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Le rovine del carcere sull’isola di Santo Stefano risalgono al diciottesimo secolo
La prigione di Ventotene, commissionata dal re borbonico Ferdinando IV di Napoli e costruita sulla minuscola isola di Santo Stefano, fu terminata nel 1979.
La sua struttura a ferro di cavallo è stata concepita sul modello architettonico del panopticon, teorizzato dal filosofo e giurista Jeremy Bentham e poi assunto come metafora di un potere invisibile ma sempre presente da pensatori come Michel Foucault o George Orwell.
La forma, infatti, consentiva di monitorare costantemente i detenuti rinchiusi in celle disposte a cerchio, grazie a una torre di controllo centrale. A Ventotene, insieme ai comuni carcerati, venivano esiliati anche oppositori politici come anarchici e antifascisti, questo fino alla sua chiusura avvenuta nel 1965.
Il progetto di trasformare le rovine del carcere in un’Accademia è stato annunciato già nel 2016 e ha preso il via nel 2020 con la nomina di Costa, membro del Parlamento europeo e presidente della sua commissione per la cultura e l’istruzione.
Nello stesso anno, sono iniziati i lavori di messa in sicurezza del sito e una rete di partnership è stata stretta con l’Università di Roma Sapienza e Roma Tre, l’Istituto Universitario Europeo di Firenze, l’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile e l’Istituto Nazionale per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
“Sentivamo che il silenzio e la lontananza di questo luogo sarebbero stati una fonte di ispirazione per gli artisti, proprio come lo era per i suoi prigionieri politici” afferma Costa.
Il progetto prenderà il nome da David Sassoli, ex presidente del Parlamento europeo, scomparso di recente. Il sito ospiterà un museo a cielo aperto per raccontare la sua storia, un giardino e alloggi per residenze artistiche, e offrirà a un vasto pubblico e ai suoi studenti (si prevede oltre 500 annuali) eventi, concerti e conferenze.
Cover Photo Credits: Comune di S.Stefano-Ventotene