Animali fantastici e dove trovarli. In Sardegna, nel Parco del Limbara, gli “strani ibridi” di Dario Ghibaudo

Il curatore della mostra ci racconta il progetto che l’artista piemontese, che fu tra gli animatori del Concettualismo Ironico, porta in una delle aree di maggiore interesse naturalistico dell’isola

di Ivo Serafino Fenu

Attenti al mostro! Sotto il letto, dentro l’armadio o, come da tradizione, nel bosco più intricato e oscuro. Il bosco, stavolta, è quello di Curadureddu in Sardegna, a pochi chilometri da Tempio Pausania, la “città di pietra” della Gallura interna. A popolarlo di mostri è stato l’artista Dario Ghibaudo con una selezione di opere tratte dal suo Museo di Storia Innaturale.

Fuori e dentro il CEDAP (Centro di Educazione e Documentazione sull’Ambiente e sul Paesaggio del Limbara, ndr), sede della rassegna “Organica, Museo d’arte ambientale del Parco del Limbara” diretta da Giannella Demuro, è possibile ammirare infatti, fino al 24 di agosto, le così belle deformità e quelle bellezze deformi prodotte da Ghibaudo e che, certamente, sarebbero state censurate e pesantemente apostrofate con tali parole da San Bernardo di Chiaravalle. Parole, quelle di Bernardo, dalle quali traspare un atteggiamento quantomeno ambivalente sul potere delle immagini e sul loro uso: insieme di repulsione e di attrazione, nella consapevolezza della loro natura seduttiva, capace di evocare le deformità, di raffigurare gli abitanti di un altrove al contempo mentale e fisico, di concretizzare visivamente la dimensione straniante e incombente dell’irrazionale, dei monstra che abitavano il “medioevo fantastico” e che, ancora, accompagnano, l’immaginario contemporaneo.

Sono oltre trent’anni che Dario Ghibaudo percorre tali territori, vi si nutre e, allo stesso tempo, li feconda con una prassi operativa che fa convivere il massimo dell’irrazionalità con la razionalità straniante di un progetto dal carattere enciclopedico e scientifico in continuo divenire, teso a catalogare, a registrare e rendere sistematico un mondo, quello della “meraviglia”, agli antipodi da tale prassi operativa.

È dal 1991 infatti che Ghibaudo ha iniziato a dare forma al suo Museo di Storia Innaturale, strutturandolo, ossimoricamente, col rigore illuministico di un vero e proprio museo di storia naturale di stampo settecentesco. Il progetto è articolato in Sale, virtuali e reali, deputate a ospitare e compartire, idealmente, le diverse branche che spaziano dall’Antropologia all’Entomologia, dalla Botanica agli Esseri mutanti e agli Esemplari rari, dall’Etnografia all’Anamorfosi, per citarne alcune. Al loro interno compaiono esseri ibridi e mutanti, contaminati da processi metamorfici fisici e culturali in fieri, autenticati e, pertanto, certificati dall’artista demiurgo che li battezza con nomi in latino, rigorosi e icastici nel descriverne le peculiarità quanto ironici e corrosivi verso l’assertività degli stessi processi scientifici.

Ma se tale sistema classificatorio rende credibile il meraviglioso, è la prassi scultorea dell’artista a sostanziarlo visivamente. Ghibaudo è scultore nel senso classico del termine e i suoi paradossi biomorfici, si concretizzano grazie a una conoscenza approfondita della grande tradizione tecnico-formale della scultura del passato che, negli anni, lo ha visto sperimentare tutte le possibilità espressive dei diversi materiali: marmo, bronzo, porcellana, ceramica, pietra, cemento, resine e plastiche riciclate. Tale cura maniacale della forma, al limite del virtuosismo, non è mai fine a sé stessa, è parte di un processo alchemico di trasformazioni e mutazioni necessario a rendere “credibile” e, pertanto, depistante e straniante, alieno e familiare, il suo mondo visivo.

Le trappole visive dell’artista agiscono pertanto a più livelli e scattano nel momento in cui lo sguardo rimane imbrigliato dall’immagine e sedotto dalla sua “naturalità”: piedi e gambe umane al contempo maschili e femminili travalicano generi e identità; protomi animali variamente modificate eppure anch’esse familiari; code, corna ed escrescenze che rimandano a un rassicurante deja vu ma che, ricomposti e variamente ricombinati, ci portano a un punto di non ritorno. Si tratta di un vero e proprio rituale di fascinazione che ricorda quello, fatale, delle sirene omeriche o le malìe di Circe, fata dell’ingegneria genetica ante litteram.

3 Museo Organica interno con <br><strong><em>Fenis virginalis puella cum avis collo<em><strong> 2022<br>resina acrilica legno<br>cm 34x35x145

Non stupisce che il Museo di Storia Innaturale sia stato associato a un altro grande contenitore di sogni, incubi e bellezze deformi, il Treasures from the Wreck of the Unbelievable di Damien Hirst. Ma, rispetto all’immensa wunderkammer allestita dall’artista inglese, l’approccio di Dario Ghibaudo è totalmente differente. Per l’artista piemontese, il suo museo, rinunciando all’ostentato citazionismo di Hirst, alla sua ridondanza cromatica e valoriale nei materiali usati in favore di quel biancore canoviano che tutto omogeneizza e rende astratto e concettuale, si pone come critica lucida e spietata ai modelli di sviluppo contemporanei. Modelli superabili solo con gli anticorpi dell’ironia e del distacco emotivo, nell’ipotesi di mondo futuro fluido, aperto alle manipolazioni dell’acido desossiribonucleico della fantasia e dominato dal meticciato (non solo culturale), dalla contaminazione, dall’ibridazione.

Attenti ai mostri, dunque: perché i mostri sono un “segno”, per gli antichi una manifestazione del divino e, insieme, un ammonimento sul quale riflettere.

Dario Ghibaudo, “Museo di Storia Innaturale”,

a cura di Ivo Serafino Fenu

fino al 24 agosto 2023

Museo di arte ambientale Organica

Tempio Pausania, Strada Statale 392 del Lago del Coghinas, (SS)

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