Ali Kazma alla galleria Francesca Minini con A House of Ink

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A House of Ink è l’ultima esplorazione intorno alla scrittura di Ali Kazma alla galleria Francesca Minini 

Guardare il Bosforo da una finestra, il movimento dell’acqua, i minareti in lontananza e le navi scivolare lungo le due rive. Siamo nel video di Ali Kazma (Istambul, 1971) ma potremo essere nel libro “Istanbul” di Orhan Pamuk, Premio Nobel per la letteratura, che scrive: 

“Ho trascorso la mia vita ad Istanbul, sulla riva europea, nelle case che si affacciavano sull’altra riva, l’Asia. Stare vicino all’acqua, guardando la riva di fronte, l’altro continente, […]. E poi, un giorno, è stato costruito un ponte che collegava le due rive […]. Quando sono salito sul ponte e ho guardato il panorama […] Ho capito che il meglio era essere un ponte fra due rive. Rivolgersi alle due rive senza appartenere». 

Orhan Pamuk vive sulle rive del Bosforo, a pochi metri dalla casa di Ali Kazma (1971, Istanbul) sulla riva europea. L’artista ha trascorso sessantacinque giorni con lui per realizzare A House of Ink, che dà il titolo alla mostra in corso alla galleria Francesca Minini. Da quei giorni di riprese nascono due lavori, il primo A House of Ink, e un secondo in cui si formalizza un’opera non prevista, Sentimental che dura quasi 8 minuti. Quest’ultimo sarà proiettato anche il 19 Novembre alla Triennale di Milano, durante un incontro moderato da Caroline Corbetta tra lo scrittore e l’artista, in occasione degli appuntamenti previsti nell’ambito di BookCity Milano.

8 minuti sembrano un tempo lentissimo. L’inquadratura si sofferma sullo scrittore mentre firma delle pagine bianche. Una gestualità che nel suo atto ripetitivo non sarà mai uguale, poiché sottende a quella variabilità grafica tipica della scrittura a mano. Quel movimento su cui la telecamera indugia è l’origine della conversazione tra lo scrittore e Ali Kazma, la cui presenza è solo vocale. Tra le immagini che scorrono si intreccia un interessante dialogo intorno a appunti di un viaggio da Istanbul, che l’artista dovrà intraprendere di lì a poco. Nasce così una narrazione a due voci e a due canali video, che rimanda a Clerk del 2011, in cui un impiegato notarile timbra fogli bianchi a gran velocità. In entrambe ciò che colpisce è l’attenzione per un’azione apparentemente comune (la firma e il timbro), che nella sua replicabilità diventa rappresentazione di una condizione umana. La singolarità di un soggetto, di una professione che scrupolosamente documenta, o dei luoghi che sceglie di indagare, pur nella loro rappresentazione specifica, si fanno portatori di storie collettive. Rivelano la realtà sfaccetta della società, dei cambiamenti della modernità, del progresso, di un senso di perdita e del tentativo della memoria di preservare il ricordo.

Ali Kazma compone un archivio della contemporaneità in cui ritrovare tematiche e aspetti, che ritornano spesso nel suo lavoro. La scrittura, prima di tutto, come il progetto editoriale RECTO VERSO nel 2012, con testi di Alberto Mangules. Una ricerca durata tre anni documentando biblioteche, tipografie e altri luoghi destinati proprio alla scrittura. Successivamente realizza House of Letters nella casa di campagna francese di Mangules, con la sua immensa biblioteca, tra il cinguettio degli uccelli, i piccoli soprammobili, la lampada accesa che si scorge dalla finestra verso sera.

O ancora Press, in cui indaga l’ambiente meccanico della stampa in una tipografia vicino a Losanna, e Calligraphy. L’artista si focalizza anche intorno al concetto di produzione e consumo tipico delle società attuali, con le fabbriche (la fonderia in Rolling Mills, i gasdotti di Subterranean), le attività artigianali (Clockmaster e Crystal), ma anche i luoghi (carceri in Prison e orfanotrofi in Orphange), le aree abbandonate (Safe, Mine e North), e i corpi, nuovi spazi da colonizzazione attraverso pratiche diverse (nelle serie Obstructions, Resistance e in Tattoo).

In Sentimental i fotogrammi della firma di Pamuk si alternano insieme al dialogo, ai disegni e alle riprese esterne delle navi sul mare. La scelta asincrona la ritroviamo anche in A House of Ink, ma questa volta con un trittico, in cui nel video centrale le immagini sono in movimento, e in quelle laterali restano fisse creando nuove configurazioni. L’osservazione di Ali Kazma è maniacale, isola ogni dettaglio senza interventi esterni, come libri, piccole porcellane, manoscritti in cui si riconoscono delle correzioni. E poi i taccuini sul tavolo disordinato tra pile di carta e blocchetti pieni di annotazioni.

Ali Kazma, A House of Ink, installation view at Francesca Minini, Milan 
Courtesy Francesca Minini, Milan Ph. Andrea Rossetti 

La produzione dei disegni di Pamuk risente del desiderio passato di fare l’artista, come racconta nel libro Istanbul. Le illustrazioni mostrano gli autoritratti, i paesaggi naturali e urbani, le architetture e vari oggetti. Pamuk ama l’arte e i musei che ha sempre frequentato fin da piccolo, tanto che a seguito della pubblicazione dell’omonimo romanzo del 2008, apre il Museo dell’Innocenza in cui raccoglie gli oggetti che hanno caratterizzato la storia di Kemal, il protagonista del libro. Per lo scrittore i musei dovrebbero raccontare la storia dei singoli, e essere collocati nei vicoli, come il suo nel distretto di Beyoğlu. Ali Kazma invece cristallizza nei suoi video la memoria umana che si sta disperdendo, in cui sono le piccole cose a avere importanza. Elementari dettagli come la lentezza del tempo che scorre fuori dalle finestre mostrando la sagoma della città in inverno, la moschea coperta di neve, i rami di un albero, un volatile su un parapetto, la quiete della scrittura. 

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