Arte Fiera, 50 anni ben portati. Ma la vera novità è negli eventi in città.

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Si è appena conclusa a Bologna Arte Fiera, la più antica fiera italiana, che quest’anno ha festeggiato i cinquant’anni dalla sua fondazione. Un traguardo straordinario per la fiera, che esordì nel 1974 all’interno dell’ex Fiera Campionaria con appena dieci gallerie, evidenziato dagli oltre 50.000 visitatori dell’edizione 2024.

Tanto è cambiato dalla prima edizione negli anni Settanta quando Bologna era il cuore pulsante delle arti visive in Italia e un centro sperimentale tra i più vivaci d’Europa. Un’epoca lontana di cui restano le vestigia del tempo che fu nelle intense fotografie di Luisa Lambri, selezionata all’interno del programma Opus Novus che, dal 2019, commissiona un’opera inedita ad un artista italiano da presentare nei giorni della fiera nel Padiglione de L’Esprit Nouveau.

Ed è proprio in questo luogo che si apre un’edizione di Arte Fiera tanto protesa ad esaltare i fasti del passato e poco a far intuire cosa le riserverà il futuro. Un passato glorioso, senza ombra di dubbio, esaltato delle belle foto della Lambri che celebra la vitalità della Bologna che fu concentrando la sua attenzione su due piccoli capolavori architettonici proprio degli anni Settanta: la chiesa di Santa Maria Assunta a Riola di Vergato (BO), l’unica opera permanente di Alvar Aalto in Italia, terminata nel 1978, e il Padiglione de L’Esprit Nouveau, copia di un’architettura effimera di Le Corbusier degli anni Venti, costruita nel 1977 all’ingresso del quartiere fieristico.

Alvar Aalto, Chiesa di Santa Maria Assunta a Bologna (foto di Antonio Biagiotti).

Dopo le difficoltà delle ultime edizioni, Arte Fiera torna ad occupare stabilmente i padiglioni 25 e 26 del quartiere fieristico bolognese e il suo ruolo di apripista nel calendario delle fiere italiane. Condivisibile la scelta del direttore artistico, Simone Menegoi, nell’inevitabile celebrazione della data simbolo del cinquantenario, di non perdersi nei meandri dell’esaltazione random di una storia così ampia ma di soffermarsi solo sulle primissime edizioni, quelle del successo straordinario, dell’opulenza, della sperimentazione e del grande collezionismo.

I fasti gloriosi del passato, tuttavia, anziché rafforzare l’immagine della manifestazione, paradossalmente, ne evidenziano alcune fragilità. Poche le gallerie internazionali e ancor meno i visitatori stranieri, segno della poca attrattiva di cui godiamo nel sistema dell’arte transazionale. Il percorso espositivo è snello e si passeggia tra gli stand con la stessa predisposizione d’animo con cui ci si reca in visita, una volta all’anno, da quella vecchia zia a cui si vuol bene anche se ci racconta più o meno sempre le stesse storie.

La pittura resta il medium più frequente, ma interessante è la sezione dedicata alla Fotografia e ai Multipli. Proposte di pregio si intravedono nel settore moderno, anche se resta da capire quanto di quello che è stato portato in fiera migrerà verso le case dei ricchi collezionisti emiliani. Più prudente il settore del contemporaneo che punta sui nomi consolidati con ben poche novità. I tempi sono quelli che sono ed è forse più giusto puntare ai risultati. Senza troppi fronzoli, Arte Fiera è una fiera local che ha nell’essere radicata sul territorio la sua essenza. Giusto celebrare il passato, dunque, ma è anche necessario guardare al futuro e sicuramente l’aspetto su cui puntare per gli anni a venire sta proprio nel rendere ancora più solido il legame tra la manifestazione e la città.

Mary Ellen Bartley, Two Bottles Left Side, 2022 (Morandi’s Books, Museo Morandi, Bologna).

Se la fiera convince in parte, assolutamente di ottimo livello è, infatti, il programma di eventi collaterali proposti durante l’Art Week bolognese tra mostre, performance ed eventi in luoghi istituzionali, gallerie private e spazi indipendenti con l’apertura straordinaria durante la Art-City White Night del 3 febbraio di quasi tutte le sedi fino a mezzanotte. Anche qui, l’occasione ghiotta è offerta dalla celebrazione di uno degli artisti-simbolo della città, Giorgio Morandi, protagonista di cinque eventi speciali in occasione del sessantesimo anniversario della sua morte, ma grande interesse hanno registrato anche le mostre di Patrick Tuttofuoco a Palazzo de’ Toschi e quella di Canemorto a Palazzo Vizzani.

Canemorto a Palazzo Vizzani.

Infine, i premi. Sono dieci, in tutto, i premi assegnati in questa edizione: il Premio Bper è andato a Stefania Galegati, con l’opera ‘isola #49’; il Premio Officina Arte Ducati è stato assegnato ad Alberto Tadiello, con ‘Ossicodone 2’; il Premio Marval Collection è stato assegnato a Guilherme Almeida, con le opere ‘Destruiçao dos Mercados I’, ‘Tasha e Tracie’ ‘Destruiçao dos Mercados I, Jorge Aragao’. Il Premio Angmac è stato conferito a Lia Rumma; il Premio Osvaldo Licini by Fainplast ha selezionato come finalista Claudio Coltorti; il Premio Rotary è stato assegnato alla galleria Zero; il premio Rotaract e Premio Andrea Sapone sono andati a Daniele Di Girolamo con l’opera ‘Beautiful things fading away’; il premio The Collectors.Chain by Art Defender è stato assegnato a Milli Gandini, con l’opera ‘La mamma è uscita (trittico #1)’; il Premio Collezione Righi è stato assegnato a Sabrina Mezzaqui con l’opera ‘Punti di vista’; il Premio Studio Spada Partners è andato a Ruth Beraha con l’opera ‘Visionarie’; il Premio Colophonarte è stato assegnato a Zerha Doğan Due.

Guilherme Almeida, Destruição dos Mercados I, Basquiat, 2021-2022 (Ribot Gallery).

Per finire, ecco le nuove opere che entreranno a far parte delle collezioni del Mambo, il museo d’arte Moderna di Bologna: Photomatic d’Italia (1973-74) di Franco Vaccari e ‘Senza Titolo #15’ (2023) di Chiara Camoni (Piacenza, 1974).

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