È un “flusso creativo di scrittura automatica” quello messo in campo da Angelo Demitri Morandini, figura atipica di artista-filosofo e informatico, per la sua prima personale curata da Chiara Canali per Manuel Zoia Gallery di Milano, realizzata in collaborazione con Galleria Contempo di Pergine Valsugana (TN).
Titolo della mostra, Languag* Game of Words, ed è davvero un gioco, serissimo ma anche ludico, sorprendente e fantastico, quello in cui l’artista avvolge lo spettatore. Il grafema, elemento-base di ogni linguaggio, diviene nelle opere di Morandini, di volta in volta immagine, scultura, disegno in movimento o rarefatta apparizione, per farci riflettere sul potere e sulle contraddizioni del linguaggio. Segni che divengono puri elementi grafici, che la nostra mente da sola non può comprendere: ecco allora l’aiuto della tecnologia in Motus Liber. Authority of Symbols: The Manipulative Power of Algorithms, in cui sono le app dei nostri telefoni cellulari (Google Lens, Google Translate) a decodificare per noi i segni, divenuti comprensibili per l’uomo solo attraverso l’uso della tecnologia.
Ma, sembra dire il lavoro dell’artista, non sarà la tecnologia da sola a salvarci: ecco allora le parole “non traducibili”, ovvero non riconosciute dall’occhio elettronico, divenute immagini plastiche, fluttuanti nell’aria: matite colorate che, come una foresta di apparizioni incantate, attraversano lo spazio in cui lo spettatore può entrare, camminare, perdersi, giocare e interagire con esse. “Attraverso le nuove tecnologie della comunicazione”, scrive Chiara Canali nel testo introduttivo, “l’uomo contemporaneo si avventura al di là dello spazio analogico, alfabetico e geometrico, ed entra nella vastità della mente digitale”.