Beauty and Desire, le foto di Mapplethorpe e von Gloeden raccontano l’amore omosessuale

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Fin dagli inizi, negli anni Settanta, l’opera fotografica di Mapplethorpe ha spalancato le porte allo scandalo dell’amore omosessuale, al culto della diversità sessuale e razziale, alle espressioni più ardenti del vissuto quotidiano, eppure quelle immagini così esplicite sono sublimate attraverso una rigorosa composizione delle figure e attraverso la rappresentazione di una bellezza ideale che affonda le sue radici nel culto dell’antichità. Così per von Gloeden, che è noto per i ritratti e i nudi di giovani ragazzi in un ambiente, o meglio un set, che richiamava un’idilliaca arcadia: non a caso Wilhelm von Gloeden è considerato il primo fotografo a rendere popolare l’omosessualità sia per gli eterosessuali che per gli omosessuali. 

Robert Mapplethorpe ha scosso il mondo dell’arte negli anni Settanta e Ottanta  con fotografie esplicitamente omoerotiche: attratto dal mondo BDSM e gay , lo documentò attraverso i ritratti delle persone e delle vicende che viveva. In questo senso l’artista ha sempre fatto parte della scena, come lui stesso diceva “l’esperienza è più importante della foto in sé, io non faccio foto, faccio parte dell’evento”. 

Nativo di Long Island, a sedici anni si iscrive al Pratt Institute di Brooklyn per studiare pittura e scultura. I suoi primi lavori sono opere di montaggio e di assemblaggio di figure e oggetti in cui il suo interesse per la fotografia è mosso anche dalla grande ammirazione per Andy Warhol. Già da adolescente, è affascinato dalla nascente cultura psichedelica, prova l’LSD e altre droghe, ma sente di dover scappare dall’ambiente della provincia e si trasferisce a New York, dove vive e documenta  la nascente scena underground e gay e acquista abitualmente il materiale pornografico che vendevano sulla 42° strada a New York. Nel 1967 conosce Patti Smith, all’epoca appena arrivata in città, e se ne innamora. I due andranno poi a convivere in un appartamento al Chelsea Hotel: in quel periodo lui e Patti frequentarono la New York in pieno fermento. 

Patti e Robert vivono insieme fino al 1972, quando Mapplethorpe lascia la camera al Chelsea hotel per andare a vivere con il gallerista Sam Wagstaff di cui si era innamorato, un legame che durerà fino alla morte di Sam per AIDS nel 1987. Il legame tra Robert e Patti proseguì nonostante non vivessero più assieme, sono infatti di Mapplethorpe le copertine degli album della cantante, Horses del 1975, Waves del 1979 e Dream of Life del 1988.  Anton Perich, conoscente di entrambi, ricorda così quel periodo: “Patti Smith è sopravvissuta a tutto. Era con lui fin dal primo giorno. Era la sua custode dei sensi. Nelle sue fotografie è più bella di chiunque altro e canta meglio di chiunque altro. Ho potuto vedere tutto questo nel 1970”.

Patty Smith, 1986
© Robert Mapplethorpe Foundation Courtesy Robert Mapplethorpe Foundation

I primissimi scatti di Mapplethorpe sono infatti autoritratti e ritratti dell’amata Patti Smith a cui seguono numerosi scatti di amici e conoscenti: artisti, compositori, attori pornografici ed omosessuali. Sarà poi nel 1973 che l’artista, oltre alla prima mostra “Polaroids” alla Light Gallery di New York, produrrà il controverso “The X portfolio” (1979), una raccolta di immagini che celebra sfacciatamente la sottocultura sadomasochistica maschile gay degli anni Settanta e Ottanta, da molti liquidata come deviante, e ancora oggi fonte di discussione. Mapplethorpe si è sempre mosso al confine tra foto d’arte e foto destinate a un mercato pornografico inserendo soggetti e temi tipici del porno in un contesto di immagini artistiche: per l’artista la fotografia era uno spazio libero di trasformazione dove sovvertire e trasgredire per rivendicare il genere e la sessualità. 

Guidato da un istinto infallibile e da un gusto impeccabile, dovuto anche agli studi sulla fisicità e la plasticità dei corpi e della scultura rinascimentale e neoclassica, l’artista è sempre stato guidato dal desiderio di rivelare la bellezza in tutte le sue forme, che si trattasse di corpi, fiori o feticci. In ogni soggetto trattato dal fotografo è palpabile una tensione sensuale e sessuale che ancora scandalizza ma affascina e attrae irresistibilmente. Dal 1973 il lavoro del fotografo fu sempre al limite tra scultura e forma umana, con una radicalità tematica ispirata ai temi classici esaltando erotismo e sensualità. Studiando il problema del monumento classico e la sua viva ambiguità, Mapplethorpe si sforza di rispecchiare “l’arte nella vita e l’arte nella fotografia” con l’uso classico del marmo come materiale scultoreo, o meglio l’uso neoclassico della pelle fotografata come materiale scultoreo che fa riferimento all’uso classico del marmo.  Dalla natura scultorea dei corpi e delle forme, l’artista ha realizzato immagini drammatiche e fortemente fisiche di fiori e nudi maschili. Mapplethorpe muore di AIDS il 9 marzo 1989, Patti Smith lo ricordò così: “Ci salutammo e lasciai la stanza. Qualcosa mi spinse a tornare indietro. Era scivolato in un sonno leggero. Restai a guardarlo. Così sereno, come un bambino vecchissimo”.

