Nelle viscere di Cagliari: anche l’arte concettuale racconta Sant’Efisio

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Cagliari, sorniona nel cuore del Mediterraneo, stupore di alleati e invasori, è altresì nota per ciò che non vuol mostrare, a dire le sue viscere. Queste, sprezzanti della sagacia geologica e del decoro superficiale, tracciano le linee di un mondo sotterraneo che del capoluogo sardo racconta profondità storica e culturale, connettendone gli abitanti in una danza sacra dove simulacri senza tempo e simbologie pulsanti dispongono la cerimonialità del rito, che non smette di scandirne il tempo e i bisogni sociali. 

Tra questi anfratti fisicamente reconditi ma nell’immaginario radicati, enigmatici ma familiari perché frequentati dalla notte dei tempi, si fa spazio la cripta di Santa Restituta, articolato ipogeo sottostante l’omonima chiesa che, in occasione della 368^ festa di Sant’Efisio, diventa teatro – dal 25 aprile al 30 maggio – del ciclo di eventi Domus et Carcer Sanctae Restitutae pro Efis Martiri Gloriosu, organizzato dalla Cooperativa Sémata per conto del Comune di Cagliari e nell’ambito delle attività di Monumenti di Cagliari; il protagonista è appunto il martire Efisio, santo dei cagliaritani, che nel 1652 questi pregarono perché liberasse la città dalla tremenda peste di metà secolo attraverso un voto perpetuo: celebrare annualmente, con maggiore solennità e maggiore sfarzo, la sua festa.

Da qualche anno dopo, cessato il male, Sant’Efisio è la festa dei sardi tutti, che Cagliari accoglie il 1° maggio di ogni anno. Il linguaggio concettuale permea con discrezione l’austera sacralità di uno spazio senza tempo, che, sgomitando nel sottosuolo del quartiere di Stampace, accoglie la garbata installazione EFIS MARTIRI GLORIOSU, ideata e curata da Federico Cozzucoli che la ambienta in quella che il vescovo de Esquivel, che ristrutturò la cripta nel XVII secolo, pensò come sala principale e dimora della statua della santa Restituta, intorno al cui altare l’artista dispone i segni della sua arte “attualizzando” un culto, quello di Sant’Efisio, che sa delle speranze di ognuno. A pochi passi dalla cripta, facente capo alle ramificazioni ipogeiche che si snodano sotto le abitazioni del quartiere, si schiude infatti l’omologo alveo in cui la tradizione popolare vuole che sia stato incarcerato e torturato il martire, a cui l’autore restituisce la voce attraverso un codice QR che, mediante il proprio smartphone, coinvolge l’utente nella decodificazione di haiku (poesie giapponesi in tre versi) e osa addirittura l’innominabile: anche in suo nome, cessi la guerra.

La padronanza dello spazio del sacro emerge facilmente nell’essenziale ma trasversale allestimento di Cozzucoli, che dà prova della grande capacità di conciliare una formazione teologica perfezionata presso la Pontificia Università Lateranense di Roma con la frequentazione dei più innovativi e pervasivi linguaggi artistici, a cui demanda un compito che, apparentemente avulso dai loro gangli, ne risulta invece agevolato: l’indagine intorno alla devozione popolare come generatrice di connessioni, auspici e suggestioni per non smettere mai di pensare il mondo entro cui si è inseriti e di farlo ascoltando prima di tutto sé stessi.

Oggetto e randello sembra la grazia con cui l’artista, complice il prezioso contributo di DadA, produce la sintesi del rapporto tra speculazione liturgica e ripiegamento intimistico nella fede, individualmente enfatizzato dall’uso del digitale e, a pochi passi di distanza e grazie alla collaborazione con l’Associazione Segno Gesto Disegno, dall’azione “analogica” richiesta nell’installazione sull’altare minore, dove chiunque può contribuire alla performance partecipativa finale donando un segno – di-segno, parola, verso o haiku sui temi emergenti nel percorso o, meglio ancora, su ciò che piace. Il dinamismo espressivo ipogeico si assesta, infine, nella proiezione EFIS VERBA – Testos e Imàgines de sa Traditzione, video didattico-divulgativo sul culto di Sant’Efisio realizzato grazie ai documenti digitalizzati del Sistema Bibliotecario e Archivio Storico di Cagliari e le immagini del Fondo Lepori, col commento in lingua sarda di Lele Pittoni.

Fino al 30 maggio, insomma, lo spartito del culto si anima di nuove possibilità, accordando al rito inediti spazi e abbracciando una città intera: Sant’Efis è un prima di tutto un fatto collettivo. La cripta di Santa Restituta è aperta ogni giorno, dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19. 

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