Mario Sironi: tra censura e riscoperta in nome dell’arte

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Fino al 4 febbraio 2024 La Galleria BPER Banca di Modena ripercorre in maniera completa la carriera artistica di una delle figure centrali del Novecento italiano.

Se oggi entrate nell’aula magna del rettorato dell’Università La Sapienza di Roma e guardate dritto davanti a voi non potete non notarlo: su ben 140 metri quadri si estende L’Italia tra le Arti e le Scienze, una delle pitture murali più grandi ed articolate di Mario Sironi. L’artista vi lavora alacremente mixando tecnica ad affresco e tempera, incidendo direttamente dal cartone preparatorio e poi proseguendo a mano libera sul muro: in soli tre mesi porta a compimento l’opera. Siamo nel 1935 o, meglio, nel XIV anno dell’Era Fascista. Perché Sironi non ha mai rinnegato la sua adesione al regime, a differenza di molti altri creativi “pentiti”. Tale scelta gli è indubbiamente costata molto cara, soprattutto in termini artistici. Fino al 2015, infatti, dell’opera sopra citata era visibile solo il “restauro” del 1950 di Alessandro Marzano che ne aveva modificato ben il 90%, dopo la copertura totale con carta da parati degli anni precedenti. Una sorta di censura del murale simile all’isolamento in cui Sironi si era volutamente rinchiuso fino al 1961, anno del suo decesso a Milano. Il carattere scontroso e incline alla depressione aveva fatto il resto. Dunque, non è un caso se la retrospettiva a La Galleria BPER Banca si intitola “Mario Sironi. Solennità e tormento”, a cura di Daniela Ferrari: con i suoi lavori ed i trascorsi personali lui, meglio di chiunque altro, ha perfettamente incarnato i tormenti di un’epoca tragica e travagliata come quella del Ventennio.

Esponente di spicco del movimento ideato da Margherita Sarfatti che dal secolo scorso prende il nome, assieme a Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Piero Marussig e Ubaldo Oppi, Mario Sironi era stato chiamato ad incarnare una “nuova” modernità. Ovvero il superamento della frantumazione delle forme portata avanti dagli impressionisti e poi coltivata dalle prime avanguardie. Una “chiamata alle armi” che lui, interventista nel primo conflitto mondiale nel Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti e Automobilisti (V.C.A.), assieme ai colleghi Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni e molti altri, accetta di buon grado. Del resto, il suo stile asciutto, il segno grafico sicuro e potente da illustratore e la sua tavolozza cromatica essenziale sono perfetti per incarnare l’epoca contemporanea. Sempre però con una particolare attenzione rivolta ai principi del ritorno alla classicità.

Nato in Sardegna a causa del lavoro del padre ingegnere e architetto, ma trasferitosi in tenerissima età a Roma, Mario Sironi inizia la carriera artistica, supportato dalla madre, proprio come illustratore. Un’attività che non abbandona praticamente mai e che gli consente, assieme alla moglie Matilde, di trasferirsi definitivamente a Milano. Per lui l’arte deve avere un ruolo sociale, non può essere un semplice strumento di autopromozione ed elevazione della propria figura. Così alla pittura da cavalletto predilige l’arte pubblica, la pittura murale, la scenografia e la già citata illustrazione. Non a caso cuore della mostra de La Galleria BPER Banca è il dipinto Allegoria del lavoro: lo studio preparatorio di un affresco, oggi distrutto, proposto con grande successo nel 1933 alla V Triennale di Milano. In esposizione si trovano anche i suoi bozzetti e le analisi per le decorazioni, assieme ad un corpus di ben 40 opere rappresentative di tutte le fasi della sua carriera e, soprattutto, dei temi trattati. La figura umana, le nature morte, le composizioni, i paesaggi urbani desolati con cui Mario Sironi riesce ad esprimere quel senso di vuoto e di identità perduta tipico delle città metropolitane allora in rapida espansione. Alcune di esse sono per la prima volta in mostra al di fuori della Sardegna, frutto di una donazione della compagna Mimì Costa al Banco di Sardegna – Gruppo BPER Banca. Con Mario si erano conosciuti poco dopo il suo arrivo a Milano: per lei l’artista lascia la moglie, eleggendola a compagna di un’intera vita.

Altra curiosità che si può ammirare in mostra a Modena sono i lavori preparatori di Sironi eseguiti su supporti occasionali, come il Mosè del 1933 su carta di giornale. L’artista, infatti, disegna su qualsiasi supporto a disposizione come appunto i quotidiani, le buste da lettere, il retro dei fogli già utilizzati.

Forse solo in tal maniera Mario Sironi riesce a dar sfogo ad un’impellenza, ad un tormento che vede nell’arte l’unica cura possibile.

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