Civil War e il declino della società americana contemporanea

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Alex Garland, talentuoso sceneggiatore e regista, dimostra ancora una volta la sua abilità di anticipare temi e dibattiti pubblici. Dopo aver scritto la sceneggiatura di 28 giorni dopo, che affrontava tematiche inquietanti durante la pandemia, e il suo film Ex Machina, che esplorava i dilemmi etici dell’intelligenza artificiale, ora approda al cinema con il suo inquietante e incredibilmente attuale Civil War. Interpretato da Kirsten Dunst, Wagner Moura, Cailee Spaeny, Stephen McKinley Henderson e Nick Offerman, la storia ci porta in un’America sull’orlo del collasso, attraverso terre desolate e città distrutte dall’esplosione di una guerra civile.

In questa distopia, un Presidente dittatoriale ha scatenato una seconda guerra civile negli Stati Uniti, portando alla ribellione di stati come Texas, Florida e California. Un gruppo di giornalisti si avventura verso Washington per intervistare il presidente, un viaggio in condizioni estreme, mettendo a rischio le proprie vite per raccontare la verità, mentre la società americana è dilaniata da divisioni profonde. 

Civil War, il costoso progetto della casa di produzione A24, ci offre un viaggio attraverso una strada che separa i protagonisti dalla capitale, con un finale incendiario e una riflessione sullo stato attuale dell’America. Durante il tragitto, i giornalisti scoprono gli oscuri risvolti della guerra civile, tra diffidenza, paura e violenza. Alex Garland non cerca di attribuire colpe, ma piuttosto di esplorare le conseguenze di questa deriva nella civiltà statunitense contemporanea. Questo viaggio verso la verità rivela una realtà complessa e spaventosa, in cui la guerra non è solo tra schieramenti, ma anche dentro di noi.

In un viaggio attraverso il cuore spezzato dell’America, Civil War di Alex Garland si dipana come un intricato arazzo che tessendo insieme le storie di quattro giornalisti, esplora le profondità oscure di una guerra civile immaginaria. Questi personaggi, ognuno con la propria unica prospettiva sul mondo e sul giornalismo, si imbattono in una realtà fatta di sospetti, terrore, torture e persino esecuzioni sommarie. La guerra civile, descritta senza coordinate geografiche precise, evoca figure presidenziali che ricordano più Trump che Biden, e un’America divisa, con Texas e California tra i secessionisti.

Garland, più che puntare il dito e assegnare colpe, si concentra sulle ripercussioni del declino della civiltà americana contemporanea. Avvicinandosi a Washington, il film indaga i concetti di verità e oggettività attraverso gli occhi dei giornalisti, mostrando come un’immagine possa catturare l’essenza di un evento o di un’epoca, ma allo stesso tempo escludere dettagli cruciali per comprenderne appieno la storia.

I protagonisti affrontano il conflitto armati di diverse visioni giornalistiche: Joel è alla ricerca dello scoop definitivo, Lee anela allo scatto perfetto che coronerà la sua leggendaria carriera fotografica, Jessie aspira a seguire le orme di Lee, trasformando la sua passione in professione, mentre Sammy rappresenta un giornalismo in via di estinzione, che privilegia l’esperienza diretta e l’analisi ponderata degli eventi.

Il loro viaggio diventa un confronto di idee e posizioni, un’immersione nel caos che rappresenta l’epilogo di una storia segnata da divisioni politiche, populismo, teorie del complotto, disinformazione e razzismo. Il film oscilla tra la satira e l’apocalisse, senza vincitori ma con molte vittime dell’odio alimentato da propaganda, ideologia e menzogne.

L’apice della tensione si raggiunge nell’atto finale a Washington, dove, sebbene la ricostruzione di un vero scenario bellico non sia impeccabile, l’impatto emotivo è devastante. I simboli del potere e del mito americano vengono devastati dal caos e dalla perdita di ogni inibizione civile e morale, dipingendo un ritratto di violenza e rabbia che, pur generando dibattiti e polemiche, rimarrà impresso nell’immaginario collettivo.

Le rivelazioni tanto cercate dai protagonisti giungono, ma a un prezzo esorbitante. Gli ultimi minuti di Civil War decretano il trionfo della vendetta sul dialogo, la scomparsa della politica a favore degli istinti più oscuri, segnando la fine della civiltà così come la conosciamo. Garland ci lascia scossi, spingendoci a riflettere sul nostro ruolo nel deterioramento della società e ponendoci un quesito cruciale: Civil War è soltanto una distopia sanguinosa e fantastica o un presagio credibile di ciò che potrebbe accadere realmente?

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