Francesca Alinovi, cronaca di un omicidio al Dams pt.1

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Diversi podcast, negli ultimi tempi, hanno puntato la propria attenzione sul caso dell’omicidio, avvenuto esattamente 40 anni fa, di Francesca Alinovi, critica d’arte geniale ed eclettica, docente di Estetica al Dams di Bologna, studiosa della storia delle performance e sostenitrice ante-litteram del linguaggio dei graffiti, oltre che amica di artisti come Andy Warhol, Jean Michel Basquiat e Keith Haring (che dopo la sua morte le dedicherà anche una tela). Il nostro collaboratore Luca Steffenoni, scrittore e criminologo, ha ripercorso per noi la storia delle indagini seguite a questo orrendo omicidio, attraverso la chiave del racconto-verità, riletto attraverso gli occhi del commissario che per primo seguì le indagini. Un racconto diviso in 3 puntate, esclusivamente per i nostri lettori di Artuu

Il commissario Gaetano Chiusolo si è vestito comodo. Jeans, maglietta bianca Fruit of the Loom, scarpe da ginnastica. Con i suoi 28 anni si confonde tra i pochi studenti che ancora girano per aule, biblioteche e laboratori del Dams, in questa calda giornata di luglio 1983. Studenti particolari, pensa il commissario. O forse è tutta Bologna a essere particolare. Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo, studi che daranno un avvenire a tanti giovani ma anche tanti fascicoli accumulati negli archivi della Digos, della Criminalpol, della Mobile e della Narcotici.

La politica, gli scontri, l’antagonismo, l’eroina, qualche suicidio, il fresco caso di Angelo Fabbri, studente prediletto di Umberto Eco, dodici pugnalate alla schiena gli hanno dato a quel povero ragazzo e nemmeno uno straccio di pista da seguire.  Nemmeno in estate si sta tranquilli, è appena arrivato un fax da Catanzaro, di nuovo il Dams, di nuovo una studentessa, la ferrarese Liviana Rossi in vacanza a Torretta di Crucoli. Sfondamento del lobo temporale destro, soffocamento, a carico di ignoti. E presunta violenza carnale in corso di indagine presso i colleghi calabresi.

Sarà un caso? Ci sarà mica un serial killer in circolazione? Musicisti, pittori, scultori, scrittori, disegnatori, fumettisti, attori, aspiranti registi, bravi ragazzi e poco di buono, tossici, spacciatori, fancazzisti. Tutti qui. Questo pensa il commissario. 

A ogni modo oggi lo studente è lui, con il suo block notes pieno di appunti e un giorno di ferie preso per spulciare tesi nell’Istituto di Estetica. Ne trova qualcuna interessante. 

Curatrice dott.ssa Francesca Alinovi, titolo Bologna e i Graffitisti newyorkesi tra Basquiat e Keith Haring. Un’altra, L’Enfatismo alla Galleria Neon di Bologna, il bibliotecario gli porta anche il catalogo di una mostra “1-6 giugno 1977. Galleria comunale d’arte moderna Bologna. Settimana della performance”. Sul retro copertina, tra gli ideatori e organizzatori di un evento che ha fatto parlare tutto il mondo dell’arte e non solo, una foto di Francesca Alinovi che ormai gli è quasi familiare.

Il commissario apre e chiude nervosamente i volumi seguendo il filo dei suoi pensieri. Legge di sigle, pseudonimi, nomi d’arte e cognomi reali, tutti già sentiti dalla bocca del professor Renato Barilli e del critico Roberto Daolio con cui ha avuto dei colloqui molto interessanti.

Piano piano gli sembra di cogliere qualche cosa di quella Bologna in cui è stato catapultato quattro anni prima dalla sua Benevento. Commissario alla Mobile in una delle città più inquiete e contraddittorie di tutto il nord. 

Vuole capire, il commissario, vuole conoscere. Cogliere quei rivoli di vento che nel nome di Francesca Alinovi sono partiti da Soho, da Chelsea e dall’East Village per spandersi per i vicoli del capoluogo emiliano. Legge di correnti artistiche, di gallerie che accolgono le opere dei nuovi interpreti della scena italiana, Ontani, Salvo, Valeria Modica e Gino Giannuizzi, Marcello Iori. 

Proprio quel Marcello Iori giovane pittore che il 15 giugno ha chiamato i vigili del fuoco preoccupato perché l’amica Francesca non rispondeva da giorni al campanello di casa.

Cerca la città dove “succedono cose”, cerca le immagini delle performance di Marina Abramovich e Ulay al Gam di piazza Costituzione, dove il pubblico è stato costretto a passare tra i corpi nudi dei due artisti, o di Hermann Nitsch, nella chiesa sconsacrata di Santa Lucia, tra litri e litri di sangue e un bue squartato al centro dell’altare. 

Indaga nel mondo di Francesca Alinovi. La giovane donna immortalata nelle foto trovate nella sua mansarda in via del Riccio 7. 

Tante foto in bianco e nero, tanti provini a contatto, che parlano di lei. Scatti che emanano fascino e personalità, ritratti malinconici che si alternano a immagini spavalde, una folta chioma dal taglio new wave, come Nina Hagen, come i Cure, come Siouxsie and the Banshsees, come va tra gli artisti di questo 1983 che non ha ancora deciso se seppellire gli anni ‘70 o surfare una nuova “onda”. Appunto.

Il commissario lo sa. Non saranno le perizie anatomopatologiche, lo studio dei lembi delle ferite da taglio e punta, i fenomeni putrefattivi, le ipostasi, le impronte, le tracce ematiche a svelare l’enigma di quella donna che anche nella morte è rimasta un’artista. Ci vuole ben altro oltre agli indizi criminologici, ai reperti, ai rapporti scritti dalla Scientifica per capire il perché di un omicidio.

Francesca Alinovi, anni 35, nata a Parma, morta a Bologna, secondo la perizia del professor Ricci, tra le ore 17 e le 24, di domenica 12 giugno 1983. Francesca Alinovi, la critica d’arte, l’assistente di Estetica, l’intellettuale d’avanguardia, l’artista, la performer, la talent scout e mille altre cose ancora.  La donna tanto forte da divenire riferimento della scena culturale emiliana e la donna fragile che vive amori impossibili e li documenta in un diario che pare scritto da una sedicenne irrequieta.

Artisti. Sono fatti così, prendere o lasciare, pensa il commissario. Anche del commissario Gaetano Chiusolo, negli ambienti della Mobile, si dice un gran bene. Si dice sia uno che farà carriera, 28 anni e già un bel curriculum, forza di volontà e intuito, quello che ci vuole per provare a risolvere il brutto caso Alinovi. Forse in Procura si aspettavano di più da queste indagini. Satanismo, sesso, scandalo nella Bologna bene.

Invece niente, nessun coniglio tirato fuori dal cilindro di un caso intriso di sangue e di arte. Come una performance. A iniziare dalla scena del delitto, il piccolo l’appartamento di via del Riccio 7, pieno centro storico, a due passi dalla Questura, da Palazzo Marescotti sede del Dams, da San Petronio, dove alle sette di sera del 15 giugno 1983 i pompieri sono entrati, servendosi di una scala, attraverso le finestre spalancate del secondo piano. Un ambiente bohémien solo apparente, c’è del rigore in quella sala piena di libri, di dischi, di quadri, di schedari, di ritagli dei giornali, di cataloghi di mostre, di materiale portato da New York, Boston, Chicago, Londra.

(….to be continued)

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