Banksy a Venezia, Sgarbi troverà i soldi per salvare il “Bambino migrante”

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Sarà Vittorio Sgarbi, sottosegretario ai beni culturali, a salvare il Bambino migrante di Banksy a Venezia, che si sta sfaldando per l’umidità e l’incuria. E lo farà, precisa il sottosegretario al nostro giornale, “con i soldi di una Fondazione privata, che ho già trovato stasera”.

Per ora è top secret il nome della Fondazione che finanzierà il progetto di restauro dell’opera, ma a giorni, ci assicura Sgarbi, verrà reso pubblico in una conferenza stampa che lo stesso Sgarbi terrà a Roma. L’occasione, del tutto casuale, è nata da un incontro istituzionale del sottosegretario alla Cultura, che si è svolto proprio la sera scorsa, 28 settembre, nel parco della splendida Villa Furstenberg, a Mestre. Nel corso di una serata di gala nel parco della villa, sede storica di Banca Ifis, trasformatosi, in occasione dei 40 anni della fondazione della banca, in un Parco Internazionale di Scultura (con opere, tra gli altri, di Fernando Botero, Igor Mitoraj, Manolo Valdes, Pablo Atchugarry, Roberto Barni e molti altri), Sgarbi ha trovato la quadra per salvare una delle due sole opere di Banksy oggi presenti in Italia. Quadra che, fino a questo momento, sembrava arduo trovare, per la difficoltà nel capire chi potesse esserne direttamente coinvolto, chi potesse finanziare il restauro e a chi spettasse di dare i permessi per realizzarlo. Insomma, un affaire che risultava difficile da sbrogliare, che oggi invece pare aver trovato una soluzione. Protagonisti dell’affaire, lo stesso Sgarbi, il sovrintendente di Venezia, Fabrizio Magani, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e il governatore della Regione Veneto Luca Zaia, tutti presenti alla serata a Villa Furstenberg. Oltre, naturalmente, alla proprietà del palazzo su cui è stato realizzato il murale.

Ma facciamo un passo indietro. Il Bambino migrante, realizzato da Banksy nella notte tra l’8 e il 9 Maggio 2019 su un palazzo sul Rio Novo durante i giorni d’apertura della Biennale, versa da tempo in precarie condizioni di salute a causa della sistematica erosione dovuta all’acqua alta, alla salsedine, agli agenti atmosferici. La proprietà dell’edificio, nei giorni scorsi, sembrava avesse cercato, attraverso un avvocato piuttosto noto a Venezia, Jacopo Molina, l’aiuto del sottosegretario ai Beni culturali, Vittorio Sgarbi, per tentare di preservare un’opera iconica dell’arte contemporanea, che altrimenti avrebbe rischiato di andare distrutta per sempre. Sorte analoga, del resto, a quella di molte opere di street artists, anche conclamati, che per incuria, miopia o cattiva gestione rischiano da tempo di andare perse. Caso emblematico, oltre a quello del Bambino migrante, è ad esempio quello del murale di Blu, altro street artist di fama internazionale molto attivo politicamente, dipinto sul muro esterno del Pac, il museo d’arte contemporanea di Milano, nel 2007 per la mostra “Street Art Sweet Art” (una delle prime, vaste e sistematiche ricognizioni in uno spazio pubblico sulla street art in Italia, voluta proprio dall’allora Assessore alla Cultura del Comune di Milano Vittorio Sgarbi), che da anni viene lasciato andare in rovina dall’Amministrazione comunale, con la motivazione che non ci sarebbe il consenso dell’artista nel restauro: Blu, infatti, è notoriamente indisponibile a confronti con privati o istituzioni su recuperi, o peggio ancora a “strappi” decontentualizzanti dei suoi dipinti, al punto che nel 2016 cancellò i propri graffiti realizzati illegalmente a Bologna per impedire che, con la scusa di “salvarli”, fossero commercializzati a sua insaputa. Caso analogo a quello di Banksy, che non si è mai prestato ad alcuna collaborazione per eventuali “salvaguardie” e men che meno a commercializzazioni senza il suo permesso dei suoi dipinti.

Eppure, oggi si pone un problema etico: è giusto lasciar andare in rovina un’opera d’arte, seppure creata illegalmente, semplicemente perché il suo autore non collabora e non vuole collaborare con chi è deputato a farlo per il suo restauro? A giudizio di molti, salvare opere d’arte che già oggi vengono celebrate e riconosciute internazionalmente è un dovere, nei confronti della storia dell’arte ma anche della cittadinanza.

