Benvenuti nell’Anno del Dragone con gli artisti cinesi. Da Ai Wei Wei a Yan Pei-Ming (pt. 1)

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È l’anno del Dragone. Un anno di fortuna, di energia, di vivacità. Un anno all’insegna di una forza possente e vitale. Il dragone cinese non è infatti, come il drago delle mitologie occidentali, il simbolo di una “forza oscura”, in sostanza una rappresentazione del Maligno, così lo è sempre stata l’iconografia del serpente, suo parente prossimo (simbolo del Male per eccellenza, il drago occidentale è rappresentato in maniera magistrale da quello ucciso da San Giorgio nel capolavoro di Paolo Uccello). Profondamente diverso nella sua simbologia, il dragone cinese è differente anche dal punto di vista iconografico. A ritrarlo, in maniere ogni volta diverse, sono stati non a caso soprattutto gli artisti cinesi. Ecco una selezione dei migliori dragoni nell’arte contemporanea cinese. A cominciare da quello che farà la sua comparsa nella prossima edizione della Biennale…

Lap-See Lam: un Dragone sbarca in Laguna

Un immenso dragone cinese farà la sua apparizione a Venezia, in occasione della prossima Biennale d’arte intitolata “Stranieri ovunque”. Si tratta di una creatura gigante, metà drago e metà pesce, immensa barca dalla forma di animale su cui si potrà salire e vedere un film in cui si parla di identità, di migrazione, di appartenenza a comunità diverse. Un racconto poetico-visivo frutto della collaborazione tra tre diverse personalità: l’artista invitata alla Biennale, Lap-See Lam, classe 1990, è una giovane di origine cantonese, cresciuta nella stanza sul retro del ristorante cinese a Stoccolma, fondato da sua nonna, emigrata da Hong Kong; per questo progetto, ha avuto la collaborazione del compositore norvegese Tze Yeung Ho, dell’artista tessile irachena-finlandese Kholod Hawash e del curatore d’arte svedese Asrin Haidari. Il film, dal titolo Tales of the Altersea (2023) ha affascinato il pubblico quest’anno a Francoforte, New York e Helsinki, dove è stato esposto in una mostra che si è tenuta rispettivamente presso l’istituto d’arte contemporanea Portikus, l’Istituto svizzero e Kiasma, mentre una versione prequel dell’opera è attualmente in produzione. Intitolata The Altersea Opera, l’opera sarà esposta al Padiglione Nordico della Biennale.

Ideata da Lap-See Lam, l’opera esplora le implicazioni esistenziali dello spostamento e dell’appartenenza attraverso il mito cantonese e l’eredità familiare dell’artista. La struttura del drago gigante, che fa da sfondo all’installazione, ha un retroscena curioso: faceva infatti parte, originariamente, di una nave-drago a tre piani costruita a Shanghai negli anni Novanta per un ristorante cinese galleggiante chiamato Sea Palace a Göteborg, in Svezia. Dopo la chiusura del ristorante, la nave rimase attraccata nella città svedese di Göteborg, dove rimase per 27 anni, in un porto che, con un tocco surreale, si chiama Quay of Dreams, per poi venir trasformata in attrazione turistica nel parco divertimenti della città, Gröna Lund. Infine, ecco la nuova vita per questa bizzarra costruzione, che in qualche modo sembra ricordare alcuni ambienti fantastici dei film di Myazaki, come il famoso Castello errante di Howl. “Il mio lavoro”, ha detto l’artista, “si concentra sulla perdita generazionale. Sebbene il lavoro nasca da un bisogno molto specifico di esplorare qualcosa di personale, voglio davvero renderlo universale, per avere quel potenziale per raggiungere chiunque. Voglio realizzare un’opera che viva anche in questo spazio emotivo e che possa essere rilevante per le generazioni prima e dopo la mia”, “come uno spazio simbolico abitato da ricordi, mondi perduti e storie dimenticate”.

La mostra che si terrà al Padiglione Nordico della prossima Biennale è una collaborazione tra il Moderna Museet di Stoccolma, l’Ufficio per l’arte contemporanea norvegese (OCA) e la Galleria nazionale finlandese Kiasma.

Ai Wei Wei: il drago simbolo di libertà

Ha fatto la sua prima apparizione in una mostra personale di Ai Wei Wei nel 2014, allestita all’interno dell’ex carcere di Alcatraz, in California. Dalla tradizionale forma di drago cinese, era sospeso al centro del soffitto di una grande sala puntellata da colonne, e si muoveva avanti e indietro attraverso lo spazio. Realizzato a mano da artigiani cinesi unendo insieme dozzine di aquiloni, realizzati con sete e fogli di carta colorata, With Wind (questo il nome del dragone del più celebre artista-dissidente cinese) provocava sul visitatore un paradossale effetto di soffocamento e insieme di aspirazione alla libertà, provocata dalla vista di questo immenso drago nato per volare alto nel cielo e costretto invece a restare imprigionato tra le solide mura dell’ex penitenziario, con un effetto fortemente simbolico.

Tra i colori sgargianti e allegri, si potevano leggere citazioni di sostenitori dei diritti umani e della libertà di espressione, da Nelson Mandela (“La nostra marcia verso la libertà è irreversibile”), a Edward Snowden (“La privacy è una funzione della libertà”), fino allo stesso Ai Wei Wei. Come dettaglio tutt’altro che secondario, gli occhi del drago riproducevano la forma del logo di Twitter (oggi X), tutt’ora bandito nella Repubblica Popolare, simbolo della pervasività e della onnipresenza dei social nell’era contemporanea. “La libertà”, ha detto Ai Wei Wei, “per me non è una condizione fissa ma una lotta costante”.

