografo, la fantasia, e le cose “matte” che succedevano a Milano negli anni Ottanta/Novanta. Poi alla fine abbiamo trovato quella in cui si vede una ragazza davanti al Duomo con una tavola da surf. Tutto era in equilibrio, l’abbiamo inserita nella griglia grafica e subito abbiamo capito che era l’immagine giusta.

Giovani si esibiscono con skate board e brakedance in galleria del corso e corso Vittorio Emanuele, 1988. Courtesy FOTOGRAMMA.

Quali sono state le vostre fonti d’ispirazione per l’impaginazione?

Siamo entrambi collezionisti e voraci consumatori di libri e riviste, nuovi ma anche vecchi. Non riesco a definire un’ispirazione principale, ma sicuramente volevamo una grafica minimale ed essenziale per lasciare più spazio possibile all’immagine, una grafica che ci permettesse di inserire didascalie che non fossero troppo invasive e che togliessero il colpo d’occhio che si crea sfogliando il libro. Inoltre volevamo mettere in comunicazione le immagini, creando un racconto che mescolasse immagini di epoche diverse senza seguire una tematica o una cronologia degli eventi.

Tra gli autori fotoreporter che ti hanno più colpito?

I fotografi passati da Fotogramma sono davvero tanti, ognuno ha lasciato un segno. La ricerca non è stata fatta per autore, ma sicuramente 4/5 autori per numero di immagini spiccano. Sono Mimmo Carulli (fondatore dell’agenzia), Silvano Del Puppo, Letizia Mantero e Maurizio Maule.

Qual è lo scatto tra questi dell’archivio di Fotogramma che ti emoziona di più?

Per me è molto difficile scegliere un’immagine, è stato difficilissimo scendere sotto le 700 foto dell’ultima pre-selezione alle 400 che sono nel libro. 

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