“I need to live” alla Triennale, Juergen Teller tra intimità e fashion

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Dopo l’apertura a Parigi al Grand Palais Ephémère, la mostra “I need to live”, la più grande mai dedicata al fotografo tedesco Juergen Teller, fa tappa a Milano in Triennale.

Juergen Teller (Erlangen, 1964), straordinario fotografo tedesco, ha segnato, nel bene e nel male, la fotografia del nostro secolo. Crudo, efficace, diretto e senza fronzoli, il suo stile emerge alla fine degli anni Ottanta distinguendosi da subito per una visione più libera e schietta della realtà in contrapposizione ai fasti del glamour che la faceva da padrone in quegli anni, soprattutto nella fotografia di moda, mentre le sue immagini emergono come il flash di un lampo di ispirazione immediatamente catturato.

Juergen Teller, Spring Summer 2019 campaign, Lake Como, Italy, 2018.

In questa esposizione, curata da Thomas Weski e realizzata con il supporto di Saint Laurent by Anthony Vaccarello, è chiara la volontà del fotografo di spogliare da qualsiasi orpello e immortalare i soggetti, dalle celebrities alle modelle passando per i personaggi della cultura pop, come parte di una grande famiglia, e in tutto e per tutto questa esposizione è un album di ricordi dove la vita privata dell’artista e quella professionale si sovrappongono, restituendone un grande affresco ornato da gioie, dolori, successi e critiche, come dimostra la parete dedicata ai commenti denigratori verso il lavoro dell’artista riuniti nell’ironico libro Notes about my work.

La mostra risuona come una dichiarazione liberatoria. Teller ha infatti dichiarato: “Ho bisogno di vivere per me stesso perché sono curioso della vita… Voglio vivere per me stesso, per mia moglie e per i miei figli e non voglio seguire la strada che ha scelto mio padre”. Uno dei focus della mostra è proprio questo: la celebrazione della vita riconoscendone tuttavia la fragilità e la precarietà. Con uno stile diretto, Teller ci parla della sua esistenza segnata da tragedie, come la morte per suicidio del padre, rappresentata in mostra dall’opera My Father’s picture of me, la prima foto senza veli di Teller neonato, scattata dal padre durante il cambio del pannolino.

Juergen Teller, My Father’s picture of me, 2015.

Erano gli anni Ottanta quando Teller approdò a Londra, e subito venne affascinato dall’industria musicale, suo il ritratto di Sinead O’ Connor, per la copertina del singolo Nothing compares 2 you, quello di Kurt Kobain durante un concentro dei Nirvana, accompagnati da Teller nel tour “Nevermind”, o ancora un intimo scatto di Bjork col figlio ripresi nella Laguna Blu d’Islanda.

Juergen Teller, Björk and son, Iceland 1993.

Così Teller ha cominciato a essere conosciuto e i magazine hanno iniziato a richiedere collaborazioni, portandolo all’inevitabile connessione con le riviste di moda, certo all’epoca  molto lontane dallo stile del fotografo, eppure troppo affascinanti perché nelle loro pagine la distinzione dei generi scompariva, i confini tra la foto-copertina di un album, il ritratto, la fotografia sul set  sfumavano l’una nell’altra: un richiamo irresistibile per Teller che ha infatti dichiarato: “in quegli anni era la musica ad anticipare ciò che sarebbe poi accaduto nella moda: il punk, la new wave, il grunge erano l’avanguardia estetica che si traduceva in abiti”.

Juergen Teller, Domenique, London, 29th September 1998.

Nacquero collaborazioni di lungo corso con l’istrionica Vivienne Westwood, di cui possiamo vedere un ritratto mentre si offre all’obiettivo totalmente nuda con lo sguardo sornione e provocante, o con Yves Saint Laurent, anch’egli immortalato da Teller. Come non parlare poi degli autoritratti del fotografo, sempre autoironico, che si mostra praticamente in mutande, spogliato di (quasi) tutto, e perciò autentico: la nudità, nella poetica di Teller, equivale infatti al modo più puro di mostrare sé stessi.

Juergen Teller, The Myth No.50, Grand Hotel Villa Serbelloni, Bellagio, 2022.

Negli ultimi anni la pratica del fotografo si è spostata verso una nuova fase che vede centrale il rapporto di collaborazione con la moglie, Dovile Drizyte, come il progetto “The Myth”, che Teller stesso ha definito come il progetto più romantico che abbia mai realizzato, in cui la moglie viene fotografa nelle stanze del Grand Hotel Villa Serbelloni a Bellagio letteralmente a gambe all’insù. Un progetto che celebra la fertilità, nella posa che secondo la leggenda favorisce il concepimento, e la nascita della loro figlia Iggy, che deve il suo nome a una delle icone della musica Rock, Iggy Pop.

Juergen Teller, Iggy Pop No.23, Miami, 2022.

Gli anni sono passati, le vicende si sono succedute, ma Teller rimane fedele al suo stile tagliente e schietto ma anche giocoso e tenero, nell’arte come nella vita.

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