La T-Shirt con il drago di Ai Wei Wei in vendita su internet.

Ma With Wind non è la sola installazione che Ai Wei Wei ha realizzato prendendo a prestito l’iconografia del dragone. Celebri sono i suoi volti di animali dello zodiaco cinese – tra i quali anche il drago – realizzati con i mattoncini Lego: una rivisitazione contemporanea dell’iconografia tradizionale cinese, a simboleggiare l’omologazione linguistica che permea ogni immagine nell’era contemporanea, indipendentemente dalla sua origine: così, anche i motivi tradizionali, come i volti dei personaggi dello Zodiaco, diventano meccanici, algidi e impersonali come immagini di un videogioco (diventando anch’essi null’altro che una delle tanti immagini-feticcio da vendere on line negli shop applicati su t-shirt, felpe e altri prodotti commerciali).

Ai Weiwei, Circle of Animals/Zodiac Heads: Gold (Dragon), 2010, Bronze with gold patina. Courtesy of Ai Weiwei.

Altre volte, sempre Ai Wei Wei ha utlizzato materiali vari, dalla carta al legno al metallo, per riprodurre immagini di draghi in alcune mostre, per ridare centralità ai personaggi della mitologia e delle fiabe che un tempo ogni madre raccontava ai propri figli. L’artista ha detto che le immagini tradizionali, come quelle dei draghi, che riproduce nelle sue mostre “parlano al nostro bambino interiore”: “conduciamo tutti vite parallele in un mondo altro, fatto di sogni, di fantasie e di imprese eccezionali”, ha detto Ai Wei Wei. “Dobbiamo imparare a convivere con loro poiché sono parte integrante della nostra umanità: per tornare ad abbracciare la nostra mitologia e la nostra storia”.

Yan Pei-Ming: il Drago, fantasma della memoria

Anche Yan Pei-Ming, uno dei massimi rappresentanti della pittura contemporanea cinese (anche se l’artista vive da decenni in Francia, a Parigi), ha lavorato sull’iconografia del dragone. Il suo modo di associare figure provenienti dalla cultura occidentale, abbinate a soggetti provenienti dall’iconografia tradizionale cinese, come il dragone o la tigre, o anche le figure di Mao o di Bruce Lee, suo idolo d’infanzia, pongono le basi per una riflessione sul rapporto tra iconogarfie e culture differenti nell’era della contaminazione globale, e rappresenta una sorta di ponte iconografico che unisce storia e contemporaneità, memoria e presente.

L’artista ci spinge inoltre a riflettere sulla contraddizione tra realtà e rappresentazione, verità e costruzione delle immagini – un tema sempre più attuale nell’era digitale dove i confini tra immagini e backgorund differenti appare sempre più sfumato e confuso. La pennellata vigorosa e priva di sfumature e di delicatezze, l’uso dei colori, che tendono al monocromo nei toni del rosso o del blu, rappresentano una forte presa di distanza dal medium pittorico come mezzo di riproduzione del reale, arrivando a simulare un indomabile corpo-a-corpo con la materia del dipingere, quasi una lotta con i fantasmi del passato e della storia. Come dice lo stesso artista, “Non sono un pittore romantico, sono un pittore del nostro tempo”.

Qi Xinghua: i draghi sui muri di Pechino

Qi Xinghua è un artista cinese che da ormai diversi anni ha caratterizzato il suo lavoro attraverso i soggetti – spesso, se non unicamente, rappresentati dai classici Dragoni cinesi –, e il linguaggio, dal momento che è uno dei pochi street artist cinesi che lavorano direttamente sui muri a Pechino. Qi è anche direttore della Chinese Mural Painting Society, è stato quattro volte vincitore del Guinness World Records per avere realizzato i dipinti in 3D più grandi del mondo, ed è fondatore del Chinese Street Art Festival. Il Guardian, nel riferirsi a lui nel corso di un articolo dedicato ai suoi lavori, l’ha definito il “Banksy cinese”.

Qi ha scoperto la street art quasi casualmente, una decina d’anni fa, entrando in contatto con artisti internazionali attivi in questo campo, e sentendo subito come suo un linguaggio che parlava a tutti, e non solo agli addetti ai lavori. “L’arte non è mai privata”, dice l’artista: “come artista, infatti, vivi pubblicamente, lavori e agisci nello spazio pubblico”. “Ho iniziato a studiare belle arti a Pechino nel 2002. Allora ho sviluppato il mio interesse per la street art, i graffiti e i murali e quando è arrivato il momento di specializzarmi, questo è quello che ho scelto di fare”, ha raccontato in un’interista. “Le mie creazioni”, ha detto ancora, “non solo offrono un’esperienza coinvolgente in cui l’iconografia tradizionale cinese e scene di vita quotidiana si mescolano in un linguaggio apprezzato molto dagli appassionati di street art, ma tessono anche un legame profondo, evocando una profonda nostalgia per le antiche tradizioni cinesi”.

Ma perché il drago? “Perché il drago”, spiega Qi Xinghua, “è un animale simbolico cinese, in qualche modo si può dire che sia il simbolo stesso della Cina”. In questi giorni, una sua mostra dedicata proprio all’iconografia del Dragone è allestita (fino al 29 febbraio) a Pudong, Shangai, in uno spazio multiculturale, EKA·TIANWU, parco artistico-creativo ricavato da un gruppo di edifici industriali dismessi (un tempo sede della Shanghai Marine Instrument General Factory). La mostra, intitolata “Dragon Goes World”, mira a svegliare in ciascuno di noi lo spirito del drago sepolto nel profondo di tutti i cuori proprio in occasione dell’Anno del Drago.

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