Banksy, un nuovo murale a Londra. Contro l’intelligenza artificiale

A segnalarlo, primo tra tutti, è stato ieri mattina Stefano Antonelli, il maggiore esperto di Banksy assieme a Gianluca Marziani, nel suo profilo Facebook: “Apparso questa mattina”, scrive il critico nella sua pagina, “un nuovo #banksy a Londra, questa volta l’artista se la prende con i robot rilanciando lo slogan dei movimenti del 2000 che animarono le proteste di Seattle e Genova. Nonostante sia stato rilanciato dall’account della sua mostra a Glasgow, il lavoro non è ancora stato confermato. Si trova nei pressi della stazione di Edgware e il robot ritratto ricorda molto l’opera di Sun Yuan e Peng Yu “Can’t Help Myself” (2016). Fonte: @banksycutandrun”. In effetti, la foto era uscita la sera precedente nel profilo instagram dell’ultima mostra di Banksy a Glasgow, prima esposizione “ufficiale” dello street artist inglese, pubblicizzata dallo stesso Banksy e munita di sito creato appositamente per l’occasione, oltre che di profilo Instagram.

Il fatto, dunque, che la foto sia comparsa proprio sulla pagina Instagram di questa mostra, che è un’emanazione diretta di Banksy e del suo staff, ha fatto subito propendere i critici per la sua attendibilità. Tra l’altro, non è la prima volta che Banksy “rivendica” un suo lavoro non sul suo account ufficiale, ma in uno di quelli collegati: “è già successo”, sottolinea Antonelli, “con i lavori fatti in Ucraina, che erano stati rivendicati non dal suo account, ma da quello di Gross Domestic Product”, ovvero il finto negozio creato dall’artista nel 2019 a Londra proprio in risposta alla “guerra commerciale” intentatagli da Andrew Gallagher per commercializzare i prodotti con le opere dell’artista senza il suo permesso, vicenda che oggi rischia di costare all’artista di Bristol la fine del suo anonimato (noi abbiamo raccontato qua l’intera vicenda e i suoi retroscena, unici in tutta la stampa mondiale).

Oltre a questo, naturalmente, ci sono altri elementi che fanno propendere quasi certamente per l’autenticità dell’opera: lo stile, prima di tutto, ma anche i contenuti. Vediamo quali. Il murale rappresenta un gruppo di persone (due uomini e un bambino, tutti con sul volto una maschera, probabilmente di clown o di animale) che sembrano tirare un aratro, come i contadini di un tempo. Ma al posto dell’aratro, c’è un robot. E, precisamente, un esemplare che ricorda da molto vicino – come sottolinea appunto Antonelli nel suo post – allo stranissimo mostro meccanico presentato dagli artisti cinesi Sun Yuan e Peng Yu, presentato alla Biennale di Venezia del 2019, nell’installazione intitolata Can’t Help Myself, nella quale il robot continuava incessantemente a spazzare via un liquido che sembrava sangue, che fuoriusciva dalla sua stessa base. Questa volta, però, il robot è intento a scrivere sul muro, in una sorta di sostituzione dello stesso artista di strada: “Another World is possibile”, un altro mondo è possibile, che richiama gli slogan delle proteste anti-globaliste e anticapitaliste dei primi anni Duemila.

Ma qual è il significato dell’opera? “Se n’è discusso ieri in un forum dedicato alla scena urbana internazionale, e l’impressione generale è che sia un’opera che se la prende con l’intelligenza artificiale”, dice Antonelli: “infatti, non solo è il robot, la macchina insomma, a scrivere lo slogan anticapitalista, quasi se ne fosse impossessata e l’avesse tradotto ironicamente nel suo opposto – un mondo distopico, dove la tecnologia ha asservito l’umano – ma la stessa macchina ha, per l’appunto, reso schiavo l’uomo, costretto a tirarlo come un tempo i contadini tiravano l’aratro”.

Una riflessione amara sul cambiamento in atto, dunque, in cui la digitalizzazione sta soppiantando il lavoro umano in tutti i settori, alienando e svuotando sempre di più i rapporti e le relazioni umane; e anche, forse – se si pensa all’origine iconografica del robot con la sua metafora sul “lago di sangue” che lui stesso produce e contemporaneamente cerca anche di spazzare via –, si può ipotizzare che possa anche sottindere un messaggio subliminale contro le guerre, sempre più spietate e sempre più meccanizzate, e sull’ipocrisia della società capitalista, che, fingendo di volere la pace, in realtà non fa che produrre stragi e guerre.

Del resto, Banksy non è nuovo all’utilizzo dei robot nelle sue opere come esempi della meccanizzazione e digitalizzazione sempre più incalzante della società contemporanea. Un precedente, in questo senso, lo si può rintracciare nell’opera che l’artista dipinse nel 2013 a Coney Island, a New York, che rappresentava un robot-giocattolo che dipingeva un codice a barre (la cui sequenza numerica, tra l’altro, riproduceva il codice nucleotidico dell’organismo Homo Sapiens, ovvero l’uomo, oggi divenuto un semplice numero su un codice a barre).

Dal codice a barre al robot-pittore, che ha preso il potere sull’umanità immaginando un “altro mondo possibile”, postumano e ipertecnologico, dove non solo le azioni, ma anche la creatività umana e i sogni utopistici di un mondo “diverso” vengono soppiantati, conformati e fatti propri dalle tecnologie, il passo è breve.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Didatticarte: Il volto inclusivo del collezionismo didattico

Dopo quasi quindici anni dalla creazione del sito Didatticarte.it, Emanuela Pulvirenti continua ad essere attivissima nell’ambito della didattica della storia dell’arte, dedicandosi infaticabilmente alla divulgazione di contenuti specialistici attraverso i diversi canali social.

Artuu Newsletter

Scelti per te

La forma della luce. Beato Angelico e il tempo sospeso della pittura (pt.1)

Curata da Carl Brandon Strehlke, con Stefano Casciu e Angelo Tartuferi, l’esposizione si sviluppa come un pellegrinaggio laico attraverso più di 140 opere, tra pale dorate, crocifissioni, ritratti e miniature, fino a toccare i luoghi dove l’Angelico ha realmente vissuto e lavorato.

Nel salotto degli spiriti: Fata Morgana riporta in vita le visioni di Palazzo Morando

La contessa è Lydia Caprara di Montalba (1876-1945) insieme al marito Gian Giacomo Morando Attendolo Bolognini (1855-1919), ha vissuto a Palazzo Morando, oggi sede della collezione di Costume e Moda del Comune di Milano

L’intimità della scultura. Mani-Fattura: le ceramiche di Fontana alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia

Dall’11 ottobre fino al 26 marzo 2026, la Collezione Peggy Guggenheim ospita Mani-Fattura: le ceramiche di Lucio Fontana, una mostra che riunisce circa settanta opere scultoree e racconta, con taglio cronologico e tematico, un artista che dialoga con la terra e il fuoco.

Dal filo al silicio: i Cyber Carpet di Matteo Mandelli in mostra a Parigi

Nelle sale della Galerie La La Lande di Parigi, a pochi passi dal Centre Pompidou, i tappeti di Matteo Mandelli (YOU) non si adagiano sul pavimento: si sollevano, diventano superfici sospese, mappe concettuali, diagrammi di un pensiero che intreccia tradizione e tecnologia.

Seguici su Instagram ogni giorno