Michela Murgia rinasce a Milano nel murale di Cristina Donati Meyer

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“Posso lasciarvi un’eredità? Disobbedite. Rompete la regola. Non fatevi mai dire che non state bene con quello che vi fa stare bene. Quello che vi sta bene, vi sta bene sempre, e se non sta bene a loro è un problema loro. Come dire? Dovete piacervi, non compiacere”.

È questa l’eredità maggiore che ci ha lasciato la scrittrice, critica letteraria, podcaster, conduttrice e attivista Michela Murgia, recentemente scomparsa, a soli 51 anni, a seguito di una malattia aggressiva e feroce, termini spesso accostati alla sua personalità per la veemenza, la lucidità, la tenacia di chi ha voluto e saputo esprimere il proprio pensiero, toccando temi scottanti, attirando inevitabilmente l’attenzione di giornali, radio, televisione, politica. Si potrebbe quasi parlare di una calamita-Murgia, così magnetica e colta da riuscire ad arrivare alle masse e a fare attivismo tramite la parola e la scrittura, a favore di cause oramai divenute celebri come il femminismo e i diritti delle donne, il tema della famiglia queer, la lotta per i diritti LGBTe ogni forma di discriminazione di genere e razza. Murgia ha parlato spesso anche di antifascismo.

A tal proposito ricordiamo uno dei suoi ultimi interventi al Salone Internazionale del libro di Torino 2023, intervistata da Andrea Malaguti, vicedirettore de “La Stampa” dove, oltre ad aver parlato del suo libro finale Tre ciotole, quasi un lascito, testimonianza di storie di cambiamento e sopravvivenza, ha espresso il suo pensiero in merito alle scelte politiche dell’attuale governo.

Si sa che l’arte è politica e che tutto è politica. Ad ogni modo l’attivismo entra a far parte dell’arte attraverso messaggi sociali, pubblici, ambientali, sin dal XX secolo e in special modo con il Graffitismo e la Street Art, evolvendo verso una forma d’arte oggi chiamata Artivismo, che si discosta da una vera e propria arte politica per assumere sfumature educative e d’impegno sociale, e ha come interpreti principali Banksy, Ai Weiwei, Sebastiao Salgado, Tania Bruguera, Teresa Margolles. In Italia, sono molti gli artisti (spesso street artist) che hanno preso parte al dibattito pubblico con interventi visivi di grande forza e dalla forte caratterizzazione politica. Una di queste è senz’altro Cristina Donati Meyer.

Ed è stata proprio quest’ultima artista milanese, classe 1985, a realizzare sull’Alzaia del Naviglio Grande un murales dedicato a Michela Murgia, intitolato Vogliamo piacerci, non compiacervi, omaggio all’intellettuale sarda, raffigurata nell’atto di sorridere, di afferrare la vita. Turbante e vestito verde, colore associato alla speranza, alla natura, all’amore incondizionato, nel murale di Donati Meyer la Murgia tiene con una mano una bandiera dai colori arcobaleno, a rappresentare la famiglia “non convenzionale”, con l’altra un libro, a testimoniare la sua penna fine e acuta, sin dal primo romanzo del 2006  Il mondo deve sapere, in cui denunciava la realtà del precariato e da cui il regista Paolo Virzì ha tratto il film di successo Tutta la vita davanti.

Cristina Donati Meyer ha fatto molto parlare di sé anche a causa di alcune opere provocatorie nei confronti della classe politica attualmente al potere, in particolare di Matteo Salvini, rappresentato come un gerarca fascista, comparso sempre sui Navigli. L’artista tuttavia non utilizza solo le tecniche della street art ma anche pittura, fotografia, performance per immergersi in tematiche attuali e affrontare questioni sociali complesse come il femminicidio, le guerre, la salvaguardia ambientale, le morti in mare dei migranti.

La voce, la penna, l’arte, attraverso tutte le sue forme e i suoi mezzi, sono manifestazioni espressive in grado di muovere il dibattito, accendere le menti, solleticare il pensiero, dunque sempre più orientate a un discorso collettivo. Per questo attivismo e arte si legano strettamente, l’uno sopravvivendo all’eredità che sarà raccolta da altri, immortalata nel ricordo che si concretizza in progetti di arte urbana appartenenti al presente e in un sistema di relazioni in cui credeva fortemente Michela Murgia.

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