Siviero, l’agente segreto che salvò il patrimonio artistico italiano

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Come si suol dire: di questo libro se ne potrebbe fare un film. Il fatto è che la cosa sta al contrario: ormai i libri si fanno già come i film. E Giorgio Radicati, con il suo Agente segreto 1157 – La vita romanzesca di Rodolfo Siviero, un formidabile cacciatore di opere d’arte trafugate (Mazzanti libri, 504 pagg. 20 Euro), ne è un altro sapiente buon esempio.

La vicenda narrata, in forma autobiografica, risulta alla lettura un efficace modello di auto fiction modello serie tv, con ogni elemento della nuova narrativa disposto in buon ordine e con meticolosa precisione. Avvincente in ogni passaggio fin dall’incipit, in una forma memorialistico-diaristica che tuttavia non fa rimpiangere una “sceneggiatura” a dialoghi (in ogni caso non mancano le forme dirette dell’espressione) con la presentazione dell’eroe fatta da lui medesimo nelle carni e nello spirito dell’autore, la storia è quella di un personaggio reale della storia patria, che ha vissuto l’intera stagione culminante del secolo scorso nelle parti più sensibili e nelle fasi più acute. Giovane di gran talento e di bell’aspetto arruolato nei ranghi dei servizi spionistici del neonato partito fascista, ormai governativo, con una vocazione alla fedeltà che riguardava in origine la sola parola data alla causa della rivoluzione nazionalfascista, per il resto ogni stratagemma utile alla difesa di quella causa in termini di doppiezza e intrigo era ammesso.

Rodolfo Siviero

E fin da subito, ma soprattutto nel seguito della vicenda biografica dell’agente 1157, e pur sempre adoperando atteggiamenti e tecniche di sdoppiamento della personalità, la fede genuina e incrollabile di Siviero fu quella infusa nella difesa e nel recupero del patrimonio artistico italiano trafugato dal nemico. Supporti teorici e stili culturali di riferimento, nientemeno, Cicerone, con le sue reprimende all’Impero contro i bottini di guerra, e Canova, incaricato dopo le razzie napoleoniche nelle chiese e nei musei italiani di ricomporre le collezioni espatriate: il diritto dei figli della Patria di beneficiare della bellezza artistica ereditata dai padri.

Questa l’impresa inesausta – prima, durante e dopo la Seconda guerra mondiale – dell’agente 1154, occupato a spiare, osservare, dedurre e poi intervenire personalmente nei rimpatri, non sempre riusciti, di grandi e piccoli capolavori dell’arte italiana in Italia. Dal Beato Angelico al Ghirlandaio, a molti altri salvataggi, spesso eseguiti acquistando personalmente le opere per sottrarle alla cupidigia dell’invasore tedesco, Il tutto evocato in una dimensione storica e culturale pregna di riferimenti alla cronaca e al quotidiano che immergono il lettore nelle trame fittissime di una intera epoca, quella della morte (o della sparizione) e della resurrezione (o del ritrovamento) dell’arte e degli artisti.

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