Che cos’è l’arte terapia? Uno sguardo sulla relazione d’aiuto

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Prima di parlare delle ragioni sociali che attualmente in Italia supportano il disconoscimento pubblico della disciplina in ambito medico e terapeutico, è bene chiarire qualche terminologia, è bene tracciare una linea storica introduttiva affinché si possa comprendere nel profondo che cosa sia l’arte terapia e il ruolo che ricopre nelle pratiche di guarigione e cura. Molto spesso, nel comune sentire, parlare di Arte Terapia implica un certo numero di significati che hanno poco a che fare con la disciplina in sé.

Nata, per così dire, recentemente, i suoi germi di sperimentazione si hanno negli anni Quaranta, in Inghilterra, all’interno di strutture di riabilitazione per reduci di guerra e malati di tubercolosi. Sono evidenti, all’occhio di chi lavora a contatto con i pazienti, gli effetti della stimolazione della creatività e della materia artistica: l’oggetto, risultato del processo creativo, permette di dare una forma al proprio “interno”, al mondo che abitiamo e alle emozioni che proviamo. Non solo quindi gli artisti supportano le persone in difficoltà con la creazione, anche all’interno di strutture psichiatriche (ex manicomi), ma già molti psicologi, quali Jung (specialmente) evidenziano il potere del sistema immaginativo del singolo, ovvero la possibilità, mediante il lavoro simbolico per immagini, di legare fra loro le differenti parti di sé in termini non solo verbali, ma anche pratici e tangibili.

Nel 1964 nasce in Inghilterra l’Associazione Britannica degli Arti Terapeuti (BAAT) e negli anni Settanta iniziano a nascere le prime scuole di formazione. Grazie al lavoro perpetrato dall’Associazione, che supporta il lavoro dell’arte terapeuta e contribuisce a fondare un sistema di scambio fra le diverse ricerche cliniche, la disciplina si struttura quale metodologia applicativa effettiva, nonostante sia costituita da differenti anime (e questa, a mio parere, costituisce anche la particolaritá-valore che la differenzia da altre scienze, molto più “confinate”).

È l’integrazione dell’approccio artistico e psicologico, nel tentativo di comunicazione fra il sé e l’altro, nella relazione d’aiuto, che permette alla disciplina di qualificarsi come tale: l’arte terapia utilizza i materiali espressivi, detti mediatori artistici, per stabilire una relazione fra paziente ed arte terapeuta. Il processo creativo permette non solo l’emergere di elementi personali e soggettivi, ma nel qui ed ora della seduta i conflitti vengono risolti grazie alla mediazione dell’immagine e all’intervento guidato dell’arte terapeuta. Il processo  condiziona ogni partecipante della seduta, che sia il paziente, il gruppo o l’arte terapeuta, ed è diretto all’acquisizione di una consapevolezza interiore. Sempre in Inghilterra, nel 1982, il Ministero della Salute riconosce l’arte terapia e, a partire da quell’anno, viene inserita all’interno delle strutture sanitarie pubbliche, come pratica a sé e costellazione della più ampia relazione di cura e guarigione del singolo. Nel contesto italiano, invece, che presenta sul proprio suolo numerose scuole di formazione e professionisti della cura, si fatica ancora a riconoscere l’arte terapia quale disciplina di studio e applicazione.

Nonostante negli ultimi anni qualche corso di arte terapia specifico sia stato inserito all’interno di Master e percorsi universitari in Psicologia, tuttavia la formazione a sé stante in arte terapia è “limitata” all’ambito privato. APIART è l’Associazione di riferimento per gli Arti Terapeuti italiani. Fondata nel 1999, fu promotrice della legge 4/2013 (sui professionisti non organizzati) e la prima firmataria della richiesta di istituzione del Gruppo di Lavoro UNI per la normazione del settore delle Arti Terapie. Stabilisce il codice etico e deontologico degli Arti Terapeuti e dirige l’“Albo” per i professionisti del settore. 

Come presentato, a paragone del sistema britannico (pioniere della disciplina) e quello americano (che permette la formazione accademica in Arti Terapie), la storia dell’arte terapia italiana presenta soltanto in questo millennio i primi riconoscimenti istituzionali. Alla mia mente-corpo diretta alla formazione in arte terapia, fa specie e un po’ rabbia che si fatichi a riconoscere i benefici di tale professione. I risultati scientifici, nati dall’esperienza all’interno di differenti ambiti di cura, sono pubblici e possono essere letti da chi lo desidera.

Numerose sono le strutture in cui si può operare (quali il lavoro di ricerca-cura con pazienti oncologici, disabilità infantile, ambito geriatrico, strutture per la riabilitazione psichiatrica o tossicodipendenza). L’arte terapia abbraccia l’individuo: non ha più alcun senso relegarla solo alla malattia mentale oppure agli individui soggetti a difficoltà di comunicazione verbale. Lo spettro di applicazione è ampio, ogni singola persona può trarre beneficio dal riconoscersi nell’occhio di chi lo guarda (e viceversa) e nell’opera che crea, specchio della propria anima e strumento di supporto. L’arte terapia sostiene il presente e la necessità di dedicarsi ed avere cura del proprio essere. A volte, però, è necessario che ci sia una mano che ci guidi nel cammino di riscoperta del sé. Questo è il lavoro dell’arte terapeuta. 

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