La “Madonna con la pistola” in Piazza dei Girolamini a Napoli, protetta con una teca da un privato

Un articolo, pubblicato nei giorni scorsi su “Il Gazzettino”, il quotidiano di Venezia, ha dunque riportato l’attenzione sulla necessità di salvaguardare un’opera d’arte significativa come il Bambino migrante. Stando a quanto ha scritto il quotidiano, a cercare di salvare il murale di Banksy sarebbe stata proprio la proprietà del palazzo, che, fin dall’apparizione del murale nel maggio 2019, avrebbe cercato delle soluzioni per proteggerlo. Inizialmente, era stata chiesta la costruzione di una teca protettiva (come avviene per es. a Napoli per la cosiddetta Madonna con la pistola in Piazza dei Girolamini, protetta con una teca da un privato, senza aspettare il parere o l’intervento della Sovrintendenza); ma il dialogo con la Sovrintendenza, hanno fatto sapere dalla proprietà del palazzo, pare non abbia portato a risultati concreti (paradossi italiani, per il “pezzo” illegale dello street artist più famoso al mondo era stata presentata persino una denuncia per “imbrattamento,” che è però stata successivamente archiviata). Nel giugno 2022, c’era stata invece – riportava sempre il quotidiano – un’apertura da parte della Sovrintendenza per un sopralluogo e l’installazione di un ponteggio per valutare lo stato di conservazione del murale, ma anche questa iniziativa sembrava non avere avuto esito. Nel frattempo, il murale ha continuato a degradarsi.

Ieri sera, il colpo di scena. Mentre il Sovrintendente dichiarava, sempre al “Gazzettino”, “di non avere competenza diretta” sull’opera, in quanto il codice dei beni culturali assegna alle Sovrintendenze la tutela sulle opere con più di settant’anni e non di autori viventi (ma, precisava ancora il Sovrintendente al quotidiano, “personalmente l’avvocato della proprietà non mi ha mai contattato”), Sgarbi veniva investito della questione nientemeno che dal sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, e dal governatore della Regione Luca Zaia. Entrambi, come abbiamo detto, presenti alla serata a Villa Furstenberg.

Vittorio Sgarbi, courtesy of Roberto Serra – Iguana Press/Getty Images

“L’argomento”, dice Sgarbi al nostro giornale, “è saltato fuori perché a parlarmene sono stati Zaia e Brugnaro, perché il caso è diventato di attualità a Venezia. Io non ero stato contattato ufficialmente da nessuno, o almeno nessuno me lo aveva riferito fino ad ora. Quando Zaia e Brugnaro mi hanno chiesto cosa si poteva fare, riferendomi che il Sovrintendente si era chiamato fuori perché a suo dire non avrebbe i poteri di intervenire perché l’autore dell’opera è vivente e l’opera non ha più di 70 anni, io ho trovato la soluzione senza perdere tempo”. Quale sarebbe, dunque, la soluzione? “Semplice. Ho chiesto e già ottenuto da una Fondazione privata, di cui rivelerò il nome fra qualche giorno in conferenza stampa, il finanziamento per realizzare il restauro e mettere in sicurezza l’opera. Non ci interessa se l’opera abbia o non abbia più di settant’anni, né se l’autore sia vivo e neppure se ci dia il consenso al restauro, dal momento che, tra l’altro, il murale è stato realizzato illegalmente. La competenza me la prendo io con gli uffici d’arte contemporanea del Ministero, di cui sono responsabile attraverso la Direzione d’arte contemporanea, e benché il bene non rientri tra le opere da restaurare da parte della Sovrintendenza, rientra però nell’arte contemporanea che io tutelo. Ma lo faccio con un contributo privato, esattamente come avviene col finanziamento di una mostra o di un museo, per non dover aprire un capitolo di spesa che potrebbe essere complicato e anche lungo da trovare e da stanziare. Oggi stesso mi metterò in contatto con l’avvocato Molina, che rappresenta la proprietà del palazzo, e daremo il via all’operazione di salvataggio”. E la Sovrintendenza? Che ruolo avrà in questo affaire? “Al Sovrintendente, che ho visto sempre ieri sera a Villa Furstenberg, e che mi ha confermato di non avere i poteri di intervenire, ho detto che lui non dovrà far altro che vigilare affinché i lavori di restauro siano fatti secondo le regole, essendo il palazzo sul Rio Novo un bene vincolato”.

L’opera di Banksy com’era e come è adesso, courtesy of Il Corriere del Veneto

Potrebbe essere un caso di scuola, dunque? Un esempio di come potrebbero essere salvate alcune opere di arte pubblica, oggi lasciate andare in rovina quando non addirittura cancellate dalla miopia di molte amministrazioni, che da una parte offrono la carota di mostre e commissioni pubbliche a street artists d’ogni sorta, e dall’altra usano la mano pesante, multando, cancellando o lasciando all’incuria lavori anche di artisti già molto affermati, come sta accadendo da anni a opere come quella di Blu sul muro esterno del Pac? “Certo”, assicura Sgarbi, “l’operazione, qualora ce ne fossero i presupposti, potrebbe essere ripetuta in altre occasioni. Come nel caso del muro del Pac, certamente, che potremo cercare di salvare, come faremo con altre opere degne di essere salvaguardate”. E conclude: “Sgarbi non perde tempo. Dove c’è da intervenire per salvare un’opera d’arte, interverremo”.

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