Artista e curatrice raccontano “C’era vento”, personale di Serena Giorgi in un’intervista a due voci

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Dal 18 ottobre al 28 novembre 2023 Serena Giorgi presenta la sua personale, curata da Silvia Franceschi,  presso le gallerie milanesi The Kitchen art gallery e Spazio Blue Train

C’era vento, titolo già di per sé emblematico dell’intero processo creativo di Serena Giorgi, è uno spaccato della vita dell’artista, che attraverso gli oggetti d’affezione della sua storia personale, ci racconta l’amore per le cose.
La mostra è quindi portatrice di una narrazione estremamente intima e privata ma al contempo diventa anche dispositivo di condivisione di esperienze, sentimenti e racconti comuni a chi osserva. 

Serena Giorgi, classe 1969, vive e lavora a Milano dopo essersi formata all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove si è diplomata col massimo dei voti. Oggi il suo lavoro consiste in una pratica artistica estremamente variegata. La Giorgi opera infatti attraverso disegni, vecchie carte, spaghi, fotografie, dipinti, pagine di diario e objet trouvé. Artista e curatrice ce ne hanno parlato nel corso di un’intervista.

Serena Giorgi, photo Credits Luca Corradi

Ciao Serena, ciao Silvia, grazie per avermi dato la disponibilità per questa intervista a due voci. Per cominciare vi chiedo come vi siete conosciute e com’è nato il vostro rapporto professionale?

Silvia Ci siamo conosciute nel luglio del 2021, tramite il corniciaio del quartiere. Ero andata a farmi fare una cornice e lì ho visto un suo lavoro. Serena aveva appena aperto The Kitchen art gallery e proprio il corniciaio mi disse di andare assolutamente a vedere i suoi lavori. Appena entrai rimasi stregata, lo dico con grande sincerità. 

Serena Un mese dopo il nostro incontro Silvia mi coinvolse subito in un suo progetto e così partecipai a Trame, una collettiva di cinque artisti realizzata a ottobre 2021. Da quel momento abbiamo iniziato a collaborare ed è subito diventata curatrice della mia galleria. Il nostro è un vero lavoro di squadra, insieme all’art director Giulio Perfetti, con cui tra l’altro lavoro spesso in duo anche sul piano artistico.

Installation view, ph Giulio Perfetti

Come spiegheresti la tua pratica artistica a qualcuno che non la conosce e da dove nasce?

Serena Gli racconterei innanzitutto del mio amore per la carta. Mi lascio ispirare dalla fragilità o dalla consistenza del materiale. Spesso lavoro anche con carte di scarto o con carte molto vissute, dai colori caldi. A volte il mio intervento è minimo: la carta è già opera conclusa e io inserisco solo delle parole chiave.
Anche quando lavoro con altri materiali parto sempre prima dalla carta, su cui realizzo il progetto dell’opera. 

Silvia La parola è un’altra componente fondamentale della sua arte, compare in quasi tutti i lavori e non ha una funzione didascalica o esplicativa ma è parte della composizione come completamento dell’opera. Quando abbiamo deciso di pubblicare un piccolo volume in tiratura limitata in occasone di questa mostra, io ho ragionato sull’eventualità di inserire, come spesso accade, le parole di altri artisti o poeti come accompagnamento del suo lavoro. Poi ho capito che la cosa migliore sarebbe stata quella di inserire i suoi pensieri, essendo le parole così profondamente radicate nella sua arte. 

Il tuo lavoro è estremamente legato alle tue esperienze di vita. Gli oggetti esposti creano quasi un diario personale visitabile, in cui racconti te stessa ai visitatori ma dove anche loro si possono immedesimare. L’empatia e la relazione con l’altro mi sembrano quindi fondamentali nella tua arte.

Serena Si, oltre a portare avanti indagini di altra natura, come per esempio quelle sulla questione ambientale, approfondisco anche una ricerca molto più intimista, dove io inevitabilmente mi racconto per quella che sono e in cui gli altri ritrovano qualcosa di loro stessi. Ci sono delle persone che hanno comprato delle mie opere perchè hanno ritrovato se stessi in quel lavoro, non tanto per la bellezza dell’opera ma per il messaggio che trasmette e credo che questa sia una delle cose più belle per un artista.

Installation view, ph Giulio Perfetti

Che rapporto hai col ready-made? Molte tue opere nascono da oggetti già esistenti, ti definiresti quindi figlia della corrente duchampiana?

Serena Se con questo termine intendiamo il mettere un oggetto su un piedistallo e trasformarlo così in un’opera d’arte non tantissimo. Io prendo un oggetto e lo faccio diventare altro, trovo cioè al suo interno qualcosa che all’esterno non appare, ed è lo stesso principio che caratterizza l’essere umano. Ognuno di noi ha una profondità interiore, una parte di mistero più nascosta, non siamo solo come appariamo. Credo di avere la capacità di cogliere questi significati nascosti nella profondità degli oggetti e di ritrasformarli in qualcosa di nuovo. Alcune volte li lascio così come sono senza modificarli, ma li carico di significato diverso da quello originale. In ogni caso si tratta sempre di narrazioni aperte all’universale.

