Alla scoperta della “Villa della Resistenza” | Urbex

Miei Cari Lettori di Artuu Magazine, ben ritrovati a Tutti. Ci sto provando molto gusto per questo nostro appuntamento periodico alla scoperta di veri e propri tesori abbandonati, ricoperti da veli di polvere e brandelli di macerie, spesso veri capolavori dimenticati e nascosti all’ombra della  vegetazione.

Oggi siamo nel centro Italia, in Toscana, all’interno di una dimora che nel panorama urbex è molto conosciuta con lo pseudonimo di Villa della Resistenza. Ogni esplorazione un’esperienza diversa, una dopo l’altra amplifica i sensi di noi urbexer, come se ogni ingresso aumentasse la nostra sensibilità al luogo in cui ci troviamo, il “vedere”, è come prendere coscienza dell’ambiente e di ciò che ci circonda: equivale a sapere, possedere il mondo, dominarlo.

È una villa dall’aspetto molto semplice e lineare, risalente al 1800 circa, non si hanno notizie precise circa l’anno di abbandono. È molto pericolante, alcuni solai del secondo piano sono crollati rendendo visibili dal basso gli interni. La proprietà comprendeva un complesso centrale, una fattoria, una cappella e campi di vite.Fu testimone di un efferato eccidio nel corso della seconda guerra mondiale, occupata dai nazisti, l’8 luglio del 1944, nei giardini adiacenti vennero barbaramente trucidati tre contadini, dell’età di 40, 37 e 16 anni, allineati contro un muro e uccisi a colpi di mitragliatrice.

Furono trovati il giorno dopo dal custode della villa all’interno di una fossa comune, che loro stessi scavarono, prima della tragico epilogo.L’edificio è completamente vuoto, ma ha delle bellissime stanze affrescate, lo scheletro di un pianoforte a coda e alle pareti ciò che resta di pregevoli camini. In un affresco compare una scritta in grecoΠΘΥΑΣ ΔΩΚΙ che dovrebbe voler dire  theos (forse dal dorico thias ) doki: “Dato a Dio”.

Chi pratica come me questa passione spesso cerca di andare oltre, non si accontenta di portare a casa semplici fotografie, ma testimonianze, un modo per entrare in una connessione unica col luogo stesso e l’effetto che ne discende è la capacità di avere caricato lo scatto di storia ed emozioni proprie. Chi diviene poi spettatore di quell’immagine, seppur nella sua staticità, ne viene come risucchiato, incurante della tecnica di esecuzione.

Da questa esplorazione ne esco purtroppo con l’amarezza che:
“Tutto ciò che l’uomo ha imparato dalla storia, è che dalla storia l’uomo non ha imparato niente.” Cit. Hegel

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