Self Portrait, 1985
© Robert Mapplethorpe Foundation Courtesy Robert Mapplethorpe Foundation

Appassionato collezionista di fotografie, Mapplethorpe conobbe l’opera del barone Wilhelm von Gloeden, con la quale ebbe la possibilità di confrontarsi ampiamente anche agli inizi degli anni Ottanta, grazie ai contatti con il gallerista Lucio Amelio e a un soggiorno a Napoli. Nato a Wismar, in Germania, nel 1856, von Gloeden apparteneva a una famiglia nobile della Prussia, ma scelse di trasferirsi in un villaggio di pescatori di Taormina dove rimase fino alla morte. Detto il “barone”, rimane celebre soprattutto per i suoi nudi maschili di ragazzi siciliani che fotografava con oggetti come anfore e manufatti vari. Le immagini di von Gloeden sono interessanti per quello che rivelano sulla storia della sessualità: infatti l’omosessualità nei Pesi Mediterranei fino ai primi decenni del Novecento era accettata come parte dello sviluppo di un ragazzo. Anche da un punto di vista tecnico, le fotografie di von Gloeden sono interessanti, perché sono vere e proprie fotografie di scena, dei set minuziosamente costruiti per creare scene che imitassero l’atmosfera dell’antica Grecia.

A onor del vero, si narra che, dietro ai set di von Gloeden, si nascondesse anche qualcos’altro: si parla (e per questo motivo il fotografo subì denunce, sequestri di materiale e processi) di veri e propri baccanali e orge che il fotografo e i suoi ospiti intrattenevano coi ragazzi del villaggio: si racconta ad esempio, in un resoconto giudiziario, che “i baccanali di von Gloeden raggiungevano vette estreme di abbandono orgiastico”. Il luogo ideale di grazie ed eterna giovinezza che faceva da sfondo alle fotografie del barone rappresentava la sua fantasia che veniva fermata in queste “storie d’amore” a sfondo mitologico. Stilisticamente, le fotografie di von Gloeden sono ineccepibili, a partire dallo studio dell’illuminazione, alle eleganti pose dei modelli a cui si aggiungeva l’uso dei filtri fotografici più innovativi e l’uso per il corpo di creme con latte e olio d’oliva per mascherare le imperfezioni della pelle. La scelta di ambientazioni classiche e il suggerimento di allegorie rendevano grazia e levità all’immagine attenuando un po’ l’aperto carico di erotismo delle foto. Le immagini erano molto apprezzate anche all’epoca: le fotografie più caste venivano vendute dalle gallerie a una clientela selezionata, mentre le immagini più esplicite con nudi alimentavano il mercato pornografico clandestino.

Charles Bowman, 1980
© Robert Mapplethorpe Foundation Courtesy Robert Mapplethorpe Foundation

I nudi di Von Gloeden soddisfavano tre desideri: l’amore per l’arte, quello per la classicità e il desiderio di saziarsi della vista di corpi desiderabili. Dopo la morte del fotografo, avvenuta nel 1931, in pieno regime fascista, il Tribunale decretò la confisca e la distruzione di oltre tremila negativi ritenuti materiale pornografico e non artistico. Sarà solo verso la fine del secolo che, con l’affermarsi della cultura omosessuale, nacquero alcuni periodici per uomini gay, molti dei quali cominciarono a riprodurre le fotografie del barone, e il nome di von Gloeden ricominciò a girare e a diventare oggetto di culto, e le sue foto oggetto di collezione, non più bollate come mero materiale pornografico.

Anche dopo la morte di Mapplethorpe si aprì una diatriba fra chi promuoveva il valore artistico delle opere e chi invece le disprezzava aspramente, inevitabilmente gli elementi più conservatori della società. La sua visione fu considerata una minaccia ai valori fondamentali americani e questo alimentò una protesta che, nel 1989, portò a chiudere la mostra itinerante “The Perfect Moment”. In Mapplethorpe la fotografia si fa specchio e il soggetto è il tramite per manifestare ossessioni sessuali che diventano caratteri costanti della sua opera con i quali egli si libera e si realizza come Dioniso e Narciso, andando oltre il moralismo e lasciandoci, nudi, di fronte alla nostra natura e ai nostri desideri.

Derrick Cross, 1983
© Robert Mapplethorpe Foundation Courtesy Robert Mapplethorpe Foundation

La mostra “Beauty and Desire”, incentrata sull’opera di Robert Mapplethorpe a  confronto con alcuni scatti di Wilhelm von Gloeden provenienti dall’Archivio Fratelli Alinari, è aperta fino 14 febbraio 2024, al Museo Novecento di Firenze. La mostra è curata da Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento insieme a Eva Francioli e Muriel Prandato.

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