Le tentazioni e i tormenti di Cecily Brown in mostra a Firenze

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“Nel momento in cui c’è un’immagine chiara, la mente si assesta. E io non voglio che si stabilizzi. Mi piacciono l’inquietudine, l’apertura e l’ambiguità che ci sono quando c’è un continuo cambiamento in corso”, dichiara Cecily Brown. Fino al 4 febbraio 2024 il Museo del Novecento di Firenze ospita Cecily Brown. Temptations Torments Trials And Tribulations, personale, a cura di Sergio Risaliti, in cui il nome dell’artista è stato inserito dentro al titolo probabilmente perché, di tutte quelle pulsioni, l’artista ha fatto la sua stessa essenza e cifra stilistica.

La pittura di Cecily Brown è infatti, oltre che ultra materica, anche vorticosa, entropica: all’artista la dimensione figurativa appare insufficiente a raccontare il reale o l’irreale, ovvero la propria percezione come commistione di ciò che osserva attorno a sé e dei pensieri che abitano le stanze della propria mente, ma necessita di un caos astratto, in apparenza meramente caotico, che mai disturba l’architettura complessiva del dipinto, ma anzi la alimenta e sorregge, contribuendo a (ri)scrivere una grammatica importante dell’opera stessa. 

The Temptation of St. Anthony (After Michelangelo), 2010 watercolour, gouache, ink on paper
© Cecily Brown. Courtesy the artist and the Thomas Dane Gallery

Quando si parla della poetica di Cecily Brown, bisogna tenere a mente ciò che di sé diceva Moreau, pittore simbolista: “Credo solo a ciò che non vedo e solo a ciò che sento (dentro)”, sostenendo dunque che ciò che vediamo è spesso mendace oppure è semplicemente una piccola parte del tutto; nel lavoro di Brown si evince infatti una certa matrice esoterica, volta a cercare di decifrare, pennellata dopo pennellata, una realtà altra, energie invisibili ed inafferrabili che solo l’artista come vate può disvelare al pubblico, e non solo la sua personalissima visione. La vena esoterica veicolata dai quadri di Cecily Brown più che mai si evince in una fortunata serie ospitata nei mesi di settembre e ottobre 2022 alla Contemporary Fine Arts di Berlino, raccolte sotto un titolo piuttosto indicativo: The Spell (l’incantesimo). 

Nelle parole di Daniel Kehlmann: “I dipinti di Cecily Brown sono misteriosi in ogni senso della parola. Anche Cecily è misteriosa ed inquietante per me. Con la maggior parte degli artisti penso di poter discernere da dove provengono le loro creazioni: guardo l’opera, penso alla persona e dico oh, ecco perché! Con lei non posso farlo. Ho visto il suo studio, la sua famiglia e la sua idilliaca casa di campagna, ho avuto lunghe conversazioni con lei e una volta abbiamo anche trascorso del tempo insieme in Giamaica. Niente di tutto questo mi aiuta a capire i suoi dipinti. Quando mi trovo di fronte a questi dipinti mi vengono in mente le fiabe, perché la loro decontrazione della realtà non è cerebrale, ma sensuale, focosa, tremula, selvaggia e tanto complicata quanto crudele. I dipinti sembrano mostrare in sé la sostanza della fiaba senza perdersi nello scenario scenico”.

The aspiring subordinate, 2023 signed, dated verso oil on linen
© Cecily Brown. Courtesy the artist and the Thomas Dane Gallery

La pittura di Brown è quindi sì personale, certamente riconoscibile in maniera lapalissiana (visto il tratto importante, massiccio ed ineguagliabile), ma mai autoreferenziale: l’artista racconta se stessa per raccontare l’altro, che sia uomo o animale, perché la natura tutto può e racchiude, anche ciò che è invisibile o apparentemente incomprensibile. 

Nell’odierna mostra fiorentina sono presenti, nelle tele di più grande e di più piccolo formato (Brown ama lavorare con formati molto diversi tra loro), alcuni elementi ricorrenti, come gli animali, il paesaggio di campagna, i colori ora terrosi ora sanguigni, che via via si rarefanno più eterei nella serie delle grandi carte: si tratta di una serie di opere inedite ispirate alla versione su tavola delle Tentazioni di Sant’Antonio di scuola fiamminga, realizzata nella seconda metà del XVI secolo che, come quella attribuita ad un giovane Michelangelo Buonarroti, oggi conservata in Texas, deriva dalla medesima incisione di Martin Schongauer. 

L’esposizione prosegue nel Museo di Palazzo Vecchio dove all’interno del Camerino di Bianca Cappello, l’amante del Duca Francesco I de’ Medici, l’artista ha presentato un dipinto inedito: un nudo femminile, un corpo che giace disteso su un letto di pennellate vorticose, frenetiche; la commistione estatica di linee e colori con sottile erotismo rimanda alle personificazioni delle Tre Grazie, di Andromeda e di Leda.  

Cover Courtesy: © Mark Hartman

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