Entrando in questo spazio ho avuto subito l’impressione di essere in una wunderkammer contemporanea. Vi ritrovate in questa affermazione?

Silvia L’idea della wunderkammer è assolutamente azzeccata, naturalmente con delle differenze. La wunderkammer nasce per stupire chi la guarda con degli oggetti straordinari, in questo caso le cose diventano speciali per il significato che assumono per chi le ha raccolte, essendo cose della vita quotidina come una gomma, un libro o un pezzo di carta. Sono anche cose in continuo divenire, non sono statiche perchè i pezzi vengono donati, scambiati, spostati o sono regali di qualcuno, non c’è la pretesa che sia una collezione statica.

Serena Io credo che tutti questi oggetti emanino calore ma nonostante questo non hanno l’intento di stupire. Sono oggetti meravigliosi per la loro unicità.

Silvia Sono oggetti che naturalemte hanno una soggettività legata alla vita di Serena ma che raccontano anche un preciso momento storico in un determinato luogo, non potrebbero essere in Turchia o in Cina. I piani di lettura sono molteplici, uno più intimista e privato mentre l’altro legato alla società in cui viviamo.

Con questa mostra racconti te stessa e l’amore verso le cose attraverso la relazione degli oggetti qui esposti. L’allestimento e il criterio di esposizione giocano quindi un ruolo centrale in questa personale?

Silvia Assolutamente. Così come l’aspetto compositivo è fondamentale nel suo lavoro singolo lo è anche nell’allestimento. Abbiamo chiaramente lavorato assieme all’esposizione, impiegando diversi giorni di riflessione per trovare una giusta narrazione. 

Non sono la mia artista preferita, frase di grande impatto, è anche il titolo di un tuo lavoro. Ci puoi parlare nello specifico di quest’opera e di quello che sta dietro la scelta del titolo?

Serena Il titolo si riferisce al non rimanere chiusi nella propria visione. Anche quando pensi di aver trovato il tuo metodo espressivo, non rinunciare alla possibilità di aprirti a nuove forme di sperimentazione che ti faranno arricchire come artista e come persona. In quest’opera c’è un rimando al vento, titolo della mostra, perchè il vento modifica la nostra percezione delle cose proprio perchè le smuove.

Installation view, ph Giulio Perfetti

Il libro d’artista è una costante nel tuo lavoro e anche in questo caso la mostra è accompagnata da un libro in tiratura limitata. La pubblicazione editoriale è quindi per te un completamento dell’esposizione, una sorta di ultimo step della tua pratica artistica o è più un elemento di testimonianza della mostra? 

Serena È come se fosse una mostra nella mostra. Ad esempio, in questo caso per la copertina abbiamo scelto una carta chiara e molto porosa, che quindi verrà inevitabilmente sporcata dai segni lasciati dal tempo, raggiungendo in questo modo il suo completamento. L’imperfezione è quello che ci rende unici e la stessa cosa vale anche per l’arte, tutto racconta una storia

Sempre in merito alle pubblicazioni, ti chiedo anche perchè la tua scelta ricade sempre sul libro d’artista e non su quella più tradizionale e comune del catalogo?

Serena Forse perchè credo che il libro d’artista crei più emozione, sicuramente il catalogo è importante e ce ne sono di estremamente meravigliosi che io colleziono anche. Sicuramente per questa mostra la scelta è stata dettata dalla volontà di lasciare una traccia, infatti il libro non raccoglie soltanto le opere esposte ma abbiamo deciso di inserire anche alcuni oggetti sentimentali. 

Nel 2019 hai fondato The Kitchen art gallery. Ci puoi parlare di questo spazio?

Serena Fin da piccola ho sempre lavorato in cucina, mentre la mia nonna cucinava io disegnavo lì con lei, poi crescendo è diventato anche il mio primo spazio di lavoro. Anche quando ho aperto il mio studio la cucina è rimasta comunque un luogo d’ispirazione, dove leggevo o prendevo appunti, cosa che faccio ancora oggi. È un luogo di calore e d’incontro, se ci pensiamo è dove ogni famiglia si riunisce. 

Come ultima domanda vi chiedo, da dove nasce il titolo della mostra?

Serena Lo abbiamo scelto perchè il vento smuove. Smuove idee, pensieri, crea nuovi punti di visione e nuovi punti di riferimento. Io sono nata al mare per cui il vento lo sento molto vicino, c’è quindi inevitabilmente anche un riferimento alla mia storia. Si riferisce anche al cambiamento di idee dettato da un dialogo. The Kitchen nasce proprio con lo scopo di confrontarsi con artisti e con persone diverse, attraverso uno scambio reciproco di pensieri. Inizialmente la mostra la volevamo chiamare Io non sono la mia artista preferita, poi Silvia mi propose C’era Vento e mi è sembrato subito perfetto.

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