ร stata il suo spirito guida, la misteriosa Myrninerest, a dettare a Madge Gill i chilometri e chilometri di disegni e di ricami che ha prodotto per quasi quarantโanni, di notte, sotto una luce fioca, incurante della stanchezza e dellโocchio offeso. Lei che veniva dallโesperienza terribile della perdita di una figlia appena nata (solo un anno dopo la morte di un altro figlio, Reginald, per lโinfluenza Spagnola): un parto tragico che lโaveva lasciata piรน morta che viva, cieca da un occhio, accanto a un uomo sposato senza amore, il cugino con cui aveva condiviso la casa dopo essere stata anni e anni in orfanotrofio. Una storia da romanzo gotico, dove lโunica figura che mai avesse avuto un senso per Madge era stata quella zia Kate che lโaveva ospitata, la madre di quel marito sposato per far cessare i pettegolezzi: una zia eccentrica, medium, appassionata di sedute spiritiche e abituata a chiacchierare con gli spiriti.

Cosรฌ, una notte โ รจ il 3 marzo del 1920, Madge ha 38 anni โ la donna si alza e comincia a disegnare. E lo farร senza sosta, nonostante il marito, allarmato, cerchi di farla smettere affidandola alle cure della celebre psichiatra Helen Alice Boyle, la piรน esperta, si dice, di problemi mentali femminili. Centinaia di opere, immense, labirintiche, perchรฉ quella รจ lโunica attivitร che riesce a lenire il suo dolore. E finisce per diventare una di quelle artiste considerate mezze pazze, alla stregua di un Adolf Wรถlfli o di un Richard Dadd, nonostante le numerose esposizioni, ancora in vita, alla Whitechapel Gallery di Londra.

Ritrovare il suo Crucifixion of the soul (1936) in questa 60ยฐ Biennale di Venezia, รจ una piacevole sorpresa: dieci metri di un disegnare selvaggio realizzato in quattro colori soli โ rosso, verde, blu e nero โ dove gorghi di geometrie aggrovigliate lasciano emergere di quando in quando un faccino femminile affilato, dai grandi occhi e dalla bocca a cuore. Forse la stessa Myrninerest che ha guidato la mano dellโartista. O forse la figlia mai cresciuta. Pochissimi colori โ anzi, uno solo: un gelido grigio di Payne โ anche quelli con cui Giulia Andreani riprende le fila della storia di Gill e ne intreccia i destini con altre donne dimenticate, con altri destini che bisogna a tutti i costi recuperare.

Trentanove anni, nativa di Venezia ma da dieci anni fissa a Parigi, Andreani รจ una dei pochi italiani invitati alla mostra Stranieri Ovunque (lโunica vivente, tra lโaltro, come fatto giustamente notare) e la sua pittura leggera e puntuale, fotografica, strettamente imparentata con la Nuova Figurazione โ anche se ripensata in salsa femminista ยญโ merita una stanza dedicata al Padiglione Centrale dei Giardini. La condivide con lโimmenso lavoro di Gill dalla cui vicenda, spiega, รจ rimasta affascinata, sentendosi per la prima volta spinta a indagare il mondo dellโArt Brut, interessante e aderente alla sua ricerca proprio in quanto serbatoio di incompresi e di rifiutati. Andreani ci racconta la collega inglese in una grande tela, Pour elles toutes, Myrninerest, dove lโartista spiritualista รจ presa da uno dei suoi ritratti piรน famosi, con i capelli divisi in due bande ai lati del viso e lโespressione concentrata nel lavoro su un foglio che si arrotola ai lati a dichiararne le dimensioni monumentali. Nel ritratto di Andreani, perรฒ, Gill non รจ sola: intorno a lei si muovono indaffarate ricamatrici e calzolaie, donne che lavorano a quellโartigianato prezioso e mai abbastanza valorizzato di cui รจ intessuta tutta la storia del bello.

Perchรฉ Madge, per Andreani, รจ anche lโemblema di un femminismo sussurrato, vissuto dentro le mura di casa, ritagliandosi unโindipendenza economica a dispetto di tutto e di tutti (sarร proprio con le sedute spiritiche che Gill si manterrร , oltre che con la sua arte, quando finalmente questa sarร compresa). Il ritratto di Gill va a inserirsi cosรฌ nel discorso piรน ampio che Andreani porta avanti da sempre con la sua ricerca intorno al passato e soprattutto intorno alle figure femminili e al loro fare.

Ecco allora, in Biennale, anche Le fanciulle laboriose: un gruppo di bambine intente a cucire e a ricamare (tutte uguali, con lo stesso taglio di capelli, quasi a sottolinearne le identitร dimenticate), ispirate a una fotografia dโepoca fascista e figlie di quel progetto, Lโimproduttiva, portato in mostra alla Fondazione Maramotti di Reggio Emilia.

Ecco poi La scuola di taglio e cucito, unico acquerello tra gli acrilici; un esercito di allieve che scolorano nello sfondo dietro lโinsegnante (che รจ Giulia Maramotti, la madre di Achille Maramotti, il fondatore di Max Mara).

E poi ci sono due ritratti, cesellati con una mano pulitissima, ricchi di riferimenti allโarte ma anche di atmosfere gotiche, come Diva derelitta, una Francesca Bertini che fulmina lo spettatore sotto uno sguardo rovente, da femme fatale, mentre piume di struzzo vibrano sul cappello e sul boa, e una mano in posa accarezza il mento in un gesto studiato; fiera e incurante delle figure mascherate come i monatti della peste che invadono lo spazio da un lato.

O come la protagonista di Conservative ghost, una Emmeline Pankhurst โ la militante femminista inglese vissuta a cavallo tra XIX e XX secolo โ seduta con le mani in grembo, lo sguardo perso nel vuoto, mentre dal naso e dalla bocca esce un respiro vischioso, un ectoplasma che si solidifica nellโincubo di un abbraccio stritolante, una scena che รจ ispirata a unโopera di Medardo Rosso.

Completa la selezione la scultura in vetro soffiato Lโinconnu.e de la scรจne, gioco di parole che si riferisce alla cosiddetta โsconosciuta della Sennaโ, trovata morta nella seconda metร dellโOttocento e diventata musa ispiratrice per lโarte e la letteratura.