“Un ritratto privato”, il docufilm che racconta la dimensione intima e pubblica di Jeff Koons

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“La vera opera d’arte esiste solo in contrapposizione al Kitsch”, affermava il famoso critico Gillo Dorfles. Jeff Koons è stato, ed è, un artista spesso inquadrato all’interno della cultura kitsch, ma in realtà la sua operazione nel corso degli anni non è stata kitsch, seppur l’esito estetico sia palese, ma piuttosto attenzione alle esigenze, ai bisogni, alle curiosità dell’uomo comune come il gioco, l’infanzia, gli affetti, la leggerezza, la propria storia. 

Ecco perché il regista napoletano Pappi Corsicato parla di “Un ritratto privato”, termine che stona rispetto all’esposizione mediatica e globale di uno dei più conosciuti e “pop” artisti del mondo. Attraverso i 120 minuti di docufilm vengono narrati momenti della vita privata del protagonista, anche drammatici, come la famosa battaglia legale per l’affidamento del figlio avuto con la pornodiva ungherese Ilona Staller, nota al pubblico come Cicciolina, e fasi della sua carriera artistica. 

In fondo la vita di Koons è quella di un uomo semplice,  molto legato alla paternità e alla famiglia, ritrovata grazie a un rapporto duraturo con la sua assistente, ed è quella di un grande artista, famoso in tutto il mondo per opere costosissime, da Rabbit a Michael Jackson and Bubbles, da Balloon Dog a Puppy, gigantesca scultura itinerante che rappresenta un cane di 70.000 fiori, superba la versione posta davanti all’ingresso del museo Guggenheim di Frank Gehry di Bilbao, in Spagna, tutte realizzate con svariati materiali, principalmente plastica, metalli, porcellana, marmo. Considerato un erede dell’arte concettuale e di Andy Warhol, Pappi Corsicato ci mostra come Koons utilizzi la comunicazione di massa realizzando, non personalmente ma con l’ausilio di circa 60 suoi assistenti, oggetti che effettivamente sono dei ready made ma ai quali attribuisce uno scopo, quello di richiamare motivi ancestrali e antichi che sono dentro l’animo umano e sollecitare un immaginario legato all’estetica, al bello, alla sessualità, ma anche all’etica, dibattito sempre aperto nell’arte e nell’architettura contemporanee. 

Pensiamo alla serie di fine anni Ottanta “Made in Heaven”, foto e sculture tra onirico, giocoso, sesso, realtà naif e rimandi all’innocenza e alla purezza, che sono poi spesso celate in alcune favole, nel cinema e in icone della letteratura, un nome fra tutti Lolita, protagonista dello straordinario romanzo del russo Nabokov e del film del 1962 di Stanley Kubrick. 

L’arte di Koons non è semplicemente dunque legata all’estetica e al commercio ma alla parte infantile che è in ognuno di noi. Se guardiamo il suo volto è quello di un bambino che ha saputo brillantemente provocare la società contro i tabù di una realtà borghese e provinciale.

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