Ilaria Salis, un murale di Laika per denunciare la violazione dei diritti sotto il regime di Orban

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Nella notte tra il 30 e il 31 gennaio, a pochi passi dall’Ambasciata di Ungheria a Roma, la street artist Laika ha realizzato una nuova opera d’arte carica di significato sociale e politico.  Il poster è dedicato a Ilaria Salis, l’attivista antifascista e maestra di Monza, attualmente detenuta in Ungheria in condizioni che definire “disumane” è dir poco.

L’opera affissa la notte scorsa all’incrocio tra via dei Villini e via Malpighi, ritrae l’attivista antifascista, che si libra nell’aria, dopo aver spezzato le catene che ancora pendono dalle sue mani affusolate, indosso un vestitino a righe. Sull’abito la scritta “Ila, resisti”. In basso, il logo “Laika antifascista”.

“La Salis è detenuta in Ungheria da 11 mesi in condizioni disumane. Le immagini che abbiamo visto dell’aula di tribunale sembrano arrivare da Teheran, non da un paese dell’Unione Europea. Neanche Breivik in Norvegia, il terrorista della strage di Utopia che fece il saluto nazista in aula, era legato così”, ha dichiarato Laika, riferendosi alle immagini della donna, apparsa incatenata.

La maestra di 39 anni come noto è detenuta nelle carceri di Budapest perché accusata di aver partecipato ad un’aggressione a colpi di manganello ai danni di due estremisti neonazisti ungheresi (che tra l’altro avrebbero riportato ferite guaribili in otto giorni) durante una manifestazione nella capitale nel febbraio dello scorso anno. Le immagini di lei al processo con le catene ai piedi e alle mani hanno fatto il giro del mondo.

L’insegnante di Monza rischia fino a 24 anni di carcere per tentato omicidio colposo per aver partecipato all’aggressione durante il raduno del “Giorno dell’onore”, che è un evento che si svolge da anni nella settimana dell’11 febbraio, da sempre è legato a movimenti di estrema destra, neonazisti o neofascisti, che si riuniscono nella città e organizzano cortei, proteste e commemorazioni. Si vedono spesso striscioni con slogan antisemiti o ispirati alle ideologie naziste.

Il “Giorno dell’onore” non è una ricorrenza ufficiale, ma un anniversario simbolico relativo ad alcuni fatti della Seconda guerra mondiale. Tra l’ottobre del 1944 e il febbraio del 1945 nella città di Budapest ci furono scontri tra l’Armata Rossa, ossia l’esercito sovietico, e le forze tedesche e ungheresi (il regno d’Ungheria rimase alleato dei nazisti per buona parte della guerra).

La street artist ha sollevato la questione come una chiara violazione dei diritti umani, ricordiamoci che l’Ungheria è uno stato membro dell’Unione Europea. La preoccupazione è per l’avvicinarsi di un atteggiamento autoritario, che minaccia di cancellare i diritti fondamentali. “Questa è una dimostrazione di forza di uno stato che tende sempre di più all’autoritarismo”, ha sottolineato Laika, evidenziando la necessità di agire contro tale deriva.

“Sono fiera di sostenere Ilaria, da artivista e da antifascista. Questa onda nera che si abbatte sull’Europa va fermata. Ilaria va liberata. Subito” ha affermato sottolineando l’urgenza di agire per la liberazione della maestra.

La street artist in maschera e giacca bianchi, e pantaloni color arancione (ormai la sua divisa e la sua cifra) è attiva a Roma (e non solo) dal 2019. Le sue opere, spesso irriverenti, sono profondamente politiche. Con i suoi poster ha denunciato “l’epidemia di razzismo” verso le persone asiatiche scoppiata all’inizio della pandemia. Ha vestito l’allora sindaca Virginia Raggi da celerina per protestare contro lo sgombero di Cinema Palazzo. Ha preso posizione contro l’hate speech mettendo nero su bianco, su un muro della Capitale, nomi e cognomi di chi dissemina odio in Rete. Il suo abbraccio tra Giulio Regeni e Patrick Zaki, realizzato nel febbraio del 2020, è diventato uno dei simboli della lotta per la libertà dello studente egiziano.

Laika, però non piace a tutti, ha ricevuto più volte minacce. I suoi poster ispirati all’invasione dell’Ucraina, ad esempio, hanno fatto scalpore. Il nome d’arte è un omaggio alla cagnetta che salì sullo Sputnik nel 1957 e se le chiedi come si definisce, risponde ‘attacchina’.

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